Pagina 6 - Opinione del 28-8-2012

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ESTERI
II
Caucaso: ombre russe sulle elezioni in Georgia
di
STEFANO MAGNI
empi di campagna elettorale,
non solo per gli Stati Uniti,
ma anche per la piccola Georgia,
laggiù nel Caucaso meridionale, ai
confini del rinato “impero” della
Russia. Si voterà il prossimo 1 ot-
tobre per il rinnovo del Parlamen-
to. Il partito di maggioranza, il
Movimento Unione Nazionale di
Mikhail Saakashvili, è alle prese
con un’opposizione più organizza-
ta che mai, visibilissima nelle tele-
visioni, nelle t-shirt dei suoi soste-
nitori sparsi ai quattro angoli del
Paese e in una miriade di poster
elettorali. Si chiama “Sogno Geor-
giano”, è costituita da una coali-
zione di partiti minori che sinora
hanno avuto poca voce in capitolo.
A tratti ricorda Forza Italia ai suoi
esordi. Prima di tutto perché ne fa
parte l’ex giocatore del Milan Ka-
kha Kaladze. Ma anche e soprat-
tutto perché è guidata da un mi-
liardario, Bidzina Ivanishvili, la cui
villa, iper-moderna che pare
un’astronave, domina, dall’alto del-
la sua collina, sui quartieri più an-
tichi ed orientaleggianti di Tbilisi,
la capitale georgiana.
C’è tuttavia un’ombra che in-
combe. O meglio, “un orso”: la vi-
cina Russia. Il timore che si possa
riaprire un fronte di guerra con il
potente vicino non è affatto infon-
dato. La crisi delle due regioni se-
paratiste, riconosciute da Mosca
dopo la guerra russo-georgiana
dell’agosto 2008, Abkhasia (nel
Nord-Est) e Ossezia del Sud (inca-
stonata nel Nord montuoso del
Paese), è tutto meno che finita.
L’attuale premier Dmitri Medve-
dev, due settimane fa, ha promesso
a quest’ultima nuovi e più consi-
stenti aiuti. Quanto meno si è mo-
strato insensibile sulla questione
dei profughi georgiani, cacciati con
la forza dalle loro case ed ora ri-
dotti, come terremotati, a vivere in
villaggi di prefabbricati attorno a
Gori, la città natale di Stalin. Ora
rischiano di viverci in modo per-
manente: il governo separatista os-
setino ha ventilato l’ipotesi di di-
struggere le loro case natie e non
farli mai più rientrare nel suo ter-
ritorio. Della questione dei rifugiati
georgiani i russi non si interessano
minimamente. Secondo la loro ver-
sione, l’Ossezia del Sud, nell’agosto
del 2008, è stata vittima di un’ag-
gressione georgiana, voluta e per-
sonalmente ordinata dall’attuale
presidente Mikhail Saakashvili.
L’accusa si riflette anche sulle in-
combenti elezioni georgiane. Iva-
nishvili punta il dito contro l’at-
tuale presidente tacciandolo di
avventurismo contro il Cremlino.
Il miliardario (che ha fatto i soldi
in Russia, dopo il crollo dell’Urss)
promette, ai primi punti della sua
agenda, di ricucire lo strappo con
il potente e ingombrante vicino. E,
puntualmente, sono molti i geor-
giani che lo identificano come il
braccio locale di Mosca, pronto a
comprare il Paese per conto di Pu-
tin.
Il punto focale è però nella re-
sponsabilità storica della guerra
dell’agosto 2008. Ha ragione Iva-
nishvili nel definirla come il frutto
delle provocazioni e dell’impru-
denza militare di Saakashvili, che
il 7 agosto 2008 ha attaccato l’Os-
sezia del Sud, provocando la rea-
T
assunto l’incarico in maggio) le
truppe erano già schierate, i missili
puntati, i bombardieri pronti al de-
collo, gli ordini (sigillati) consegna-
ti agli ufficiali sul campo. Vladimir
Putin stesso, due settimane fa, ha
confermato la veridicità di quella
tesi: il piano era pronto dalla fine
del 2006 e approvato nel 2007. I
miliziani dell’Ossezia erano stati
incorporati sotto il comando russo,
da cui avevano ricevuto armi e ad-
destramento, le loro azioni di bom-
bardamento e sconfinamento in
territorio georgiano erano dunque
parte del piano preparato a Mosca.
E dunque: anche le loro successive
azioni di pulizia etnica ai danni dei
georgiani, sono imputabili al
Cremlino. Le azioni dei miliziani
hanno funzionato da innesco, la
reazione georgiana da detonatore.
Ma la bomba russa era già pronta
ad esplodere da almeno un anno.
Medvedev è accusato di aver
aspettato troppo. Di essersi mosso
solo quando Saakashvili ha lancia-
to il suo attacco contro l’Ossezia.
E, anche qui, solo su sollecito di
Putin che, da Pechino (dove era in
visita in occasione dell’inizio delle
Olimpiadi) avrebbe telefonato al
Cremlino per “ordinare” al presi-
dente di “prendere i georgiani a
calci nel punto soffice (il sedere,
ndr)”. Secondo il generale Balujev-
skij, infatti, Medvedev avrebbe po-
tuto e dovuto invadere la Georgia
prima di quel fatidico agosto 2008,
per evitare le perdite (poche, ma
significative) subite dall’esercito
russo.
Alla luce di queste rivelazioni,
che il candidato Ivanishvili sminui-
sce come «nulla di nuovo», la sto-
ria cambia completamente. Un
qualsiasi osservatore neutrale può
ben capire che Saakashvili abbia
agito per necessità, non per impru-
denza o avventurismo militare.
L’ammissione di Putin smentisce
anche il rapporto europeo sul con-
flitto del 2008, redatto dalla diplo-
matica svizzera Heidi Tagliavini,
secondo cui la guerra sarebbe stata
provocata dalla Georgia e dal suo
attacco alle “truppe di pace” (che
in realtà erano l’avanguardia del-
l’imminente offensiva) russe. E ri-
dicolizza anche la tesi di tutti quei
pro-russi, europei e italiani, che ve-
dono nella guerra del 2008 solo
un atto di aggressione della Geor-
gia (una nazione da 5 milioni di
anime) contro la Russia: 143 mi-
lioni di abitanti e seconda potenza
militare del mondo.
Balujevskij va oltre, nelle sue
accuse e rivela un furore anti-oc-
cidentale degno dei peggiori tempi
dell’Unione Sovietica. Ritiene che
l’allora inquilino del Cremlino ab-
bia avuto la “colpa” di avviare
«umilianti consultazioni» con il
leader occidentali e con «il nemi-
co» (leggasi: gli Usa) «che cerca
nuovi pretesti per attaccare la Rus-
sia con armi nucleari». Perché que-
sta è la visione del mondo diffusa
in quei begli ambienti: la guerra
fredda, per qualcuno, non è mai fi-
nita. E la guerra in Georgia, che
ora torna di attualità grazie alle
nuove elezioni, non può che essere
letta in quella chiave: un atto di
guerra fredda fuori tempo massi-
mo. Un attacco russo lanciato a un
Paese che vuole essere parte del-
l’Occidente, per intimidire l’Occi-
dente stesso.
A poco più di un mese
dal rinnovo
del parlamento di Tbilisi,
Vladimir Putin
ha ammesso che i piani
per l’invasione
della Georgia, avvenuta
nell’agosto del 2008,
fossero già pronti
dalla fine del 2006.
In un documentario,
“Il giorno perduto”,
il generale Balujevskij,
ex capo di stato
maggiore di Mosca
accusa semmai
Medvedev di non aver
lanciato l’attacco
con maggiore tempismo.
Il presidente georgiano
Mikhail Saakashvili,
dunque, nell’agosto
del 2008 iniziò
una guerra per necessità,
per affrontare
un’offensiva russa ormai
incombente. Benché
l’opposizione, guidata
dal miliardario Bidzina
Ivanishvili,
lo accusi tuttora
di avventurismo.
E i leader europei
vedano ancora la guerra
russo-georgiana come
il frutto di una
provocazione
contro il Cremlino
zione russa? «La Russia stava solo
cercando un pretesto e Saakashvili
gli ha fornito quel pretesto», ha
detto il leader dell’opposizione il
9 agosto scorso. O il presidente
non poteva far altro che reagire
all’imminente invasione russa?
Questa seconda tesi, che emerge
dal libro intervista di Raphael
Glucksmann, è stata molto spesso
liquidata come propaganda auto-
assolutoria del capo di Stato geor-
giano. Ma l’8 agosto scorso, pro-
prio in occasione del quarto
anniversario della guerra, è stata
confermata da Putin stesso. L’oc-
casione per questa rivelazione ecla-
tante è stata fornita da un video
non ufficiale pubblicato su YouTu-
be: “Il giorno perduto”. Lo scopo
di quel filmato, che include un’in-
tervista all’allora capo di Stato
Maggiore Jurij Balujevskij, è un’ac-
cusa alla presunta “indecisione” di
Medvedev (allora presidente) nel
muovere guerra alla Georgia. Se-
condo il generale, infatti, sin dalla
fine del 2006 i piani erano pronti.
Nella primavera e nell’estate del
2008 (il presidente Medvedev ha
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 28 AGOSTO 2012
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