II
SOCIETÀ
II
Elezioni illegali? I Radicali ricorrono all’Europa
di
DIMITRI BUFFA
n intero dossier sul “caso Ita-
lia” compilato e spedito perchè
se ne occupi il Consiglio d’Europa.
A poche settimane dalle elezioni,
con le regole sulla raccolta delle fir-
me ancora incerte, con un premier
che scende in campo
last minute”
e che si pone in conflitto di interessi
rispetto al testo che dovrebbe essere
varato in regime di prorogatio e con
il Quirinale ormai incartato su que-
sto Frankenstein di governo e di pre-
sidente del consiglio tecnici, entram-
bi fuggiti dal laboratorio della
politica, i radicali italiani si giocano
la carta Ocse ed Europa per denun-
ciare l’illegalità “caciarona” e pre-
potente della mancanza di regole.
Secondo la ratio dell’esposto, «a
poche settimane dal voto per le ele-
zioni politiche e regionali l’intero
procedimento elettorale è connotato
U
dall’assenza delle condizioni minime
di democraticità, con la violazione
sistematica delle leggi poste a garan-
zia della regolarità del processo elet-
torale: dal sistema di voto alle mo-
dalità di accesso alle elezioni sino
alla campagna elettorale vera e pro-
pria».
La violazione della legalità ita-
liana e internazionale (la Conven-
zione europea dei diritti dell’uomo,
gli impegni Osce di Copenhagen in
materia di elezioni democratiche, il
Codice di buona condotta in mate-
ria elettorale elaborato dalla Com-
missione di Venezia, fatto proprio
dal Consiglio d’Europa e dalle sen-
tenze della Corte europea di Stra-
sburgo) ha determinato il mancato
rispetto del principio di stabilità del
diritto elettorale, del suffragio uni-
versale, eguale e libero, della parità
di condizioni tra le forze politiche
nella competizione elettorale, della
non discriminazione nell’accesso ai
media da parte dei candidati.
Si badi bene che queste non sono
lotte esclusivamente radicali nè ve-
xatae queastiones catalogabili sotto
la categoria dello spirito dei “soliti
radicali rompipalle”. Recentemente
e con svariati editoriali sul
Giornale
d’Italia
anche la Destra di Francesco
Storace ha sollevato il problema del-
le firme e della mancanza di regole.
Se poi a questo si aggiunge il vero e
proprio casino che sta avvenendo
in tv nei talk show con l’accesso in
video garantito solamente a chi sta
simpatico all’anchorman di turno,
la cosa comincia ad assumere la gra-
vità più preoccupante. Sempre i ra-
dicali denunciano la soppressione
ormai pluriennale delle tribune par-
lamentarie politiche che garantivano
non tanto la par condicio che è or-
mai espressione odiosa e sinonimo
di ipocrisia, quanto la parità di ac-
cesso, sia pure in orari assurdi, a tut-
te le forze politiche. Con il pretesto
dell’audience però, di fatto i vari Ve-
spa e Floris e quant’altri, promuo-
vono in tv solo chi decidono loro.
E vendono ‘sta cosa come scelta edi-
toriale e quindi addirittura come li-
bertà di stampa e di espressione.
Una vera e propria truffa secondo
l’esposto radicale al Consiglio d’Eu-
ropa in cui si chiedono anche osser-
vatori internazionali per delle ele-
zioni che comportano gli stessi
rischi, anche senza i fratelli mussul-
mani (noi dobbiamo accontentarci
di quelli d’Italia), già constatati nelle
consultazioni referendarie in Egit-
to.
Così “in virtù delle gravi viola-
zioni della Convenzione europea dei
diritti dell’uomo e degli impegni sot-
toscritti dall’Italia in sede Osce in
materia di elezioni democratiche,
con particolare riferimento al diritto
a libere elezioni garantito all’articolo
3
del Protocollo 1 e alla libertà di
espressione di cui all’articolo 10 del-
la Convenzione, nonché dei para-
grafi 7.6 e 7.8 degli impegni Osce
di Copenhagen del 1990, Marco
Pannella (presidente dell’Associa-
zione politica nazionale Lista Marco
Pannella), Mario Staderini (segreta-
rio di Radicali italiani), Maurizio
Turco (tesoriere del Partito Radica-
le), hanno inviato il su citato detta-
gliato dossier, con richiesta di inter-
vento urgente”.
In particolare sono stati chiamati
in causa il Segretario generale del
Consiglio d’Europa (chiedendo av-
vio indagine ai sensi dell’articolo 52
della Convenzione), il Commissario
ai diritti umani del Consiglio d’Eu-
ropa e il Direttore dell’Ufficio De-
mocrazia e Diritti Umani dell’Osce
(
Odhir). Magari qualcuno su queste
iniziative farà ironia e persino sar-
casmo. Tuttavia l’Italia, pluripregiu-
dicato già conosciuto che si aggira
impunito per l’Europa nonostante
tutte le malefatte compiute e le con-
danne subite per la mala giustizia e
per la gestione delle carceri, fa emer-
gere, sui diritti civili ed elettorali dei
cittadini, uno spread, questo sì in-
colmabile da qualsivoglia governo.
Tecnico e non. E ciò rispetto ai ca-
noni di un qualsivoglia paese del
vecchio continente.
Israele ha le sue buone ragioni per diffidare dell’Ue
li europei spesso esprimono
frustrazione per non essere più
coinvolti nel tentativo di risolvere il
conflitto israelo-palestinese.
Data la vicinanza geografica e il
supporto finanziario per lo sviluppo
palestinese, gli europei vogliono sa-
pere perché il loro ruolo politico sia
così circoscritto.
La risposta, credo, si trova in una
diffusa convinzione israeliana che
troppo spesso l’Europa dia poca at-
tenzione alle preoccupazioni di Ge-
rusalemme.
Prendete, per esempio, il voto
dell’Assemblea generale delle Na-
zioni Unite il 29 novembre volto ad
aggiornare lo status dei palestinesi
a Stato osservatore non membro,
nel consesso mondiale.
Nonostante le strenue obiezioni
di Gerusalemme (e Washington) che
una tale mossa avrebbe comportato
una battuta d’arresto per il rilancio
del processo di pace, premiato la
strategia palestinese di bypassare il
tavolo dei negoziati, e minato gli Ac-
cordi di Oslo del 1993, ben 14 paesi
dell’UE, tra cui l’Italia, hanno scelto
di sostenere questa mozione.
Solo la Repubblica ceca ha vo-
tato contro. Ma se avessi dovuto
scegliere una sola capitale europea
che si sarebbe opposta al provvedi-
mento, avrei detto Praga.
Nessun altro paese dell’Unione
europea ha una più lunga storia di
esplicito sostegno alla creazione di
uno Stato ebraico, risalente a quasi
un secolo fa, al leggendario presi-
dente Thomas Masaryk; una storia
interrotta solo in epoca comunista.
G
Inoltre, data la sua storia, la Re-
pubblica Ceca comprende piena-
mente la vulnerabilità di Israele. Do-
po tutto, nel 1938, la Gran Bretagna
e la Francia sacrificarono la Ceco-
slovacchia nel vano tentativo di sod-
disfare il Terzo Reich. Invece, ovvia-
mente, l’appetito di Berlino ne fu
solo stuzzicato, e portò poi alle de-
vastazioni della Seconda Guerra
Mondiale.
Se l’Unione europea si fosse aste-
nuta in blocco sul voto delle Nazio-
ni Unite, così come alcuni Stati
membri avrebbero voluto, avrebbe
inviato un messaggio più equilibrato
ma, per le spinte della Francia, non
è stato così.
Si consideri inoltre la mancanza
di volontà dell’Unione Europea di
aggiungere Hezbollah alla lista delle
organizzazioni terroristiche.
Questa è un’organizzazione im-
plicata in numerose trame omicide,
dall’America Latina all’Asia, dal-
l’Europa al Medio Oriente. Tuttavia,
sono passati anni da quando la que-
stione è stata sollevata a Bruxelles
per la prima volta e non è successo
nulla. Ora, ci viene detto, tutto di-
pende dalle indagini bulgare sull’at-
tacco mortale del mese di luglio, che
uccise sei persone. Ma perché do-
vrebbe essere questa la chiave di vol-
ta, come se non ci fossero già pagine
e pagine di prove del suo coinvolgi-
mento nel terrorismo, per non par-
lare delle ripetute minacce di ince-
nerire Israele?
E nei giorni scorsi, quattro na-
zioni Ue - Danimarca, Finlandia, Ir-
landa e Portogallo - hanno cercato
di bloccare una dichiarazione del-
l’Unione Europea che comprendeva
la condanna delle dichiarazioni in-
cendiarie di Khaled Mashaal, il capo
di Hamas. Ecco un estratto del suo
intervento all’inizio di questo mese:
«
Oggi è Gaza. Domani sarà Ramal-
lah e dopo Gerusalemme, poi Haifa
e Jaffa».
Solo l’intervento della Germania
e, di nuovo, della Repubblica Ceca,
ha assicurato il rifiuto di questa re-
torica odiosa, che ribadisce una vol-
ta di più la volontà di Hamas di
cancellare Israele dalla carta geogra-
fica.
Se l’Unione Europea non è in
grado di riconoscere Hezbollah co-
me un gruppo terroristico e ha dif-
ficoltà a condannare le dichiarazioni
eliminazioniste” da parte del leader
di Hamas, come può Israele avere
fiducia in un più ampio ruolo euro-
peo?
Se l’Unione Europea vuole dav-
vero incrementare questo ruolo, de-
ve in primo luogo mostrare più sen-
sibilità alla non invidiabile posizione
di sicurezza di Israele, sia con le pa-
role sia con le opere.
Dopo tutto, in un processo di
pace che porti a un accordo a due
Stati, a Israele, che ha un’estensione
pari a due terzi delle dimensioni del
Belgio, viene chiesto di assumersi ri-
schi senza precedenti per la pace.
L’Europa ha bisogno di chiedersi co-
me può contribuire a mitigare tali
rischi. Vedere i gruppi terroristici per
quello che realmente sono, è un mo-
do. Così come lo è uno studio serio
di quale potrebbe essere il ruolo
dell’Ue “il giorno dopo” un qualsiasi
accordo di pace, e in che misura po-
trebbe interessarsi alla sicurezza di
Israele.
I recenti avvenimenti nel mondo
arabo sottolineano ancora una vol-
ta, i pericoli della zona. La violenza
mortale della Siria può essere una
fonte di preoccupazione per l’Ue, ne
siamo sicuri, ma Damasco condivide
un confine con Israele. E lo stesso
dicasi per il Libano sotto il controllo
di Hezbollah, per Gaza dominata
da Hamas, così come per l’Egitto
governato dai Fratelli Musulmani e
per il Sinai sempre più senza legge
né controllo. Nel frattempo, la Ci-
sgiordania è governata dall’Autorità
palestinese, specializzata nell’inviare
segnali contrastanti: un giorno chie-
de colloqui di pace, il giorno dopo
rifiuta di condannare il lancio dei
missili di Hamas contro Israele e
cerca la riconciliazione con il grup-
po, il cui statuto chiede esplicita-
mente l’annientamento di Israele.
Questa è la realtà del deplorevole
quartiere in cui vive Israele. Si tratta
di un grido lontano dalla Svezia o
anche dall’Italia. E la sovrapposi-
zione della storia ebraica lo rende
ancora più netto. Dopo tutto, come
popolo della memoria, gli ebrei ri-
cordano che, più di una volta, quelli
che hanno chiesto la nostra elimi-
nazione hanno poi cercato di attuar-
la, sia in Medio Oriente sia in Eu-
ropa.
Mostrando una maggiore sensi-
bilità alla singolare situazione di
Israele, l’Europa avrebbe fatto la co-
sa giusta e, senza dubbio, si sarebbe
guadagnata un ruolo maggiore nel
processo politico.
DAVID HARRIS
direttore esecutivo
American Jewish Committee
Traduzione di Carmine Monaco
Solo la Repubblica Ceca
ha a cuore le ragioni
dello Stato ebraico.
Gli altri Paesi europei
votano sempre contro
Gerusalemme e rifiutano
di condannare
il terrorismo islamico
L’OPINIONE delle Libertà
SABATO 29 DICEMBRE 2012
3