Pagina 4 - Opinione del 30-8-2012

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II
POLITICA
II
Sicilia: l’isola dalle quattro
anime al voto per il suo futuro
di
GIUSEPPE MELE
l 28 ottobre si voterà in Sicilia.
Primo passo falso della coppia
Napolitano-Monti (Parvus Lenin)
che avrebbe voluto la sterilizzazione
del voto. L’incombere elettorale ha
anche indotto l’esecutivo a farseschi
ottimismi, conditi di annunci e di
programmi promessa destinati a re-
stare sulla carta. Così per due mesi
le esigenze mediatiche costringeran-
no i nostri allo shock anafilattico di
stangare da un lato e di far balenare
miracoli dall’altro.
Un giornalismo onesto osserve-
rebbe semplicemente che il governo
Berlusconi, prima e dopo agosto
2011, pur sotto un attacco incredi-
bile, interno ed internazionale, era
migliore di quello Monti, badando
al miglioramento del bilancio senza
aggressioni sociali devastanti. Un
giornalismo però onesto è difficile
da trovare poiché ai media spesso
neanche l’evidenza basta. Di fronte
al voto, si passa sopra i fallimenti
finanziari di Palermo e Catania ed
anche sopra a quello siciliano, agi-
tato in aria solo per evitare il voto.
Se la coppia presidenziale non si
fosse scaldata, la Sicilia avrebbe vo-
tato in aprile. Invece, chiamato co-
me uno scolaretto dal professore
premier, il governatore siciliano Raf-
faele Lombardo non si è fatto se-
gnare il compito di segni rossi e da
buon Giamburrasca ha rovesciato
tutto per terra. Anche per scrollarsi
di dosso la magistratura che lo in-
daga da 2 anni per concorso esterno
in associazione mafiosa ed alla qua-
le non è bastato né che il governa-
tore avesse un giudice in squadra
né che cambiasse alleanze da Pdl a
Pd.
Quella della Trinacria è una ci-
viltà millenaria, che ha insegnato ai
suoi cittadini a non ascoltare potenti
e gerarchie ma solo a ottenere con
il minimo sforzo. C’è una Sicilia che
sta con l’antimafia se questa forni-
sce risorse, assunzioni, soldi in una
colossale macchina di sicurezza.
Una Sicilia ben contenta di plaudire
anche a Maroni, il ministro che
vanta più requisizioni e più arresti
nella lotta al crimine organizzato.
Una Sicilia dal nuovo portaborsato
politico che dalle requisizioni trova
un terzo settore, modalità di crescita
per un nuovo paro impiego pubbli-
co. C’è parallela e gemella, la Sicilia
di impresa e mafia, in un territorio
dove come ad oriente i due termini
coincidono, e le parole commercian-
I
te e ladro, per popolo e intellettuali,
sono sinonimi. È la Sicilia che fa i
lavori edili nelle case dei magistrati
che contemporaneamente la inter-
cettano e si preparano a giudicarla.
Poi c’è la Sicilia degli investimen-
ti dal continente, da proteggere ed
isolare, al cui interno imporre per-
sonale e modalità di fornitura di be-
ni e servizi. Una Sicilia ora sotto
shock per l’abbandono Fiat di Ter-
mini Imerese, la cui definitiva chiu-
sura a settembre è accompagnata
dal minacciato stop Italcementi,a
Isola delle Femmine, sito sempre sul
banco degli imputati per inquina-
mento. Da un pezzo di Sicilia così,
Gela, da 50 anni alias Eni o la più
grande raffineria d’Europa, proviene
il candidato Pd-Udc a governatore,
Rosario Crocetta. Da 10 anni sin-
daco di 70mila abitanti sulla costa
sud isolana, al secondo mandato
per il centrosinistra, Crocetta vinse
come Comunista italiano, poi è pas-
sato al Pd, con un percorso simile
al sindaco tarantino Stefano.
Anche Gela-Eni è sotto indagine
mediatica per inquinamento, per il
reparto Clorosoda, attivo dal ‘71 al
‘94. Si parla di 60 operai morti o
ammalati, di 520 bambini nati mal-
formati nel 2002 per ortaggi inqui-
nati. È partita la class action nel
2006, l’indagine della procura gelese
nel 2008. Tempi lunghi come si ve-
de, dal ‘74 ad oggi.
Come dice la pubblicità ed il ge-
netista di turno, le questioni am-
bientalsanitarie sono acroniche. Chi
inquina (o l’ha fatto mezzo secolo
prima) uccide “le generazioni che
verranno”. L’ambientalismo accop-
pia mannaia del tribunale politico
e giudiziario con rimostranze e rim-
pianti tipici del luogo. L’Eni non è
la privata Ilva. Al momento più che
la salute preoccupano le tre linee
fermate e la cassa integrazione da
giugno per 400 dipendenti (10%
del personale impegnato). Come la
Fiat con i suoi piazzali pieni, anche
L’Eni lamenta 100 milioni di inve-
duto.
A Gela a parte l’Eni, si incontra-
no coppiette 40enni in attesa di si-
stemarsi, gente con l’ombrellone da
casa su chilometriche fantastiche
spiagge africane tutte libere, dove
l’unico stabilimento malgrado i
prezzi stracciati non può competere
con l’economico pesce spada, com-
merciato in nero in baracche abu-
sive in sostituzione di cappuccino,
spaghetti e bistecca. C’è anche il bar
buono e quello dei mafiosi, di due
clan di famiglie, prole nutritissima,
poverissimi, marioli fin da piccoli,
che per sparatorie hanno reso cele-
bre il luna park sul lungomare e
fanno il lavoro tipico della vera ma-
fia: body rental per i bisogni del
mercato malavitoso che paga.
Crocetta è e si sente sindaco di
tutto ciò, ecco perché sembra, lui
ex dilibertiano, in odore Udc. L’eter-
no candidato Sel e girotondino
Claudio Fava lo definisce in «con-
tinuità con Cuffaro prima e Lom-
bardo poi». Più che a difendersi per
la dichiarata omosessualità, Crocet-
ta dovrà guardarsi da inquinamen-
to, dissesto sociale vicinanza alle
lobby. Lombardo, Orlando, Crocet-
ta, Miccichè, Schifani, Alfano, Mu-
sumeci sembrano tutti orfani di
Cuffaro, il leader Udc condannato
per mafia.
La Sicilia ha numeri da paura,
consumi superiori per 2\3 al Pil, oc-
cupazione soprattutto pubblica di-
retta e no. Con la crisi la disoccu-
pazione è a 1,4 milioni, 35mila i
posti persi nel 2012, 100mila in 6
anni. Il governatore Lombardo se
ne va con un buco da 6 miliardi e
con il merito, agli occhi isolani, di
qualche migliaio di bisognosi nel-
l’impiego pubblico.
Le tre Sicilie, cosiddetta Mafia,
Antimafia, grande impresa, vestiti i
panni Dc, Pdl, Udc, Mpa, La Destra,
fino al Partito dei siciliani sono sem-
pre lì a difendere un tenore di vita.
L’appello perché trovino una via
d’uscita, non solo parassitaria, come
fatto fin’ora, non trova ascolto. Da-
vanti a loro si alza un quarto profilo
siciliano, cultore d’onestà, giudizia-
rio, apocalittico, antiproduttivo, che
vede mafia e nemici dovunque. È il
grande malato dell’isola, un tempo
partecipe degli schieramenti e delle
istituzioni, che ha perso il contatto
con la realtà. Che male interpreta
le lotte dei giustizialisti del nord, che
vuole estirpare dai siciliani il seco-
lare senso di sopravvivenza, vietan-
dogli modernizzazione, efficienza,
crescita produttiva.
Si è insediato soprattutto a sini-
stra nella frustazione decennale di
colossali batoste elettorali, nella ri-
cerca del processo del secolo e nel-
l’autoincensazione della lotta alla
mafia. Ma anche a destra, nelle isti-
tuzioni, nelle procure e nelle corpo-
razioni di categoria. È pericolosa
perché non ha nemmeno un Grillo
nazionale di sfogo alla rabbia ani-
male. Alle comunali di Palermo la
malattia punì destra ed un Pd puli-
tino, ma rimase contenuta nel ritor-
no del maneggione Orlando. Que-
sta volta l’Idv, in caduta libera, tra
i contrasti tra Fava ed il sindaco pa-
lermitano, non ne approfitterà.
Le zuffe tra l’ex rais Pdl Miccic-
chè ed il segretario Pdl Alfano de-
stinato ad uscire dal voto siciliano
con le ossa rotte, discendono da tra-
me finiane, dove la Sicilia usa il pre-
sidente della Camera e non vicever-
sa. Potrebbe anche finire con tutti,
Pd-Udc, Pdl-Destra, Mps, fermi al
15% e potrebbe vincere il voto fan-
tasma dei forconi, condotti alla con-
danna di ogni attività perché ma-
fiosa, di ogni produzione perché
inquinante, di ogni autorità perché
collusa, nella pretesa di lavoro pub-
blico ad libitum. Un raggruppamen-
to Mori di tutti nel partito dei sici-
liani potrebbe puntare sull’esenzione
fiscale assoluta, come altre eurozone
e chiudere con regione speciale e
politica dai tribunali. Perché non
vinca la quarta Sicilia, l’antiSicilia.
C’è tempo fino alla fine di settem-
bre.
C’è una Sicilia che sta
con l’antimafia se questa
fornisce risorse,
assunzioni, soldi,
in una colossale
macchina di sicurezza.
C’è parallela e gemella,
la Sicilia di impresa
e mafia, in un territorio
dove i due termini
coincidono, e le parole
commerciante e ladro
sono sinonimi.
Poi c’è la Sicilia
degli investimenti
dal continente,
da proteggere ed isolare,
al cui interno imporre
personale
e modalità di fornitura
di beni e servizi.
Davanti a loro si alza
un quarto profilo
siciliano, cultore
d’onestà, giudiziario,
apocalittico,
antiproduttivo,
che vede mafia e nemici
dovunque. È il grande
malato dell’isola,
un tempo partecipe
degli schieramenti
e delle istituzioni,
che ha perso
il contatto con la realtà
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 30 AGOSTO 2012
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