Pagina 5 - Opinione del 30-8-2012

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II
ESTERI
II
Il volto sconosciuto del Gop,
il partito della femminilità
di
STEFANO MAGNI
a prima serata della Convention
repubblicana di Tampa è stata
dedicata interamente alle… donne.
Benché i due candidati siano en-
trambi maschi, Mitt Romney e il vi-
ce Paul Ryan (niente ticket misto,
come ai tempi di John McCain e Sa-
rah Palin), la femminilità è al centro
dell’attenzione. Ann Romney, aspi-
rante first lady, più carismatica del
previsto, ha lanciato il suo messag-
gio di amore per il marito e di pro-
mozione per il candidato. Ma anche
e soprattutto una sfida sulla femmi-
nilità: le donne sono «... le madri di
questa nazione, single, mogli, vedo-
ve, che tengono realmente assieme
questo Paese. Siamo madri, mogli,
nonne, sorelle maggiori e minori, fi-
glie». La donna “angelo del focola-
re”? Niente affatto, a giudicare da
un’altra repubblicana doc, Nikki
Haley, governatrice della South Ca-
rolina: «Io sono una figlia orgoglio-
sa di immigrati indiani – ha esordito
la Haley – che ogni giorno hanno
ricordato a me, ai miei fratelli, a mia
sorella, quanto fossimo fortunati a
vivere in questo Paese. Nessun gior-
no è stato facile. Non c’è stato alcun
giorno in cui mamma e papà non
abbiano speso tutte le loro energie
per trasformare la nostra azienda in
un successo». La Haley rappresenta
bene la famiglia-imprenditrice di im-
migrati, che si rimbocca le maniche
L
e ha successo senza alcun aiuto. Il
governo federale, così come è stato
impostato da Obama, è un peso,
non un sostegno: «È triste dirlo, ma
la parte più dura del mio lavoro
continua ad essere questo governo
federale, questa amministrazione,
questo presidente. Come ho detto,
i miei genitori, venendo in America,
amavano questa idea: l’unica cosa
che ostacola il tuo successo sono i
paletti che tu stesso ti poni. Sfortu-
natamente, negli ultimi anni, puoi
anche lavorare duramente, cercare
di aver successo, rispettare le regole,
ma il presidente Obama cercherà
sempre di metterti i bastoni fra le
ruote». La donna repubblicana,
dunque, non cerca aiuti, né prote-
zione. Non vuole paletti, né interfe-
renze governative. «Quando i tempi
si facevano duri (i miei genitori, ndr)
non cercavano aiuto a Washington,
ma si basavano sulle loro forze – di-
chiara Mia Love, sindaco di Sara-
toga Springs (Utah), donna di ori-
gina haitiana – La visione che il
presidente Obama ha dell’America
è fondata sulle divisioni, mettendoci
gli uni contro gli altri, dividendoci
lungo le linee di reddito, genere, et-
nia e posizione sociale». È un discor-
so opposto rispetto al femminismo
a cui siamo abituati. E paradossal-
mente, il più chiaro messaggio sulla
femminilità, martedì sera lo ha lan-
ciato un maschio, pure piuttosto im-
ponente: Chris Christie, governatore
del New Jersey. «La più grande le-
zione lasciatami da mia mamma è
stata questa: mi ha detto che ci sono
momenti in cui devi scegliere fra l’es-
sere amato e l’essere rispettato. Mi
ha insegnato che devi sempre sce-
gliere il rispetto sull’amore. L’amore
senza il rispetto è sempre fragile,
mentre solo il rispetto può diventare
un vero, duraturo, amore». Il discor-
so della mamma di Christie valeva
per le donne. Ma il governatore lo
applica al governo: fare scelte dure,
quali il taglio della spesa pubblica,
la lotta ai privilegi sindacali, l’abo-
lizione dei sussidi, una drastica ri-
forma (in senso liberista) della pre-
videnza sociale e della sanità,
genereranno ben poco amore per i
Repubblicani. Ma potranno godere
del rispetto di tutti: la vera politica
al femminile.
Amsterdam, una giornata di “guerra”
K
Schiphol, Amsterdam: prima trovano una bomba inesplosa
del 1943 e chiudono due gates, poi un F-16 costringe un aereo spa-
gnolo ad atterrare nel timore che fosse dirottato.
Oppositori ucraini
esclusi dalle elezioni
Le oratrici donne,
compresaAnn Romney,
dominano la prima sera
della Convention
di Tampa. Dando
una loro visione
della famiglia che non
cerca aiuti, ma rispetto
Arafat ucciso?Morì di Aids
Lo dicono anche i palestinesi
e elezioni in Ucraina si avvi-
cinano, ma il Partito delle Re-
gioni del presidente in carica Vik-
tor Yanukovych, a quanto pare,
vuole competere solo con se stes-
so. La principale oppositrice, l’ex
premier Yulia Tymoshenko, è an-
cora in carcere. Il suo ricorso in
appello è stato respinto ieri dal
tribunale di Kiev. Confermata la
pena di 7 anni, dietro l’accusa di
abuso d’ufficio, per aver firmato
un accordo-capestro con Gaz-
prom per le forniture di gas al-
l’Ucraina. Accusa, questa, soste-
nuta da prove molto fragili. Che
il processo sia politico, e c’entri
poco con la legge, ne è chiaramen-
te convinto l’avvocato difensore
dell’ex premier, Serhiy Vlasenko:
«La sentenza è frutto di una de-
cisione di Viktor Yanukovych: te-
nere in carcere Yulia Tymoshenko,
L
sua principale oppositrice, il più
a lungo possibile, senza prove,
senza alcuna spiegazione, senza
alcun senso». Ne è certo anche
Mykola Tomenko, vice-presidente
del parlamento ucraino: «È ovvio,
sia per gli esperti che per i politici,
che questo sia un processo politi-
co». La sentenza è stata duramen-
te criticata dall’Ue, che tiene in so-
speso la firma dell’accordo di
associazione politica con il gover-
no di Kiev, sin dal momento del-
l’incarcerazione (l’ottobre scorso)
della leader d’opposizione. Dopo
la sentenza di ieri, Michael Mann,
portavoce di Catherine Ashton,
ha confermato che: «Siamo forte-
mente delusi dalle conseguenze di
questa situazione, in cui, a due im-
portanti leader dell’opposizione,
viene preclusa la possibilità di par-
tecipare alle prossime elezioni par-
lamentari, a seguito di processi
che non rispettano gli standard
internazionali di equità, traspa-
renza e indipendenza». L’altro lea-
der a cui Mann fa riferimento è
Yury Lutsenko, condannato ad al-
tri 2 anni di carcere (per un totale
di 6), anch’egli con l’accusa di
abuso d’ufficio oltre che corruzio-
ne. Lutsenko era l’ex ministro de-
gli Interni nel governo Tymoshen-
ko. Per la Corte Europea dei
Diritti, il suo è un caso di “repres-
sione politica” da parte di Kiev.
(ste. ma.)
uando chiesi ai medici di
cosa era morto Abu Am-
mar (nome di battaglia di Arafat,
ndr), rimasero per un po’ in silen-
zio e poi uno di loro mi disse: a es-
sere onesti la Francia ci ha dato il
rapporto medico che ha stabilito
che la causa della morte di Abu
Ammar era stata l’Aids».
I primi ad avere saputo, e tut-
tora sapere, che Yasser Arafat non
morì affatto di un avvelenamento
al polonio (storia vecchia già tirata
fuori con poco successo all’indo-
mani del decesso a Parigi nel no-
vembre 2004) ma di una malattia
infettiva trasmessa con rapporti ses-
suali a rischio, Aids probabilmente,
sono i suoi stessi ex sodali dell’Anp.
Vedere per credere un video della
televisione degli Hezbollah Al Ma-
nar (insospettabile di simpatie
israeliane) del luglio del 2007, in
cui Ahmed Jibril, dice chiaramente
che all’ospedale in cui morì il raiss
i medici parlassero di Hiv.
Ahmed Jibril era all’epoca uno
dei capi del Fplp, Fronte Popolare
di Liberazione Palestinese. Il filma-
to è stato ripreso e diffuso da
Memri, il notissimo istituto che
monitora tutte le scempiaggini me-
diatiche del mondo arabo-islamico
e le diffonde in lingua originale con
i sottotitoli. Naturalmente è sempre
possibile che l’ipotesi dell’avvele-
namento, sponsorizzata da Al Ja-
zeera, possa coesistere con il male
«Q
contratto da Arafat per i suoi
vi-
zietti
. Ion Pacepa, uno dei capi dei
servizi rumeni sotto il regime di Ce-
aucescu, ha parlato dei costumi ses-
suali di Arafat nel libro “Red Ho-
rizons”. Il leader sarebbe stato
ricattato dai servizi dell’Est perché
filmato mentre abusava di un mi-
norenne della squadra olimpica ro-
mena offertosi come esca. Siccome
periodicamente la propaganda isla-
mically correct in Europa, e quella
dei palestinesi in Medio Oriente,
tira fuori la storia dell’avvelena-
mento da parte del Mossad è bene
informare i lettori delle circostanze
che invece si tende a rimuovere. Per
la cronaca Yasser Arafat morì l’11
novembre del 2004 alle tre e trenta
del mattino in una clinica di Parigi
dove era stato ricoverato un mese
prima.
Tutti ricorderanno, quando ar-
rivarono in Tv le immagini di Ara-
fat in pigiama, circondato dai suoi
fedelissimi. Lo sguardo assente. Vi-
cino a lui c’era Suha, la moglie che
negli anni della Seconda Intifadah
non era mai stata a Ramallah per-
ché odiata dal suo popolo, dopo
che si erano sparse le notizie della
sua vita hollywoodiana, con la ma-
dre, a fare shopping da Saint Lau-
rent con i soldi “distratti” ai pale-
stinesi. Suha riuscì a convincere
Arafat ad andare a Parigi per cu-
rarsi. Gli ultimi giorni fu ospite di
Jacques Chirac, il presidente fran-
cese che amava gli arabi e faceva
gaffe con gli ebrei. Poi, dopo la
morte, Abu Mazen e la dirigenza
nazionale dell’Anp si recarono in
pellegrinaggio da quella donna per
recuperare almeno un po’ dei quasi
200 milioni di euro, provenienti in
massima parte dai soldi che veni-
vano dati in aiuto al popolo pale-
stinese da Europa e Stati Uniti. Pare
che alla fine abbiano trovato un
compromesso fifty-fifty. Il mito era
già nella polvere. Ora, con questa
inchiesta aperta dalla magistratura
di Parigi, perlomeno si metterà un
punto fermo su tutte le ipotesi
complottistiche che alimentano
l’antisemitismo sotto le mentite
spoglie di odio per lo Stato ebraico:
a Parigi dovranno tirare fuori le
cartelle cliniche di Arafat.
DIMITRI BUFFA
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 30 AGOSTO 2012
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