aphael Israeli, professore di
storia dell’Islam, del Medio-
riente e della Cina all’Università
Ebraica di Gerusalemme, non usa
mezzi termini ed esordisce così:
«
La guerra a Gaza, per ora, è fini-
ta, ma la principale lezione da im-
parare dall’intera vicenda è il livello
di ipocrisia delle Nazioni Unite».
Professore, che cosa sta succedendo
davvero a Gaza?
La tregua durerà il tempo ne-
cessario ad Hamas per riarmarsi
ed essere pronto a lanciare un
nuovo attacco. Per anni Israele ha
denunciato all’Onu che il Paese
era oggetto del lancio di razzi
provenienti da Gaza, ma, dopo
aver dichiarato il fatto “inaccet-
tabile”, nessuno si è mosso. Que-
sta volta, appena Israele ha rea-
gito per difendersi, il problema è
diventato improvvisamente urgen-
te e tutti si sono prontamente
adoperati per fermare il conflitto.
Per questo parlo di ipocrisia delle
Nazioni Unite. Nessuno alzerà
mai un dito per la sicurezza di
Israele. A ciò si aggiunga che gli
Stati Uniti si stanno alleando con
i peggiori regimi fondamentalisti
del mondo, quali Egitto, Turchia,
Hamas, concedendo loro un gran-
de riconoscimento.
Qual è lo stato d’animo in Israele
per il secondo mandato di Oba-
ma?
Penso che Obama alla fine si ri-
R
velerà meno negativo e dannoso di
quanto gli israeliani temano, per-
ché ha riconosciuto il diritto di
Israele a difendersi. Ma, dall’altra
parte, ha intimato ad Israele di non
procedere ad un attacco di terra,
e, insieme ai Paesi europei e alle
Nazioni Unite, ha accresciuto lo
status politico di Hamas.
In che modo pensa evolverà lo sce-
nario mediorientale?
Credo che l’Occidente si illuda
ancora che la “Primavera” porterà
alla democrazia nei Paesi arabi,
senza capire che i tiranni saranno
rimpiazzati dai fondamentalisti
islamici. Va riconosciuto che il pre-
sidente egiziano Morsi, in questa
occasione, si è rivelato pragmatico,
ma noi sappiamo che quello che fa
non è dettato da un cambio di
mentalità, quanto dall’esigenza di
ottenere gli aiuti economici ameri-
cani. In realtà il leader egiziano sta
continuando a boicottare ogni pos-
sibilità di rapporto con Israele, di
cui ancora non pronuncia nemme-
no il nome.
Ritiene che l’Islam rappresenti dav-
vero un pericolo per l’Occidente?
Basterebbe guardare i simboli
e sentire gli slogan che caratteriz-
zano le manifestazioni islamiche
in Europa, ascoltare i musulmani
proclamare il loro odio per la de-
mocrazia, per capire che la loro
massiccia presenza nei paesi eu-
ropei ingrossa una corrente anti-
democratica. In Medioriente, in-
vece, il timore più grande
rappresentato dall’Islam riguarda
la potenza nucleare iraniana, la
quale, una volta divenuta effettiva,
si rivolgerebbe infine contro Israe-
le e contro l’Occidente.
VALENTINA MELIADÒ
II
ESTERI
II
MaperchémaiMonti ha riconosciuto laPalestina?
di
STEFANO MAGNI
Italia che vota “sì” al ricono-
scimento della Palestina. E chi
l’aveva mai detto che un governo di
tecnici” non prendesse decisioni
strategiche sulla politica internazio-
nale? L’ha presa eccome.
La prima reazione internazionale
è quella di giubilo della rappresen-
tanza palestinese a Roma. A cui se-
gue, subito dopo, quella di profondo
sconforto dell’ambasciatore israe-
liano in Italia, Naor Gilon: «Siamo
molto delusi dalla decisione dell’Ita-
lia, uno dei migliori amici di Israele,
di sostenere l’iniziativa unilaterale
dei palestinesi alle Nazioni Unite –
ha dichiarato il diplomatico - tale
iniziativa indebolisce le relazioni tra
israeliani e palestinesi fondate sugli
Accordi di Oslo». Infatti, come spie-
ga Gilon: «Dopo quattro anni in cui
i palestinesi hanno rifiutato di tor-
nare al tavolo negoziale, assistiamo
ora al tentativo palestinese di in-
fluenzare i risultati dei negoziati stes-
si per mezzo di istituzioni interna-
zionali. Questa mossa, non soltanto
non migliorerà la situazione sul ter-
reno, ma aumenterà le preoccupa-
zioni di un ritorno alla violenza e,
soprattutto, allontanerà le prospet-
tive di pace».
Eppure, se leggiamo le ragioni
del “sì” italiano, troviamo proprio
tutti i capisaldi e le parole d’ordine
dell’infinito “processo di pace”. La
presa di posizione di Mario Monti,
stando a quanto si legge in una nota
rilasciata ieri da Palazzo Chigi: «…
non implica alcun allontanamento
L’
dalla forte e tradizionale amicizia
nei confronti di Israele». «Tale de-
cisione - si legge nella nota - è parte
integrante dell’impegno del Governo
italiano volto a rilanciare il Processo
di Pace con l’obiettivo di due Stati,
quello israeliano e quello palestinese,
che possano vivere fianco a fianco,
in pace, sicurezza e mutuo ricono-
scimento».
Questo in teoria. Ma dove sono
pace, sicurezza e mutuo riconosci-
mento”? Non si può dimenticare
che, a Gaza, è appena finito (o me-
glio: è appena stato sospeso da una
tregua) un conflitto durato otto
giorni e provocato da continui lanci
di razzi di Hamas su città israeliane.
Decidere di riconoscere la Palestina
proprio in un momento come que-
sto, dunque, per lo meno non è una
gran dimostrazione di tatto diplo-
matico nei confronti di Israele. Per-
ché sembrerebbe proprio un premio,
in sede Onu, a chi aggredisce lo Sta-
to ebraico. Hamas non è l’Autorità
Palestinese (Anp), si dirà. E un rico-
noscimento internazionale dell’Anp,
che governa sulla sola Cisgiordania,
potrebbe addirittura isolare Hamas
e premiare gli sforzi negoziali (che
non ci sono) dell’autorità di Ramal-
lah. «In coordinamento con altri
partner europei, ha in parallelo chie-
sto al Presidente Abbas di accettare
-
si legge nella nota di Palazzo Chigi
-
il riavvio immediato dei negoziati
di pace senza precondizioni». In un
mondo ideale andrebbe così. Ma nel
mondo reale, che cosa ha mai fatto
l’Anp, in tutti questi anni, per fer-
mare, o almeno scoraggiare, i con-
tinui atti di terrorismo e la costante
pioggia di razzi lanciati da Hamas?
Assolutamente nulla. Anzi: condan-
nando ufficialmente la risposta mi-
litare israeliana, l’Anp ha finito per
giocare il ruolo di portavoce del re-
gime islamico di Gaza, nonostante
il conflitto fra Fatah (al governo, a
Ramallah) e Hamas. Nell’aprile
scorso, è stata l’autorità di Ramallah
a chiedere alla Corte Penale Inter-
nazionale di aprire una procedura
contro Israele (non contro Hamas)
per l’Operazione Piombo Fuso del
2008-2009.
In quest’ultimo conflit-
to, l’Anp si è astenuta dal combat-
tere Israele. Ufficialmente. Ma chi è
stato il primo a rivendicare l’atten-
tato a un autobus di Tel Aviv, una
settimana fa, proprio nel giorno in
cui si discuteva la tregua a Gaza?
Non Hamas, bensì le Brigate Martiri
di Al Aqsa, che sono emanazione di
Fatah. Dunque del partito al potere
nell’Anp. Vatti a fidare… Cosa sta
facendo l’Anp per rafforzare la tre-
gua a Gaza? Sta tornando a venti-
lare (sempre informalmente) l’ipotesi
di riportare il caso dei “crimini israe-
liani” a cospetto della Corte Penale
Internazionale. Finora non lo poteva
fare perché l’Anp era “entità” e non
Stato”. Ed è questo il motivo del
fallimento del suo primo tentativo,
fatto lo scorso aprile. In qualità di
Stato osservatore” all’Onu, invece,
lo potrebbe fare. Il governo italiano
è consapevole che il riconoscimento
palestinese possa essere usato stru-
mentalmente, proprio in questo mo-
do. E dunque, Roma chiede a Ra-
mallah: «di astenersi dall’utilizzare
l’odierno voto dell’Assemblea Ge-
nerale per ottenere l’accesso ad altre
Agenzie Specializzate per adire la
Corte Penale Internazionale o per
farne un uso retroattivo». L’Anp ha
promesso di astenersi. Per ora. Ma
i “crimini” a Gaza interessano me-
no, nell’immediato. Il problema si
ripresenterà nei prossimi mesi, piut-
tosto, quando Ramallah cercherà
di dimostrare al mondo la sua teo-
ria della cospirazione per eccellenza:
quella secondo cui sarebbero stati
gli Israeliani (e non una malattia o
qualcun altro) ad uccidere Yassir
Arafat. In quel caso, allora, stando
agli stessi palestinesi che stanno
conducendo le indagini, la Palestina
potrebbe far ricorso alla Corte
dell’Aia. E chi potrebbe impedir-
glielo, a quel punto?
Se non ci sono garanzie per un
ritorno al processo di pace, né ci sa-
ranno più possibilità di impedire un
uso strumentale del nuovo status
palestinese all’Onu, perché il gover-
no Monti è stato così deciso a dare
il suo assenso al riconoscimento del-
la Palestina? È l’Europa che ha fatto
pressioni? Non si direbbe, conside-
rando che, nel momento in cui il go-
verno italiano dichiarava la sua scel-
ta, solo Francia, Spagna, Irlanda,
Grecia, Danimarca, Svizzera e Islan-
da (le ultime due non sono nemme-
no membri dell’Ue) avevano prean-
nunciato il voto positivo. La
Germania, dopo aver dichiarato il
no”, si era riposizionata sull’asten-
sione, così come Regno Unito, Olan-
da e Repubblica Ceca. Il voto italia-
no non è stato condizionato
neppure dagli Stati Uniti di Barack
Obama, che hanno sempre manife-
stato apertamente la loro contrarie-
tà. Quella italiana, dunque, non è
una scelta indotta, ma una presa di
posizione assolutamente autonoma.
In un momento in cui i mass media
e l’opinione pubblica italiana con-
tinuano a guardare con favore alla
Primavera Araba e credono ferma-
mente che leader integralisti islamici
(
Morsi in Egitto e Gannouchi in Tu-
nisia) siano dei pragmatici uomini
di governo democratici, quando il
futuro, secondo tutti gli analisti, è
nella sponda Sud del Mediterraneo
e non Israele (unica democrazia del
Medio Oriente) il riconoscimento
della Palestina diventa un “segno dei
tempi”. Tempi violenti? Certamente.
Ma lo scopriremo solo quando sarà
troppo tardi.
L’appellodeiNobel
«
Boicottate Israele»
Raphael Israeli: «Le ipocrisie
e i silenzi delleNazioni Unite»
L’Autorità Palestinese
non dà alcuna garanzia
di ritornare al processo
di pace
Si crede nelle“Primavere
Arabe”, ma non
nell’unica democrazia
mediorientale
oicottare militarmente Israe-
le, cioè impedire agli stati di
fornire allo stato ebraico le armi
per difendersi dall’ostilità dei
Paesi arabi e dall’Iran, oltre che
dal terrorismo di Hamas, equi-
vale a decretare una nuova Shoà
nell’arco di tre o quattro anni.
Eppure 52 personalità di tutto il
mondo, tra cui alcuni premi No-
bel per la Pace, hanno proposto
proprio questa cosa, il tutto in
concomitanza con questo nuovo
tentativo dell’Anp di far votare
all’Onu la dichiarazione di un
nuovo Stato virtuale.
Latore dell’iniziativa il gior-
nale inglese “The Guardian” che
riporta una lettera aperta dei 52.
Il documento denuncia anche la
complicità” degli Stati Uniti,
dell’Ue e di Paesi come il Brasile,
l’India e la Corea del Sud nei
confronti di Israele, per la ven-
dita di armi e il sostegno militare
nell’operazione su Gaza.
Tra i 52 firmatari, scrive il
Guardian”, ci sono i Premi No-
bel per la Pace Mairead Maguire
e Adolfo Pérez Esquivel; i registi
Mike Leigh e Ken Loach; la
scrittrice Alice Walker; l’accade-
mico americano Noam Chom-
sky; l’ex leader dei Pink Floyd
Roger Waters ; l’ex diplomatica
francese e sopravvissuta all’Olo-
causto Stéphane Hessel, co-au-
trice della Dichiarazione univer-
B
sale dei diritti umani, e l’euro-
parlamentare italiana Luisa
Morgantini. I toni usati sono
quelli dell’odio anti-israeliano
delle manifestazioni di piazza:
«
Orripilati dall’ultima serie di
attacchi da parte di Israele con-
tro il milione e mezzo di palesti-
nesi nella Striscia di Gaza asse-
diata e occupata e consapevoli
dell’impunità che ha consentito
questo nuovo capitolo in decenni
di violazioni del diritto interna-
zionale e dei diritti dei palestine-
si, crediamo che ci sia un biso-
gno urgente di un’azione
internazionale per un embargo
obbligatorio e complessivo delle
vendite di armi a Israele». Poi i
firmatari arrivano ad auspicare
un’iniziativa dell’Onu «simile a
quella che in passato ha imposto
l’embargo delle armi contro il
Sudafrica dell’apartheid». Chissà
se qualcuno ricorderà che questo
accostamento di Israele al Sud
Africa fu anche il piatto forte
della prima conferenza di Dur-
ban in cui si catenarono gli istin-
ti antisemiti di molte Ong filo
arabe. Era l’agosto del 2001 e
pochi giorni dopo quella ideolo-
gia non tardò a dare i primi frut-
ti in una tragedia americana che
tutti sembrano avere rimosso.
Ora si ricomincia: Israele contro
il resto del mondo.
DIMITRI BUFFA
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 30 NOVEMBRE 2012
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