Direttore ARTURO DIACONALE
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Giovedì 31 Gennaio 2013
delle Libertà
Sul paese l’ombra inquietante del voto inutile
hi guarda più lontano della fine
di febbraio vede già una legi-
slatura brevissima e prospetta l’ipo-
tesi di un ritorno al voto in tempi
strettissimi. Addirittura nel giro di
un anno ed in abbinata con le ele-
zioni europee. Uno scenario del ge-
nere non è affatto improbabile.
Perché sembra ormai scontato
che il Pd difficilmente riuscirà a con-
quistare la maggioranza sia alla Ca-
mera che al Senato e sarà costretto
a venire a patti con qualche partito
oggi concorrente. E perché, qualun-
que possa essere la coalizione sca-
turita da questo patto, la caratteri-
stica della nuova coalizione
governativa sarà inevitabilmente
C
quella della conflittualità interna e
della assoluta precarietà.
Una sorte del genere non riguar-
da solo l’eventualità di una alleanza
post-elettorale tra il Pd e l’area cen-
trista guidata da Mario Monti, al-
leanza destinata a realizzarsi sulla
base di un abbandono dell’attuale
presidente del Consiglio di qualsiasi
ruolo governativo (magari per uno
istituzionale) che però provochereb-
be lo sfaldamento del rassemble-
ment montiano. Ma anche la pos-
sibilità decisamente più remota, che
dopo il voto Pd, Pdl e centristi de-
cidano di dare vita ad una grande
coalizione con il pretesto delle indi-
spensabili riforme da realizzare con-
giuntamente, coalizione che potreb-
be nascere solo sulla base della fran-
tumazione di quelle attuali visto che
né la Lega (più Fratelli d’Italia e La
Destra) da una parte e Sel dall’altra
potrebbero mai accettare quello che
sarebbe immediatamente bollato co-
me inciucio. La prospettiva più rea-
listica del dopo elezioni, quindi, ri-
mane quella della ingovernabilità.
Che fino a ieri sembrava l’obbiettivo
dichiarato dei centristi di Monti de-
cisi a diventare i nuovi Ghino di
Tacco della politica italiana. Ma che
adesso appare un obbiettivo meno
suggestivo di quanto poteva appa-
rire in precedenza proprio perché
appare fin troppo evidente che non
potrà essere la vecchia “politica dei
due forni” in versione montiana a
dare un minimo di stabilità al paese.
Chi è impegnato nella campagna
elettorale può ignorare il problema
all’insegna del classico principio del
“primum vivere...”. Ma gli osserva-
tori esterni e chiunque sia preoccu-
pato per le sorti del paese non pos-
sono non incominciare a prendere
in considerazione la questione. Par-
tendo dalla inquietante presa d’atto
che la tradizionale via di fuga a cui
ricorreva la politica italiana dal ri-
schio della instabilità, cioè il ricorso
ai governi tecnici, è ormai totalmen-
te preclusa.
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Lombardia,Ohio d’Italia.Anche alle Regionali
la Lombardia il vero Ohio
d’Italia. Oltre che una corsa
all’ultimo voto per la vittoria al
Senato, infatti, anche la sfida per
le elezioni regionali rischia di fi-
nire al fotofinish. Secondo l’ultimo
sondaggio Spincon per
L’Opinio-
ne
i due principali candidati, il le-
ghista Roberto Maroni e il “civi-
co” di sinistra Umberto
Ambrosoli, sarebbero divisi da
meno di mezzo punto percentuale
con l’esponente del centrodestra
in grado di rimontare sensibilmen-
te rispetto alla scorsa settimana.
Sette giorni fa la differenza tra
i due era di circa due punti per-
centuali in favore di Ambrosoli
È
mentre oggi, complice una serie di
fattori, il gap si è praticamente az-
zerato. Merito di una lieve crescita
di Maroni, che guadagna lo 0,6%
e si porta al 38,5%, abbinata ad
un sensibile calo del candidato del
centrosinistra che lascia per strada
lo 0,9% e scende al 38,9%. Pesa-
no su questi numeri due tendenze
evidenti nelle rilevazioni degli ul-
timi giorni: da un lato il Pd paga,
poco magari, lo scandalo Mps
dall’altro la campagna berlusco-
niana ha rimesso strutturalmente
in moto gli indecisi e quelli poco
propensi al voto fino a qualche
settimana fa che continuano pre-
feribilmente a scegliere la vecchia
Casa delle Libertà. Gli altri due
contendenti in grado di muovere
cifre elettorali consistenti non
sembrano comunque rappresen-
tare in nessun caso una valida al-
ternativa alla leadership: Gabriele
Albertini guadagno lo 0,1% e ri-
mane sul gradino più basso del
podio con il 10,4%. Staccata di
poco Silvana Carcano del Movi-
mento 5 Stelle con il suo 10,1%.
Una delle domande che tutti si
stanno ponendo rispetto a questa
corsa è se saranno le elezioni po-
litiche a “trainare” le regionali o
se i due candidati presidenti riu-
sciranno ad essere, in qualche mo-
do, fattori rilevanti nella sfida na-
zionale. Per ora, con sole due ri-
levazioni nel cassetto, ci sentiamo
di dire che l’elettorato continua a
muoversi molto poco e che quan-
do ciò accade lo fa spinto da ra-
gioni più nazionali che locali. Sulle
performance dei due candidati, in-
somma, influiscono più il caso
Mps o le uscite di Silvio Berlusco-
ni che il tentativo di “agenda set-
ting” che i due contendenti stanno
mettendo in campo.
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2
di
ANDREA MANCIA
e
SIMONE BRESSAN
Ambrosoli e Maroni
praticamente alla pari
nell’ultimo sondaggio
Spincon per l’Opinione.
E nel Lazio Storace
guadagna terreno
rispetto a Zingaretti:
più di 6 punti recuperati
in una sola settimana
di
ARTURO DIACONALE
Non ci sarà un bis
di Monti dopo il voto.
Perché l’esperienza
dei tecnici ha bruciato
ogni soluzione
del genere. Spetterà
alle forze politiche
trovare una strada
per evitare il probabile
caos post-elettorale
Scoppia la faida tra le toghe rosse
K
«Come ha potuto Antonio In-
groia paragonare la sua piccola figura
di magistrato a quella di Giovanni Fal-
cone? Tra loro esiste una distanza mi-
surabile in milioni di anni luce. Si
vergogni». A sparare il primo colpo
nella nuova faida interna al partito delle
toghe rosse è Ilda Boccassini, intervi-
stata dal telegiornale di La7. Ma la rea-
zione del leader di Rivoluzione Civile
arriva a stretto giro di posta. Ed è di
una violenza verbale inaudita. «L’unica
a doversi vergognare - secondo Ingroia
- è la Boccassini che, ancora in magi-
stratura, prende parte in modo così in-
decente e astioso alla competizione
politica manipolando le mie dichiara-
zioni. La prossima volta pensi e conti
fino a tre prima di aprire bocca». Poi
qualche parolina dolce anche per Maria
Falcone: «Con tutto il rispetto per il co-
gnome che porta, si informi prima di
parlare. Io non ho mai usato il nome di
Giovanni Falcone per i voti. Lei invece
si, quando si candidò per prendere il
seggio al Parlamento europeo e non
venne neppure eletta». Tonnellate di ve-
leno tra i “parenti serpenti”.
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