Pagina 7 - Opinione del 31-8-2012

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II
CULTURA
II
Se il cinema indianovuole insegnarci lademocrazia
di
GIUSEPPE MELE
incredibile Italia ha aperto il
suo più importante festival ci-
nematografico a Venezia, il 29 ago-
sto. Ha scelto per l’overture un film
particolare dell’indiana Mira Nair.
L’incredibile India nelle stesse ore
stava procedendo all’ennesimo pas-
saggio farsa della tragedia e della
prigionia vissuta da due militari ita-
liani, i marò Massimiliano Latorre
e Salvatore Girone.
Solo questa coincidenza misura
tutta l’ottusità, l’insensibilità, l’as-
soluta negazione di attenzione alla
propria patria ed alle istituzioni na-
zionali ed internazionali, del diret-
tore della 69ª Mostra Internazio-
nale d’Arte Cinematografica
Alberto Barbera. In un paese che
misura con il bilancino le parole di
Conte o De Laurentis, offesi dal-
l’ingiustizia sportiva in tribunale e
sul campo, in un paese che sta die-
tro ai sermoni di questo o di quel-
l’altro, in un paese che ha vissuto
anni con enormi gigantografie di
donne straniere perseguite dalla giu-
stizia e dalla cultura dei loro paesi,
la coincidenza di esaltare l’esponen-
te culturale di un paese mentre que-
sto strazia la giustizia internazionale
ed i nostri uomini ha dell’incredi-
bile.
Tornare sul caso dei due marò
italiani, sequestrati, e non legitta-
mente arrestati, dalle autorità in-
diane da febbraio, sarà inutile per
i nostri vertici sordi e muti, ma non
lo è per chi ha a cuore non la lega-
lità, ma la semplice convivenza in-
ternazionale. Nel sequestro di La-
torre e Girone è stato violato il
codice sulle acque internazionali,
quello militare internazionale, quel-
lo interno all’Alleanza Atlantica,
quello sulla lotta internazionale alla
pirateria.
Perché Latorre e Girone sono
stati sequestrati non mentre soste-
nevano gli interessi privati di una
Ong, di una chiesa, di una Green-
peace, nemmeno di servizi impe-
gnati a destabilizzare altrui regimi
e nemmeno quelli nazionali italiani.
Sono stati sequestrati come Nuclei
Militari di Protezione antipirateria,
Nmp, (Lg.130\2011), inseriti nei
programmi Onu di lotta ai banditi
del mare che oggi regnano sovrani
su pezzi degli oceani, tra cui quello
indiano, con un fatturato da $250
milioni. Una pirateria marittima che
impegna risorse militari di polizia
internazionale dieci volte e più ele-
vate.
Si pensi che solo la missione na-
vale Atalanta Ue al largo del Corno
d’Africa costa €720 milioni l’anno
e che la crisi ha visto il suo ridursi
da 8 a 3 unità navali nazionali. A
maggio l’europarlamento ha appro-
vato con 434 voti favorevoli, e 100
contrari la risoluzione antipirateria,
che ribadisce per l’iniziativa di Car-
lo Fidanza e Roberta Angelilli, (Pdl)
al paragrafo 30, la giurisdizione
competente in alto mare dello Stato
battente bandiera la nave.
Dall’India alla Somalia, i paesi
rivieraschi godono di questa spesa
e impegno militare, per poi sottrarsi
ad ogni coinvolgimento economico
e giuridico anche per una colpevole
protezione dell’ampia zona grigia
su cui può contare la pirateria tra
i pescatori. L’India, però, emergente
potenza dell’acciaio, informatica e
cinematografica evidenzia qui una
L’
doppia faccia di arretratezza e bar-
barie.
Latorre e Girone sono come i
militari feriti (tre solo l’altro giorno)
nelle operazioni di peace keeping
sparse per il mondo: parte di quello
sforzo enorme economico e di san-
gue che l’Italia paga al mondo. I
tartassati italiani, spremuti dai salari
più bassi e dalle tasse più alte, lo
devono sapere che sono loro a pa-
gare l’Europa, più di quanto non
ne vengano ricompensati. E così per
un lungo elenco, per l’Fmi, la World
Bank, l’Onu, la Nato, e via di que-
sto passo.
Sinceramente a molti, forse ai
più, interessa poco che altri voglia-
no lapidare, impiccare, uccidere le
loro donne e le loro minoranze. In-
teressano molto poco anche le sorti
di chi per turismo suspence o buon
cuore, vada di propria volontà nelle
aree più infuocate del mondo. Scoc-
cia dover pagare tutti decine di mi-
lioni. Interessa moltissimo invece
che i paesi usufruenti dell’aiuto con
ipocrite spalluccie e senza spese al-
meno non diventino banditi loro
stessi per accarezzare la demagogia
di un loro stato federale, comunista
e antioccidentale come l’indiano
Kerala.
Ad un bravo bevitore di cock-
tail, ottimo golfista, sagace battuti-
sta come il ministro degli esteri
Giulio Terzi non verrà in mente di
fare niente. Ovvio: è l’esponente di
una diplomazia di carriera, costosa,
inutile, arrogante che dal dopoguer-
ra in poi è stata sempre sostituita,
per evidente assenteismo mentale,
dai politici ogni volta che c’era
qualcosa da fare. La sanatoria per
la pena di morte nel mondo e i tri-
bunali anti ex-premier vinti, nem-
meno questo hanno fatto, sostituiti
dal gruppetto radicale.
I radicali, questi fanatici della
legalità, del foglio bollato
piegato,degli arrestati altrui, cosa
hanno da dire sull’habeas corpus
dei fanti del Reggimento San Mar-
co? Non sono in prigione? Niente
sciopero della fame? La Nato si è
chiamata fuori? L’Italia può rifiu-
tarsi di compare gli arei F-35, da
13 miliardi. Può ritirare parte dei
contingenti e le unità navali antipi-
rati.
Può censurare la regista Mira
Nair un’indiana che vive a New
York dal 1975, che conosce più gli
immigrati cubani negli Usa che il
suo paese. Ci presenta un film sul-
l’indignazione di un pakistano ame-
ricano sotto pressione per l’11 set-
tembre. La Nair se la immagina un
reazione così nel 1946 da parte te-
desca dipinta per 30 anni come bel-
zebù anche nel suo paese d’origine?
L’autrice di
Salaam Bombay!
ed ora
de
Il fondamentalista riluttante
lo
sa che nel suo paese non sono ri-
luttanti a massacrare folle di cri-
stiani, né che i pakistani sotto sotto
sostengono terrorismo e cultura
dell’oppio dell’Afghanistan vicino?
Certo, sono paesi arretrati, non
è colpa loro. Ce lo dica allora la
Nair, che viene da un paese un po’
capitalismo un po’ medioevo che
ha rifiutato per la più comoda Me-
la. Invece che meravigliarsi delle at-
tenzioni godute da indiani e simili
negli aereoporti, chieda scusa a La-
torre e Girone. A parte le dimissio-
ni, non c’è nulla invece che l’italia-
no riluttante anche solo di vederlo,
abbia da chiedere a Barbera.
La registaMira Nair,
un’indiana che vive
a NewYork dal 1975,
conosce più gli immigrati
cubani negli Usa
che il suo paese.
LaMostra del Cinema
di Venezia ha scelto
per l’overture il suo film,
proprio mentre l’India,
nelle stesse ore, stava
procedendo all’ennesimo
passaggio farsa
della tragedia
e della prigionia vissuta
da due militari italiani,
i maròMassimiliano
Latorre e Salvatore
Girone.
Nair ci presenta un film
sull’indignazione
di un pakistano
americano sotto
pressione per l’11
settembre. La Nair
se la immagina
una reazione così,
nel 1946, da parte
dei tedeschi dipinti
per 30 anni
come belzebù anche
nel loro paese d’origine?
L’autrice di “Salaam
Bombay!”ed ora
de“Il fondamentalista
riluttante” lo sa
che nel suo paese
non sono riluttanti
a massacrare folle
di cristiani,
né che i pakistani
sostengono terrorismo
e cultura dell’oppio
dell’Afghanistan vicino?
Certo, sono paesi
arretrati, non è colpa
loro. Ce lo dica allora
la Nair, che viene
da un paese
un po’ capitalismo
un po’ medioevo
che ha rifiutato
per la più comodaMela.
Invece che meravigliarsi
delle attenzioni godute
da indiani e simili
negli aereoporti, chieda
scusa a Latorre e Girone
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 31 AGOSTO 2012
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