Il Cremlino visto da un criminologo

venerdì 6 aprile 2012


Piccoli episodi rivelatori della Russia di Putin. Un diplomatico italiano, Giorgio Mattioli, responsabile dell'Istituto Italiano di Cultura di San Pietroburgo, è stato aggredito, picchiato e derubato mentre rincasava. Ha ora una prognosi di 10 giorni in ospedale e almeno 5 settimane di convalescenza. L'episodio non sembra proprio politico, ma causato dalla piccola criminalità. Sempre ieri, una giornalista della Novaya Gazeta, Yelena Milashina, è stata picchiata e derubata mentre tornava a casa dal lavoro, a Mosca.

La Milashina era una collega e amica della nota giornalista Anna Politkovskaja, uccisa da mano ignota, ma per motivi politici, dopo le sue inchieste sui crimini russi in Cecenia. Era amica e collega anche di Natalja Estemirova, attivista dei diritti umani, assassinata, anche qui per motivi politici, a Beslan, in Cecenia. Il pestaggio di Yelena Milashina, molto probabilmente, è un caso di piccola criminalità e non di persecuzione politica (anche se il dubbio resta, visti i precedenti). Gli amici della giornalista, piuttosto, lamentano l'inefficienza e la lentezza di reazione della polizia.

Il confine sfumato fra la violenza politica e quella criminale sta purtroppo diventando una costante, a tutti i livelli. Piccoli boss crescono all'insaputa di una polizia che non vuol vedere. Imprenditori russi o stranieri sono taglieggiati dalla polizia stessa. Grandi imprenditori, come l'ex patron della Yukos, Khodorkovskij, sono in carcere da anni, perché i loro interessi fanno invidia o paura al Cremlino. Avvocati di grandi investitori, come Magnitskij, muoiono in carcere per cause "naturali" dopo aver denunciato casi di corruzione a livello ministeriale. «La corruzione non mina il sistema. La corruzione è il sistema» - come afferma Garry Kasparov in una conferenza alla Heritage Foundation.

Kasparov, ex campione di scacchi e attualmente leader di un gruppo di opposizione democratica, il Fronte Civico Unito, ritiene che non vi sia alcuna soluzione per riformare l'attuale sistema russo. Se non quella di abbatterlo e ricostruirlo da capo. Aver dato credito a Dmitri Medvedev, considerandolo un presidente riformatore, secondo Kasparov, è stato un grossolano errore dell'Occidente: «È stata solo un'altra variazione delle vecchie operazioni di disinformazione sovietiche: lasciar che l'Occidente pensi che via sia una chance di promuovere i moderati. Quando Putin ha dichiarato di voler tornare a fare il presidente, è diventato palese ciò che molti di noi pensavano già: che Medvedev non fosse niente di più che l'ombra di Putin».

Quanto alla macro e micro criminalità, che si fonde, senza soluzione di continuità, con il potere politico russo, Kasparov è convinto che l'attuale struttura del vertice altro non sia che una gigantesca mafia. «Il regime di Putin può essere capito di più se lo si studia attraverso le lenti della criminologia. Criminologia, non cremlinologia. I servi e gli oligarchi sono personalmente fedeli a Putin, perché è lui il capo di tutti i capi e offre loro protezione. I suoi subordinati possono commettere tutti i crimini che vogliono entro i confini russi.

Finché restano leali a lui, possono arricchirsi e fare soldi anche in America, a Londra, ovunque nel mondo. È per questo che la possibilità che una sanzione internazionale possa colpire tali personaggi ha generato panico al Cremlino». Anche la politica estera putiniana, secondo Kasparov, è maggiormente comprensibile se letta attraverso le lenti della criminologia, alla stregua di patti e lotte fra mafiosi: «Se guardiamo alle relazioni di Putin con la Georgia, l'Ucraina e la Bielorussia, non troviamo la classica logica imperiale, ma una politica che punta al successo degli affari suoi personali e quelli dei suoi amici locali». Per esempio: «Non si può immaginare un governo più filo-russo di quello del presidente Viktor Yanukovich in Ucraina, ma alla fine Putin sta premendo su Yanukovich e i suoi oligarchi perché condividano la proprietà delle loro aziende».

Quello che Kasparov definisce come un "nuovo sistema feudale" risulta essere uno degli Stati meno liberi del mondo. Secondo l'Indice di Libertà Economica del 2012, la Russia è il 144mo Paese del mondo su un totale di 179 analizzati. I motivi di questo misero risultato sono evidenti. La corruzione è una delle più alte del mondo: nell'Indice ha ottenuto un punteggio di 21 su 100, ove 100 è assenza tendenziale di corruzione. I diritti di proprietà individuale non sono tutelati: nell'Indice hanno un punteggio di 25 su 100. Questi due handicap minano tutto il resto della struttura economica di un Paese che, pure, sta per entrare nel Wto.

Vladimir Putin, sia in campagna elettorale che nei suoi primi discorsi da presidente rieletto, promette riforme in tutti i settori. Ma è lui personalmente che ha messo in piedi questo sistema, nel corso di un decennio. È stato cacciato da Medvedev l'unico riformatore liberale del suo governo, Alexei Kudrin, artefice della flat tax russa e della stabilità finanziaria. Gli analisti di Radio Free Europe ritengono che un suo ritorno in auge sia possibile, considerando che Kudrin e Putin hanno mantenuto ottimi rapporti nel corso degli anni. Putin, nei primi anni '90, è stato "riscoperto" e introdotto al Cremlino proprio da Kudrin. Ma un solo ministro liberale, sinora, non è riuscito a impedire la deriva del sistema russo.

E c'è un altro casus belli che potrebbe far scoppiare il conflitto fra Putin e Kudrin: la spesa militare. Nonostante il debito pubblico stia diventando un problema anche per la Russia, il presidente ha annunciato un piano di riarmo da 700 miliardi di dollari, inclusa una massiccia modernizzazione delle forze nucleari strategiche. L'ex ministro liberale era uscito dal governo proprio per questo motivo, perché si opponeva al riarmo ed era più favorevole a tagli della spesa pubblica, o a investimenti differenti, come il restauro di infrastrutture civili fatiscenti. Vista la crescente retorica putiniana da rinnovata Guerra Fredda è difficile che il presidente rinunci al piano di riarmo. Un altro motivo per pensare che la riforma del sistema russo sia ancora molto remota.

Se non funzioneranno le riforme, è lecito auspicare una rivoluzione, come pensa Kasparov? Bisogna vedere chi la farà, questa rivoluzione. Organizzazioni di dissidenti quali "Altra Russia" e "Una Russia Senza Putin", ieri hanno manifestato di fronte alla sede del Ministero degli Esteri. Accusano il ministro Lavrov di "tradimento", perché osa collaborare con la Nato. E se il rimedio fosse addirittura peggiore del male?


di Stefano Magni