Il razzismo alla rovescia

Gli Usa sono in attesa del processo dell'anno: George Zimmermann si è consegnato alla polizia e deve difendersi dall'accusa di omicidio volontario di secondo grado (non premeditato) e rischia l'ergastolo. Il 26 febbraio scorso, a Sanford, Florida, ha ucciso con un colpo di pistola Trayvon Martin, 17 anni.

Perché un omicidio fra i tanti è diventato il processo dell'anno? Per questioni razziali. Trayvon Martin è afro-americano. George Zimmerman ha, invece, un cognome tedesco ed era un vigilante volontario. L'opinione pubblica americana si è sollevata, con una serie di manifestazioni (anche al Congresso) chiedendo di portare Zimmermann di fronte a un giudice. I media si sono gettati a capofitto su una storia che appariva uscire dai libri di storia sugli anni '50: il bianco, razzista, armato e vigilante che spara al nero, adolescente, disarmato, intento a comprare caramelle in un minimarket. Lo stesso presidente Barack Obama si è mosso, identificandosi con la vittima e con la sua famiglia. «Se vessi un figlio adolescente, sarebbe come Trayvon», ha dichiarato il 20 marzo scorso. 

Queste sono le notizie che abbiamo sentito sinora. Primo problema: George Zimmerman non è "bianco", come lo hanno definito i media, ma è di origine ispanica (per parte di madre) e figlio adottivo di una famiglia ebrea. Da quando si è diffusa la notizia sulla sua origine, i media hanno però aggirato l'ostacolo, iniziando a definirlo un "bianco ispanico". Da che parte sta il razzismo quando un immigrato ne uccide un altro?

Il problema più grave, però, è che non esiste accordo sulla versione dei fatti. Secondo i genitori di Trayvon Martin, loro figlio è stato pedinato, insultato e infine ucciso dal violento vigilante "bianco ispanico", senza alcun motivo, se non il colore della sua pelle. George Zimmerman, comunque, non era un violento qualsiasi, ma aveva un ruolo pubblico, benché volontario e privato. Essendo un vigilante, prima ha chiamato la polizia e poi, non si capisce ancora come, è arrivato allo scontro diretto con Martin. Secondo la versione di Zimmerman, il 17enne lo avrebbe aggredito, rompendogli il naso (frattura per cui è stato curato) e sbattendogli la testa contro il marciapiede. Zimmerman, insomma, avrebbe sparato per legittima difesa. Solo il processo cercherà di stabilire una verità giudiziaria che, per quanto imperfetta, potrebbe avvicinarsi alla realtà. E se dovesse emergere che è Zimmerman dalla parte della ragione? Se fosse un caso di legittima difesa? Barack Obama, che ormai si è esposto, vorrebbe ancora un figlio diciassettenne che spacca il naso e tenta di ammazzare un vigilante ispanico? 

La campagna di questi mesi, però, ha già spiccato la sua sentenza: George Zimmerman è colpevole di omicidio a sfondo razziale. Le immagini diffuse da tutti i media parlano chiaro: Zimmerman appare come un giovane adulto, muscoloso, con lo sguardo truce. La sua vittima, Trayvon Martin, appare come un indifeso e sorridente ragazzino di 12 anni: circolano, infatti, solo le foto di 5 anni fa, diffuse dalla famiglia della vittima. Se Zimmerman dovesse essere assolto, rischierebbe comunque il linciaggio. E l'America si riscoprirebbe razzista: contro i bianchi e chiunque abbia la pelle più chiara degli altri.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:30