È quasi guerra tra Siria e Turchia

venerdì 5 ottobre 2012


Siria e Turchia sono ai ferri corti dall’inizio della guerra civile siriana. Ieri si sono scambiati colpi d’artiglieria. Ha iniziato per prima l’artiglieria del regime di Damasco, colpendo la città di Akcakale, nell’Anatolia meridionale. Una donna Zeliha Timucin, le sue tre figlie e sua sorella, sono state uccise da una granata. Le due donne e le tre bambine, pur abitando in un Paese in pace, sono andate involontariamente ad aggiungersi ai 31mila caduti del conflitto nello Stato vicino. L’artiglieria turca ha immediatamente reagito, colpendo postazioni militari siriane e infliggendo gravi perdite all’esercito regolare di Damasco.

E, ieri, il parlamento turco ha dato il via libera (con 320 voti a favore e 129 contrari) ad azioni militari in territorio siriano. È la guerra? Non ancora. Secondo il governo Erdogan, l’autorizzazione all’uso della forza va letta come una “severa ammonizione” al vicino meridionale. Il governo di Ankara preferisce non precipitare le cose. Un’azione armata che coinvolga le truppe di terra in un conflitto sanguinosissimo non è una decisione che possa esser presa a cuor leggero. Il nuovo mandato parlamentare prevede l’uso della forza se richiesta dal governo e fissa a 1 anno il limite temporale di un eventuale intervento. Il vicepremier Besir Atalay ha specificato che «(la forza militare, ndr) potrà essere usata per proteggere gli interessi nazionali della Turchia», ma, comunque, ha anche aggiunto che la priorità verrà data, d’ora in avanti, ad azioni coordinate con gli organismi internazionali.

Il regime di Damasco ha subito ammesso l’errore e porto le sue scuse ufficiali. Ma ormai il danno è fatto ed ha provocato anche la pronta condanna della Nato. Bruxelles chiede «L’immediata cessazione di atti ostili contro un alleato». L’Onu, invece, non è riuscito a spiccare la sua risoluzione di condanna: ancora una volta, il Consiglio di Sicurezza è stato bloccato dall’opposizione della Russia. Vladimir Putin è sempre dalla parte di Bashar al Assad, qualunque cosa faccia.


di Maria Fornaroli