Nagorno Karabakh   Lettera con replica

Riceviamo e pubblichiamo la seguente lettera a firma di Gregorio Zovighian, vicedirettore dell’Istituto di Studi Armeni di Monaco di Baviera.

 Egregio direttore,

Ho letto l’articolo pubblicato su “L’Opinione” del 19 luglio a firma di Romolo Martelloni. In esso vi sono alcune manipolazioni e falsificazioni di fatti recenti che le cito per sommi capi: - “… Il rispetto che l’Azerbaigian e il suo popolo nutrono nei confronti della cultura e nella tutela di patrimoni che non appartengono solo al Paese che li ospita…” (cito il testo dell’articolo) sono palesemente contraddetti dalla distruzione sistematica del cimitero medioevale armeno di Giulfa (città armena, attualmente in Azerbaigian), ricchissimo di migliaia di steli a forma di croce, autentichi gioielli di arte medievale, tanto che a buon diritto questo cimitero è stato paragonato a quello ebraico di Praga. Ora questo cimitero è stato completamente raso al suolo dai soldati e le steli distrutte, affinché non rimanga traccia della presenza armena su un territorio armeno occupato dall’Azerbaigian. E’ questo il rispetto e la tutela della cultura? - Circa il milione di profughi in Azerbaigian, sarà bene ridimensionarne il numero, perché sono molti di meno. A proposito, perché nell’articolo non sono menzionati i profughi armeni dall’Azerbaigian? Sono alcune centinaia di migliaia e sono fuggiti da quel Paese (perché soggetti a pulizia etnica) molto prima che gli azeri se ne andassero dall’Armenia e dal Karabakh.

- Quanto a Khojaly è assodato che a causare il massacro furono gli stessi azeri del Fronte Popolare per far cadere il governo del presidente azero Mutalibov. Quindi in quel massacro gli armeni non hanno colpa. Però sarebbe stato bene che l’estensore dell’articolo, per correttezza ed onestà intellettuale, avesse citato i massacri di armeni a Sumgait, Kirovabad e Baku, che avvennero, per mano degli azeri, alcuni anni prima di Khojaly, e provocarono varie migliaia di morti, molti di più dei 613 di Khojaly.

- Il Karabakh ha proclamato la propria indipendenza sulla base della legislazione allora vigente in Unione Sovietica. Se vari Stati, istituzioni internazionali o singole persone non ne vogliono riconoscere la legittimità, perché abbagliati dal petrolio azero, o corrotti dalla “politica del caviale” adottata da quel Paese, tutto ciò non inficia la legittimità dell’indipendenza del Karabakh, che, non dimentichiamolo, fu annesso all’Azerbaigian con un atto privo di base legale ed attuato arbitrariamente da Stalin, contro la volontà degli abitanti di quel territorio. Se dobbiamo ripristinare i soprusi di Stalin, allora perché non riaprire anche i Gulag? - Per non parlare dell’odio anti-armeno che viene instillato dalle autorità azere, presidente in testa, e che raggiunge livelli di puro razzismo.

 

Gregorio Zovighian (Vicedirettore dell’Istituto di Studi Armeni - Monaco di Baviera)

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:48