L’esodo dei cristiani   in fuga dall’Iraq

Nello scorso fine settimana si è consumato l’ennesimo dramma per la comunità cristiana in Iraq, nel silenzio delle cancellerie occidentali. I combattenti dello Stato islamico in Iraq e nel levante (Isil), che da settimane ormai hanno occupato le regioni centro settentrionali dell’Iraq con l’obiettivo di creare un califfato islamico, hanno costretto l’intera comunità cristiana a fuggire da Mosul, la seconda più grande città del Paese.

I jihadisti avevano diramato un ultimatum, diffuso a tutto volume dagli auto-parlanti delle moschee durante la preghiera del venerdì, che intimava ai cristiani di convertirsi all’Islam o di pagare la Jiziya, l’esoso “pizzo” della “protezione” alle minoranze religiose previsto dall’antica legge islamica, entro la mattina del giorno seguente.

Secondo l’ultimatum, inoltre, chi non avesse accettato gli ordini dei miliziani islamisti e fosse rimasto a Mosul sarebbe stato decapitato. Migliaia di iracheni cristiani sono dovuti scappare dalla città che li aveva ospitati da generazioni, lasciando le loro case e ogni avere.

I guerriglieri dell’Isil hanno verniciato la lettera “n”, dalla parola araba “nasreen” (cristiani) sui muri delle case abitate fino a quel momento dai cristiani, che sono state quindi saccheggiate dopo la fuga dei residenti. I miliziani hanno poi fermato alla periferia della città intere famiglie che scappavano con ogni mezzo di fortuna, derubandoli di ogni oggetto, anche dei telefoni cellulari.

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, con una dichiarazione adottata all’unanimità da parte dei 15 Paesi membri, ha condannato la persecuzione sistematica da parte dei membri dell’Isil dei cristiani e di quanti rifiutano l’ideologia estremista. Il Consiglio ha ricordato che gli attacchi contro qualsiasi popolazione civile a causa della loro appartenenza etnica, le convinzioni religiose o di fede costituiscono un crimine contro l’umanità, per il quale i responsabili devono essere chiamati a rispondere. L’organo dell’Onu ha anche chiesto che il Governo iracheno intensifichi ogni sforzo per venire incontro alle necessità umanitarie delle persone sfollate a causa del conflitto e di affrontare la “minaccia terroristica” contro le minoranze.

Nei giorni scorsi gli islamisti avevano anche occupato il monastero siro-cattolico di Mar Behnam, vicino alla città a maggioranza cristiana di Qaraqosh, nel nord dell'Iraq, costruito nel quarto secolo, uno dei più noti monumenti cristiani del Paese e avevano espulso i monaci residenti. Altre chiese sarebbero state saccheggiate dai guerriglieri che avrebbero distrutto anche statue religiose e antiche reliquie.

Nelle settimane precedenti c’erano state avvisaglie della campagna contro i cristiani; poco lontano da Mosul erano state rapite alcune suore cristiane caldee con alcuni bambini orfani che ospitavano nel loro monastero, poi liberate dopo alcuni giorni.

Il Patriarca cristiano caldeo, Louis Raphael Sako, in una veglia di preghiera tenuta a Baghdad, ha usato parole durissime contro i jihadisti affermando che neanche Gengis Khan e suo nipote Hulagu, che saccheggiarono Baghdad nel medioevo, furono così feroci contro la comunità cristiana. Hulagu Khan, a capo dell’esercito mongolo, saccheggiò Baghdad nel 1258. La città, uno dei principali centri culturali e politici della civiltà islamica, sede per oltre cinquecento anni del califfato abbaside, venne rasa al suolo, la sua grande biblioteca distrutta, la popolazione decimata, il Califfo ucciso.

Alla veglia di preghiera si sono aggiunti diverse centinaia di cittadini iracheni musulmani che hanno distribuito volantini e T-shirt dove era scritto: “Sono iracheno e sono anche cristiano”. Altri si sono dipinti una “n” su facce e mani, in segno di solidarietà con i cristiani di Mosul. Anche Papa Francesco, nell’Angelus domenicale, ha rivolto un accorato appello a cessare le violenze contro i cristiani in Iraq. Forte sdegno per quanto sta succedendo e profonda solidarietà verso i cristiani perseguitati è stata espressa da tutti i capi delle chiese cristiane d’Oriente.

In Libano e in Giordania, sui social network, migliaia di giovani – anche musulmani – hanno manifestato in favore dei cristiani iracheni. Prima dell’invasione statunitense del 2003, più di un milione di cristiani viveva in Iraq, tra cui più di 600mila a Baghdad e 60mila a Mosul, così come numerose erano le comunità cristiane di Kirkuk e Bassora. Mosul si trova sulla sponda occidentale del fiume Tigri, opposta all’antica città di Ninive, la capitale del regno degli Assiri citata anche nella Bibbia, nel cuore della Mesopotamia. Era considerata nella storia la “culla della civiltà” che per secoli ha rappresentato un crocevia del commercio e della cultura nell’intera regione.

Da sempre hanno convissuto in pace e armonia accanto a una maggioranza di arabi mussulmani, curdi e turcomanni, minoranze di ebrei, yezidi e cristiani. Fino al loro esodo forzato, i cristiani erano presenti a Mosul da duemila anni, eredi dei primi missionari che propagandarono la fede in quelle regioni poco dopo la morte del Cristo. Nel corso dei secoli, i cristiani di Mosul avevano resistito a invasioni straniere e persecuzioni, ma mai erano arrivati a dover scappare in massa dalle loro case. Ora i cristiani che vivono nelle regioni limitrofe, in Iraq e in Siria, temono per la loro sopravvivenza.

I jihadisti dello Stato islamico stanno conquistando velocemente ampie porzioni di aree nell’Iraq centro-settentrionale e stanno gradualmente estendendo la loro influenza anche in alcune regioni della vicina Siria, dove hanno trovato terreno fertile presso i movimenti alleati del Fronte Al Nusra, legati ad Al Qaeda. Nelle zone occupate, da Mosul fino alla città siriana di Al-Raqqa, gli jihadisti stanno applicando in modo ferreo la Sharia, la legge islamica; notizie dell’imposizione sui cristiani del pizzo di protezione, la “jizya”, di lapidazioni di donne adultere o fustigazioni pubbliche arrivano sempre più frequentemente da quelle aree. Se non verrà arginata velocemente l’avanzata degli islamisti e ripristinata la convivenza pacifica tra etnie e confessioni diverse, le popolazioni cristiane che tanto hanno dato alla storia e alla cultura di quelle terre.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:47