La dissidenza iraniana inascoltata in Europa

martedì 29 luglio 2014


Il 21 luglio si è tenuto a Caserta il “IV Congresso Radicale di Terra di Lavoro” dal tema “Diritti umani e riforma della giustizia per gli Stati Uniti d’Europa”. Scopo della tavola rotonda è stato quello di rilanciare la problematica globale dei diritti umani e delle convenzioni internazionali, analizzando lo stato delle democrazie a partire dal continente europeo, del Mediterraneo e le questioni mediorientali.

Durante i lavori, a cui ha partecipato anche il direttore de “L’Opinione,” Arturo Diaconale, si è parlato della repressione e della dissidenza in Iran. A tal proposito è intervenuto Esmail Mohades, portavoce dell’ “Associazione dei laureati iraniani in Italia”, intellettuale di primo piano della resistenza iraniana e autore del volume “Una voce in capitolo. Le ragioni del popolo iraniano, tra regimi e libertà”.

Il volume di Mohades ripercorre, a partire dall’Ottocento, le origini della lotta degli iraniani per la democrazia ancora da conseguire. Un intenso percorso segnato da discontinuità e da periodi di grandi slanci, frenati da rinnovate e dure forme di tirannia.

Mohades si è soffermato sulla crisi che brucia letteralmente tutto il Medio Oriente. Queste le sue parole: “Che cosa è successo al mio popolo, l’antico popolo persiano che, dopo un secolo di lotta per la democrazia, oggi viene governato dal più oscurantista dei regimi? Un regime teocratico e sanguinario con cui l’Occidente cerca di trovare l’accordo. L’Europa, chiudendo tutti e due gli occhi, ha fatto e fa affari con il regime dittatoriale iraniano. Fino a qualche anno fa, negli incontri col regime, si parlava, in punta di piedi, anche dei diritti umani in Iran. Nell’ultimo decennio i diritti umani sono spariti del tutto dal protocollo degli incontri. In qualche modo l’Occidente e l’Europa, in perenne crisi economica, avevano dato credito alle urla del regime di considerare le sue barbarie come leggi islamiche. Certo, poi gli esperti e i mass media occidentali si sono mostrati più zelanti, più audaci e più ciechi e hanno valutato la guerra del Medio Oriente come una guerra di religione, tra sciiti e sunniti, tra maroniti e salafiti. Cosicché tutto l’Occidente s’è perso definitivamente nei meandri alquanto tortuosi di questa terra bruciata che è il Medio Oriente. S’inganna chi vuole essere ingannato. Ora gli Stati europei, nel solco degli Stati Uniti d’America, perseguono nel Medio Oriente una sola politica: non irritare la Repubblica islamica”.

Parole forti, che pongono l’accento anche sulla problematica europea, un’Europa che nei suoi rapporti internazionali non solo risulta debole ma contravviene dall’affrontare la tematica dei diritti umani e dello stato di democrazia a partire dall’Iran.

“A furia di tollerare ogni tipo di violazione dei diritti umani – ha rilanciato Mohades – l’Europa ha perso del tutto la sua autorevolezza che derivava dalla sua storia e soprattutto dalla sua elaborazione e applicazione dei diritti”. Il dissidente iraniano descrive un’Europa che non ha indugiato a incatenare l’opposizione al regime dittatoriale e teocratico iraniano, quando questo nel 2001 le ha chiesto di inserire il movimento della Resistenza iraniana nella lista dei gruppi terroristici. L’Europa, con quella decisione perversa, ha rinnegato la sua storia e ha relegato i diritti naturali dell’uomo nel cestino.

Per Mohades la vera proprietà è la conoscenza, far conoscere lo stato dei diritti umani e l’attualità dello stato di repressione che vivono intere generazioni iraniane. Mohades sembra fare sue le parole dell’avvocato canadese David Matas, premio Nobel per la pace nel 2010, che spiegò: “Alleviare le sofferenze delle vittime con la solidarietà non cambia il comportamento dei responsabili delle violazioni. Quasi altrettanto importante come il trasmettere il messaggio alle vittime è trasmetterlo all’opinione pubblica. I responsabili, ovviamente, non si preoccupano delle loro vittime, altrimenti non le avrebbero rese tali. Però si preoccupano dell’opinione pubblica. Persino la peggiore dittatura, al fine di mantenere il potere, ha bisogno di qualche supporto al di là dei complici diretti. L’impatto sull’opinione pubblica corrode il sostegno o la tolleranza necessari affinché i regimi repressivi mantengano il potere. L’opinione pubblica che conta di più è quella all’estero. I responsabili possono reprimere il proprio popolo ma non possono reprimere l’intero pianeta. Le uniche voci che non possono controllare sono le voci straniere”.

La conoscenza della questione iraniana risulta emblematica anche per il futuro percorso dell’Europa e dei diritti umani nel Mediterraneo. Anche per questo non possiamo che ringraziare Esmail Mohades per il suo immenso lavoro di conoscenza sull’attualità e la storia del popolo iraniano.


di Domenico Letizia