La Nato è impreparata   alla minaccia russa

E se la Russia dovesse attaccare la Nato? Non saremmo in grado di difenderci. Mentre infuria la guerra nell’Est dell’Ucraina fra l’esercito regolare di Kiev e irregolari russi (ieri si è raggiunta una tregua, ma molto provvisoria e fragile), la domanda viene posta dal Comitato parlamentare per la Difesa della Camera dei Comuni britannica.

Già l’attacco asimmetrico alla Crimea, condotto con truppe irregolari prive di mostrine, mischiate a milizie locali e coronato da uno pseudo-referendum (messo in piedi in appena due settimane, senza alcun controllo legale), ha permesso alla Russia di annettere una regione dell’Ucraina senza neppure combattere. La Nato non ha potuto far altro che assistere e constatare l’insuccesso. I servizi di intelligence dei Paesi dell’Alleanza non sono neppure riusciti a prevedere la mossa di Mosca. Attualmente un’azione senza precedenti nella storia europea post-bellica rimane senza risposta, in aperta violazione del diritto internazionale. E d’altra parte: chi vorrebbe mai dichiarare guerra alla Russia, prima potenza nucleare del mondo?

Il problema è proprio questo: la Russia realizza i suoi disegni egemonici a spese dei vicini, senza alcuna dichiarazione di guerra e senza neppure muovere le truppe, rapidamente e facendo accettare il dato di fatto. Di fronte a una mossa del genere, non restano che due opzioni, entrambe perdenti: o l’accettazione del dato di fatto, o una guerra dichiarata (che non è neppure concepibile). Il problema si è ripetuto nell’Ucraina orientale. Due intere regioni, quelle di Donetsk e Luhansk, sono state, di fatto, annesse dalla Russia, sempre con gli stessi metodi usati per la Crimea. Da marzo ad oggi l’esercito regolare di Kiev è costretto a combattere una guerriglia sanguinosa, rischiando di spaccare in due il Paese e sempre con l’incubo latente di un intervento militare russo a “protezione della popolazione” (cioè dei volontari russi che combattono in Ucraina per conto di Mosca).

Il Comitato parlamentare britannico, nella sua relazione pubblicata ieri, afferma quel che è già sotto gli occhi di tutti: il conflitto ucraino mostra “serie carenze” nella preparazione della Nato ad affrontare una minaccia proveniente dalla Russia. Il pericolo di un attacco convenzionale o nucleare è ancora da considerarsi molto basso, ma il rischio di un attacco asimmetrico e non convenzionale, come quello testato con successo in Crimea, è invece molto concreto, soprattutto per i Paesi ex sovietici che confinano con la Russia (Estonia, Lettonia e Lituania), per la Polonia e per la Romania.

Il Comitato parlamentare britannico chiede che vengano subito varate riforme per scongiurare il pericolo. Fra queste, i provvedimenti più urgenti includono: costituire basi permanenti, con materiale pesante preposizionato, nelle repubbliche baltiche; includere nell’articolo 5 dell’Alleanza (mutua difesa) anche gli attacchi asimmetrici di forze irregolari e il cyber-terrorismo; potenziare le forze di intervento rapido; condurre più esercitazioni che coinvolgano i leader politici e militari di tutti i Paesi membri.

Il problema peggiore, però, come sottolineano i parlamentari britannici, è che in questo periodo può mancare “la volontà politica comune per intraprendere un’azione coordinata contro un attacco”. Leggasi: se la Russia dovesse invadere la Lettonia o l’Estonia, con i metodi già collaudati in Ucraina, gli altri Paesi della Nato, come l’Italia, la Francia, o la Grecia, potrebbero anche stare a guardare. E una parte delle nostre opinioni pubbliche tiferebbe certamente per Putin, anche in quel caso.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:53