Le colpe del Governo siriano nell’attacco chimico del 2013

Il 21 agosto 2013 un attacco effettuato con gas nervino e sostanze chimiche colpì i quartieri di Damasco controllati dall’opposizione, causando la morte di 1400 persone, soprattutto civili, inclusi numerosi bambini. Le prove raccolte indicarono che a dar vita l’attacco furono le forze governative del presidente Bashar al-Assad, nonostante il Governo siriano abbia sempre negato le proprie responsabilità. Tale episodio provocò numerose proteste in tutto il mondo, inducendo il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite a chiedere l’eliminazione del programma di produzione di armi chimiche in Siria.

Sotto la pressione internazionale venutasi a creare, il Governo siriano accettò il programma di eliminazione delle armi chimiche con la supervisione dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac). Il 19 agosto 2014 l’Opac ha annunciato la completa distruzione delle più pericolose e letali armi chimiche dichiarate in possesso dal regime siriano.

A intervenire sui tragici episodi è anche l’Organizzazione non governativa “Non c’è pace senza giustizia”, che attraverso la voce di uno dei suoi rappresentanti legali, Alison Smith, ha richiamato l’attenzione sulla mancanza di significativi passi in avanti nell’attribuzione delle responsabilità di coloro che hanno ordinato ed eseguito il massacro, che risulta essere uno dei più cruenti inflitti ai civili dall’inizio del conflitto ancora in corso.

Dopo più di tre anni dall’inizio del conflitto, secondo le Nazioni unite, le vittime sono oltre 150mila e quasi la metà della popolazione ha abbandonato la propria abitazione. “Non c’è pace senza giustizia” denuncia che, nonostante il Governo siriano abbia firmato il programma di eliminazione delle armi chimiche, il regime di Assad continua a usare sostanze tossiche, come il gas clorino, in attacchi contro la popolazione civile e in violazione delle più basilari norme del diritto internazionale umanitario. Il progetto di “Non c’è pace senza giustizia” mira all’attivazione di procedure internazionali per l’attribuzione delle responsabilità nei confronti degli autori del disastro umanitario ancora in corso.

Da tali motivazioni risultano fondamentali sia le attività in corso per la promozione della democrazia e dei diritti umani e per la stabilità e la ricostruzione della Siria, sia il lungo ed elaborato lavoro di documentazione delle violazioni dei diritti umani per permettere la presentazione di tali violazioni e l’intervento della Corte penale internazionale (Cpi).

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:32