Vertice sull’Isis,   le contraddizioni

Si è appena concluso il vertice di Parigi, presieduto dal presidente francese Hollande e dal presidente iracheno Fouad Massoun. Il tema del vertice era l’Isis [è utile rivedere l’articolo sull’Isis qui pubblicato il 10-07-14], considerato una minaccia globale perché coinvolge tutta la Comunità internazionale.

Erano presenti 26 Paesi. I paesi europei erano dieci: Francia, Germania, Belgio, Danimarca, Spagna, Italia, Norvegia, Olanda, Gran Bretagna e Repubblica Ceca. I paesi arabi del Medio Oriente, undici: Iraq, Arabia Saudita, Bahrein, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Kuwait, Libano, Oman, Qatar e Turchia. Gli altri paesi erano cinque: Usa, Russia, Giappone, Cina e Canada. Vi erano anche i rappresentanti della Lega Araba, dell’Unione Europea e dell’Onu.

Nel comunicato ufficiale finale si parla di: 1) sostegno politico al governo iracheno; 2) coordinamento dell’aiuto umanitario; 3) di lotta contro l’Isis che si espleterebbe con: a) il coordinamento dei servizi di sicurezza; b) il rafforzamento delle sorveglianza delle frontiere; c) gli aiuti militari appropriati.

Apparentemente siamo di fronte a un gruppo di paesi molto significativo che avrebbe trovato un’intesa sulle maggiori problematiche esistenti sul tappeto. La realtà, però, è ben diversa. Le conclusioni sono molto ambigue, anche perché i problemi, in effetti, sono molto complessi. Di fronte a una grande disponibilità verbale da parte di tutti, c’è una scarsa volontà in concreto ad impegnarsi da parte dei singoli paesi. Notiamo anzitutto che a Parigi erano assenti due dei paesi che hanno un ruolo fondamentale nella soluzione del problema Isis. Mancavano, infatti, la Siria e l’Iran, due paesi confinanti con l’Iraq. In Siria, l’Isis è massicciamente presente e molto attivo (tanto quanto in Iraq, e, secondo alcuni osservatori, anche di più). E l’Iran sciita, grande sostenitore della maggioranza sciita irachena e storico alleato del siriano Assad.

Della Siria di Assad non si parla neanche nel comunicato finale del vertice. Perché la Russia è alleato di Assad e lo avrebbe voluto membro della coalizione contro l’Isis, mentre gli Usa sono contro Assad, considerato un crudele dittatore. Gli europei, poi, hanno un atteggiamento diversificato: ad esempio, la Francia non accetta i bombardamenti sui jihadisti dell’Isis in Siria, senza che Assad sia in qualche modo coinvolto (non dimentichiamo i vecchi legami storici della Francia con la Siria); mentre la Germania per bombardare la Siria evoca il problema della legalità internazionale.

L’Iran non è stato invitato a Parigi per espressa volontà degli Usa, avendo rifiutato la richiesta di cooperazione americana (presentata dall’ambasciatore Usa a Bagdad) in modo molto duro (“gli Usa hanno le mani sporche”). L’Iran sciita è contro i sunniti dell’Isis e appoggia, come gli Usa, Bagdad, ma detesta il governo Usa. L’Iran, inoltre, intende difendere, come già detto, la posizione di Assad, suo storico alleato, detestato, invece, dagli Usa. Dunque assenti a Parigi due paesi fondamentali nella lotta all’Isis. Ma anche fra i presenti le posizioni erano sfumate, oltre che diversificate. La Turchia, ad esempio, è contro l’Isis, ma teme che si rafforzino i curdi presenti in Iraq e in Siria, i quali, poi, potrebbero chiedere l’unità e l’indipendenza di tutti i curdi, compresi quelli che sono in territorio turco.

I Sauditi, in quanto sunniti, così come il Qatar e gli Emirati del Golfo, hanno finanziato fin’ora i sunniti estremisti, compresi quelli dell’Isis, anche per blandirli e così allontanare il pericolo di disordini a casa loro, provenienti dagli estremisti islamici. I Sauditi, inoltre, considerano l’Iran animatore degli avversari sciiti. E’ lo stesso governo iracheno che, a Parigi, ha precisato che non è necessario che Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto, si uniscano agli attacchi aerei contro l’Isis, ma è sufficiente che partecipino alle decisioni. Infatti l’alleanza dei paesi arabi del Medio Oriente con i paesi dell’Occidente, contro l’Isis, pur essendo quest’ultimo considerato utopistico e non credibile sul piano religioso, poichè essa è malvista da una parte delle popolazioni arabe, potrebbe urtare la loro sensibilità.

Il Medio Oriente è un groviglio di interessi, di situazioni in chiaro-scuro, di alleanze contraddittorie, che mutano secondo le situazioni e secondo le convenienze del momento. E’ così che jihadisti dell’Isis e gruppi di Al-Qaeda (come Nusra), benché in aperta concorrenza, hanno da poco firmato, alla periferia di Damasco, un patto di non aggressione. Un punto positivo, invece, è la posizione del nuovo governo di Bagdad, guidato da al-Abadi, che prova a conciliare, all’interno dell’Iraq, la maggioranza sciita con la minoranza sunnita. La posizione dell’Italia è stata espressa con chiarezza. Il nostro governo si dice disposto soltanto a dare armi e munizioni, e soprattutto materiali per il sostegno umanitario, ritenuto una priorità. Ha così già spedito sei aerei con aiuti umanitari e, dopo il via libera delle Commissioni Esteri e Difesa, anche due aerei con armi e munizioni. L’Italia, inoltre, si propone di avere un ruolo di mediatore e pacificatore tra i paesi che confinano con l’Iraq.

Anche tenendo conto della forte decisione degli Usa di porre termine alle violenze dell’Isis con un massiccio impiego di aerei, le previsioni di un risultato positivo non sono a breve termine. L’Isis è ormai diventato un gruppo terroristico molto ricco e può permettersi l’arruolamento di molti uomini e la compra di armi sofisticate. Gli esperti calcolano che l’Isis guadagna più di tre milioni di dollari al giorno e può quindi sostenere una lunga guerra. E’ la vendita e il contrabbando del petrolio che rende ormai l’Isis finanziariamente autosufficiente: controlla undici campi petroliferi sia in Siria che in Iraq, e con lo sconto praticato, dai 25 ai 60 dollari per un barile, ha un mercato assicurato. Ora ha meno bisogno delle donazioni dei ricchi paesi del Golfo Persico per proseguire la sua attività militare e sovversiva. Al petrolio, poi, bisogna aggiungere altri proventi che, tristemente, si potrebbero chiamare minori: i riscatti provenienti dai rapimenti e dagli ostaggi di esseri umani (è nota la polemica Obama-Hollande sul pagamento dei riscatti per liberare gli ostaggi); dalle vendite di essere umani dei territori conquistati (donne e bambini); dal furto e dalla vendita (realizzata soprattutto in Turchia) di antichità archeologiche, di cui è molto ricca l’antica Mesopotamia.

Ma a Parigi, nessuno dei paesi, neanche quelli limitrofi, si è impegnato a impedire la vendita del petrolio a un prezzo concorrenziale così competitivo e a bloccare le intermediazioni finanziarie, risultato di queste compre. Finché non si chiudono questi rubinetti è illusorio pensare a un contenimento sostanziale e in tempi ravvicinati dell’Isis. Piuttosto c’è da temere altre orrende notizie, soprattutto pensando che il terzo decapitato, l’inglese David Haines, era diventato un operatore umanitario che si prodigava ad aiutare la popolazione siriana più bisognosa.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:45