Jihadista dell’Isis:   i diversi identikit

Quando Abu Bakr Al-Baghdadi rinomina nell’aprile del 2013 l’Isis, dalle ceneri del gruppo creato agli inizi del 2000 dal giordano al-Zarqawi, vicino ad Al Qaeda, i suoi membri sono poco più di 8000, sunniti per la stragrande maggioranza iracheni e siriani. Alcuni provengono dalle file dell’ex esercito di Saddam Hussein ma la maggior parte sono giovani disoccupati, semi-analfabeti, senza arte né parte, con pochi sogni nel cassetto ma la sicurezza di ricevere uno stipendio mensile superiore a quello degli stessi soldati regolari dell’esercito iracheno o siriano.

Al Baghdadi è scaltro, si presenta come il difensore della minoranza sunnita contro gli sciiti che hanno preso il potere con l'invasione guidata dagli Stati Uniti nel 2003 e si allea subito con le tribù sunnite e con gruppi baathisti dell’Iraq, che hanno un solo obiettivo in comune con il gruppo di al-Baghdadi: rimuovere dal potere il primo ministro sciita iracheno Nuri al-Maliki. Gli alleati ex baathisti rappresentano la “faccia presentabile” dell’esercito islamico, almeno nei primi tempi. Sono loro, infatti, che gestiscono l’assalto a Mosul, nell’estate scorsa; sono gli ex ufficiali dell’esercito di Saddam che trattano la resa della seconda brigata delle forze regolari di Baghdad al comando del generale Ali al Freidji.

I quattromila soldati inviati dal governo di al Maliki, tra di loro molte reclute appena uscite dal corso di formazione, non sparano neanche un colpo contro le poche centinaia di miliziani islamisti che circondano la città e si arrendono con la promessa, che non verrà poi mantenuta, di aver salva la vita e poter tornare alle loro famiglie; ma quando i jihadisti di Al Baghdadi aprono il carcere di Mosul e arruolano criminali comuni e tagliagole seriali e molti islamisti muoiono in combattimento per mano dei peshmerga curdi intervenuti da nord, la musica cambia.

L’anima nera dei jihadisti esce fuori in tutta la sua ferocia e spietatezza. Vengono passati per le armi, solo perché sciiti, 1700 soldati che prima vengono umiliati. I pochissimi sopravvissuti raccontano scene turpi; soldati costretti a migliaia in pochi spazi o per ore con la faccia a terra sulle sabbie desertiche, senza acqua, con temperature che raggiungevano i 50 gradi e chi si muoveva veniva passato immediatamente per le armi. Da Mosul le forze dell’esercito islamico si muovono veloci verso nord e verso la Siria, senza incontrare grandi resistenze. Molti arabi, wahabisti provenienti dai paesi del Golfo e dal nord africa, si aggiungono alle milizie dell’Isis.

La tattica dei jihadisti è accorta; pugno di ferro per incutere il terrore tra i nemici, sciiti e cristiani, e guanto di velluto con le popolazioni sunnite delle aree occupate; si ristabiliscono i servizi essenziali, elettricità ed acqua, che vengono erogati gratuitamente, riaprono le scuole, si rimettono in funzione mulini e centri di distribuzione alimentare, vengono controllati i prezzi al dettaglio e chi cerca di speculare viene punito severamente in pubblico. Ma la brutalità verso chi non accetta di soggiogare al nuovo regime è inimmaginabile; i cristiani che abitavano a migliaia, da anni, in quelle zone vengono cacciati in poche ore e non gli viene concesso di portare nulla; addirittura ai posti di blocco islamisti sulle strade fuori dalle città, i miliziani strappano dai lobi di bambine piccolissime poveri orecchini, di nessun valore, e i profughi sono costretti a lasciare in terra anche gli indumenti.

Nelle città si assiste a scene raccapriccianti; a Mosul un giovane contadino che nella cesta porta pomodori e cetrioli appena colti, viene ucciso in strada dai miliziani che lo accusano di oscenità e riferimento sessuale inaccettabile per l’islam; i manichini nei negozi di abbigliamento devono essere coperti con i burqa; guardare partite di calcio in tv è passibile di frustate; tagli di capelli troppo alla moda possono essere puniti con la morte; centinaia di donne yazide, colpevoli di appartenere ad una religione non riconosciuta dagli islamisti perché basata su fonti non scritte ma tramandate oralmente, vengono vendute come schiave per 150 dollari ciascuna.

Stupri, uccisioni mirate di civili, torture e rapimenti, reclutamento forzato di bambini, in una gamma sconcertante di violazioni dei diritti umani che un recente rapporto della Missione delle Nazioni Unite in Iraq (UNAMI) e dell'Ufficio dell'Alto Commissario per i Diritti Umani descrive come crimini di guerra e crimini contro l'umanità, perseguibili dalla Corte penale internazionale, sono all’ordine del giorno. Iniziano le decapitazioni “televisive” che servono all’Isis come promozione mediatica e richiamo per giovani estremisti che giungono sempre più numerosi da molti paesi occidentali.

I volontari sono spesso invasati, con storie familiari difficili e adolescenze vissute nell’emarginazione delle grandi città; è il caso delle centinaia di australiani e di europei, molti di origine libanese o magrebina, che si arruolano nelle file del califfato islamico in Siria e in Iraq, sovente utilizzando i passaporti occidentali alla frontiera con la Turchia. A leggere le storie di questi ragazzi, si scorge una linea comune, di ignoranza, scarso o nessuno interesse per l’integrazione nelle società verso le quali hanno emigrato i loro genitori, vite vissute da emarginati, spesso con problemi di droga e infine, all’improvviso, la scoperta dell’Islam più integrale e conservatore, diffuso da predicatori salafiti che hanno meno di 40 anni, conoscono le lingue, sanno usare la cultura urbana come il rap, dominano il web e comunicano facilmente con giovani disadattati, che sanno poco di Corano e hanno tanti problemi sociali.

I jihadisti occidentali sono affascinati dalla dimostrazione di forza tipo Hollywood, con le decapitazioni, le esecuzioni di massa e le conquiste territoriali vissuti come gesta epiche. Abu Baqr al Baghdadi può contare ora su questa massa di invasati per consolidare le conquiste sul terreno e puntare a nuovi successi nelle aree limitrofe. L’Isis, ormai decine di migliaia di elementi, si fonda quindi su varie componenti: la base originaria, di provenienza locale, uomini umili che hanno guadagnato i gradi sul campo e che rivestono ora compiti di maggiore responsabilità; una elite di vecchi ufficiali di Saddam e di ex dirigenti del partito Baath tra Iraq e Siria, che costituiscono l’intellighenzia del califfato, ne decidono politiche e strategie e gestiscono le città e le aree occupate anche con buona dose di abilità e capacità manageriali; la massa degli stranieri, volontari utilizzati come carne da macello negli attacchi militari e che sono i più crudeli e sanguinari, i boia dei prigionieri occidentali decapitati.

Infine le popolazioni civili, in maggioranza sunniti, che beneficiano della gestione pubblica dei leader islamici e cominciano a sostenere il movimento jihadista. L’azione di contrasto al califfato, che controlla oltre il 25% della Siria e il 40% dell'Iraq, in una superficie che è equivalente al Regno Unito, per essere efficace dovrà essere capillare e mirata a combattere le diverse anime del movimento islamista; i bombardamenti aerei dovranno colpire le infrastrutture militari e le basi logistiche e di rifornimento; l’azione terrestre, dei peshmerga curdi e della fanteria regolare irachena, dovrà sconfiggere i jihadisti chilometro dopo chilometro ma dovrà evitare ogni abuso e sopruso sulle popolazioni civili, già frustrate da anni di abbandono e sofferenze.

Infine l’azione più importante e decisiva dovrà essere quella della immediata ricostruzione e l’ordinata gestione dei servizi pubblici, che non dovrà far rimpiangere alle popolazioni liberate i dirigenti del califfato. Se questa strategia funzionerà, i giovani volontari che si sono riversati dall’estero nelle fila dell’Isis non troveranno più terreno fertile sotto i loro piedi e finiranno per sciogliersi al vento e tornare nei paesi occidentali di provenienza, dove dovranno essere giudicati da tribunali severi e sottoposti ad una rieducazione morale e culturale che li faccia tornare ad essere persone adattate ad una vita senza odio né violenza.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:47