Estremismo islamico: gli errori di John Kerry

mercoledì 29 ottobre 2014


Quanto asserito dal segretario di Stato americano John Kerry, ossia che la mancanza di “una soluzione dei due Stati” ha alimentato l’avanzata del gruppo terroristico Stato islamico, corrobora la convinzione di come l’amministrazione americana non abbia alcuna cognizione di ciò che accade nei paesi arabi e islamici. Parlando a una cerimonia per la festa religiosa di Eid el-Adha, (la Festa del sacrificio, che si celebra alla fine del pellegrinaggio annuale alla Mecca, N.d.T.), Kerry ha detto che la ripresa dei negoziati di pace tra Israele e i palestinesi è di vitale importanza nella lotta contro l’estremismo islamico, compreso lo Stato islamico.

“Non c’è un solo leader tra quelli che ho incontrato nella regione che non abbia spontaneamente sollevato la questione della necessità di cercare di garantire la pace tra Israele e i palestinesi perché questa è una causa di reclutamento [nei gruppi estremisti, N.d.T.] e di rabbia e agitazione popolare”. Kerry ha inoltre asserito: “La gente deve capire il nesso esistente tra queste due cose. E ciò ha a che fare con l’umiliazione, il diniego e la mancanza di dignità”. In seguito, il Dipartimento di Stato americano ha negato il fatto che Kerry avesse potuto fare una dichiarazione del genere.

Il vice-portavoce del Dipartimento di Stato, Marie Harf ha detto ai giornalisti che le parole di Kerry sono state distorte per finalità politiche, e ha puntato il dito contro il ministro dell’Economia israeliano, Naftali Bennett.

“Ciò che Kerry ha asserito è che durante i suoi viaggi volti a costruire una coalizione contro lo Stato islamico, gli è stato detto che se il conflitto israelo-palestinese fosse stato risolto, il Medio Oriente sarebbe stato un posto migliore”, ha spiegato la Harf. Lo Stato islamico è uno degli effetti collaterali della “Primavera araba” che è iniziata come una rivolta laica contro la dittatura araba ed è generata in anarchia, disordini, terrorismo e massacri causando la morte di centinaia di migliaia di arabi e musulmani.

La “Primavera araba” non è scoppiata a causa del conflitto israelo-palestinese. Piuttosto, è stata il risultato naturale e inevitabile di decenni di tirannia e corruzione nel mondo arabo. I tunisini, gli egiziani, i libici e gli yemeniti che hanno rimosso i loro dittatori dal potere non lo hanno fatto per la mancanza di una “soluzione dei due Stati”. Né gli arabi sono insorti a causa del fallimento del processo di pace tra Israele e i palestinesi. Questa è l’ultima cosa che gli arabi avevano in mente quando sono scesi per strada a protestare contro decenni di dittatura e malgoverno.

È stata questa “Primavera araba” e non il conflitto arabo-palestinese a portare i Fratelli musulmani al potere in Egitto. Ed è la stessa “Primavera araba” che ha visto l’avanzata di gruppi terroristici islamici come il Fronte al-Nusra, il Fronte islamico, l’Esercito dei Mujahidin, lo Jund al-Sham e più di recente dello Stato islamico dell’Iraq e della Siria. L’avanzata dello Stato islamico è un risultato diretto dell’anarchia e dell’estremismo che hanno travolto i paesi arabi e islamici negli ultimi anni.

Le migliaia di musulmani che volontariamente si uniscono allo Stato islamico (SI) non lo fanno perché sono frustrati dalla mancanza di progressi nei colloqui di pace israelo-palestinesi. Essi non bussano alla porta dello Stato islamico perché sono delusi dal fatto che la soluzione dei due Stati non si è concretizzata. Kerry è comunque ingenuo a pensare che i jihadisti credano in qualcosa chiamato “soluzione dei due Stati”. L’unica soluzione in cui lo Stato islamico crede è quella che porterebbe alla creazione di un califfato islamico sunnita in Medio Oriente dove i non musulmani sopravvissuti ai massacri sarebbero obbligati a seguire la Sharia, la legge islamica.

Non solo lo Stato islamico è contrario alla “soluzione dei due Stati”, lo è anche all’esistenza di Israele e di uno Stato palestinese. Sotto il nuovo califfato islamico non c’è spazio per Israele, per la Palestina e per nessuno dei paesi arabi e islamici. Se Kerry avesse studiato gli obiettivi e l’ideologia dello Stato islamico, avrebbe scoperto che il conflitto israelo-palestinese non è nemmeno in cima alla lista delle priorità del gruppo. Infatti, la “liberazione di Bait al-Maqdis” (Gerusalemme) è al sesto posto tra gli obiettivi dello Stato islamico.

L’obiettivo primario del gruppo consiste nel seminare caos nei paesi arabi e islamici. In secondo luogo, il gruppo passerà a occuparsi di quello che definisce “la gestione delle barbarie” in questi paesi. In terzo luogo, esso avvierà il processo volto a creare un califfato islamico. In quarto luogo, lo Stato islamico procederà a “liberare i paesi vicini e ad espandere le dimensioni del califfato islamico”.

In quinto luogo, il gruppo avvierà il processo di “liberazione dei paesi islamici” tra cui anche Bait al-Maqdis. Ovviamente, Kerry ha capito male il discorso pronunciato lo scorso luglio dal leader dello Stato islamico, Abu Bakr al-Baghdadi. Quest’ultimo non ha parlato di “soluzione dei due Stati”. Non ha chiesto ai musulmani di unirsi al suo gruppo per la mancanza di progressi nel processo di pace israelo-palestinese. Piuttosto, al-Bghdadi ha detto si suoi seguaci che “ad Allah piace che noi uccidiamo i suoi nemici e che si faccia il jihad per amor suo. O Allah, concedici la vittoria sull’incredulità e sui miscredenti, e concedi la vittoria ai mujahidin, a Oriente così come in Occidente”. Ciò che Kerry forse non sa è che lo Stato islamico non è affatto interessato al conflitto israelo-palestinese.

Il gruppo terroristico non si è preso nemmeno la briga di esprimere opinioni sull’ultimo confronto militare tra Hamas e Israele nella Striscia di Gaza. Il fatto che lo Stato islamico non abbia espresso la sua solidarietà ai palestinesi né a Hamas durante la guerra ha suscitato forti reazioni di condanna da parte di alcuni dei più importanti giornalisti del mondo arabo. “Ciò che è sconcertante e strano è che lo Stato islamico e gli altri gruppi terroristici che pretendono di parlare in nome dell’Islam non abbiano fatto nessuna mossa quando gli aerei israeliani bombardavano i civili nella Striscia di Gaza”, ha sottolineato il giornalista egiziano Jamil al-Afifi.

“E nessuno dei suoi saggi ha condannato le uccisioni efferate (nella Striscia di Gaza)”. Kerry non ha rivelato l’identità dei “leader” che gli hanno detto che la mancanza di pace tra Israele e i palestinesi è stata “una causa di reclutamento e di rabbia e agitazione popolare” nei paesi arabi e islamici. Ciò che è chiaro, tuttavia, è che gli studiosi sunniti non sembrano condividere la valutazione di Kerry. Il mese scorso, più di 120 ulema sunniti hanno sottoscritto una lettera aperta che puntava il dito contro lo Stato islamico e le sue argomentazioni religiose. “Avete male interpretato l’Islam trasformandolo in una religione di crudeltà, brutalità, tortura e omicidio”, si legge nella missiva.

“Questo è un grande torto e una grave offesa fatti all’Islam, ai musulmani e al mondo intero”. Naturalmente, gli studiosi non menzionano il conflitto israelo-palestinese come causa dell’avanzata dello Stato islamico. Questo perché a differenza di Kerry, gli ulema sunniti sanno che lo Stato islamico è del tutto estraneo al conflitto israelo-palestinese. E diversamente da Kerry, essi comprendono appieno che lo SI ha più a che fare con l’Islam e il terrorismo che con qualsiasi altro conflitto.

(*) Gatestone Institute

 

Traduzione a cura di Angelita La Spada


di Khaled Abu Toameh (*)