Jihadismo: la “crescita” diffusa nei Paesi Bassi

giovedì 13 novembre 2014


Secondo un nuovo rapporto pubblicato dal Servizio di intelligence olandese, AIVD, il movimento jihadista generato in seno ai Paesi Bassi registra una crescita improvvisa ed esplosiva.

Il movimento jihadista olandese non solo cresce in dimensioni e si fortifica, ma diventa altresì sempre più aperto e provocatorio, sia online sia per le strade, come si legge nel rapporto che mette in guardia sul fatto che lo slancio crescente del jihadismo olandese rappresenti una minaccia senza precedenti per l’ordinamento giuridico democratico dei Paesi Bassi.

Il documento di 58 pagine, intitolato “La trasformazione del jihadismo nei Paesi Bassi: Dinamiche di sciame e nuova forza”, offre un’analisi approfondita dei vari fattori che sono alla base del “nuovo dinamismo” del fenomeno jihadista.

Secondo l’AIVD, il movimento jihadista olandese alla fine del 2010 avviò una fase di profonda trasformazione, quando a molti jihadisti fu impedito di lasciare i Paesi Bassi per unirsi ai compagni jihadisti in Pakistan e in Somalia.

Le successive interazioni con la polizia e le autorità giudiziarie olandesi indussero i jihadisti e altri membri dei loro network a migliorare il loro modus operandi, che finì per portare a una professionalizzazione interna del movimento.

Allo stesso tempo, i jihadisti olandesi iniziarono ad adottare tecniche di propaganda sviluppate dai colleghi jihadisti in Gran Bretagna. Ispirandosi a Islam4UK, un gruppo jihadista ora messo al bando e fondato dall’islamista britannico Anjem Choudary, i jihadisti olandesi lanciarono i loro movimenti attivisti, ossia Sharia4Holland e Behind Bars/Street Dawah (Straat Dawah).

“Facendo uso di tecniche attiviste come le manifestazioni di protesta e i volantinaggi per diffondere apertamente la provocatoria propaganda jihadista, questi gruppi sono stati in grado di mobilitare qualche musulmano e attirare nuove reclute”, nelle parole dell’AIVD. “In particolare, molti giovani hanno trovato il modo di manifestare i loro ideali jihadisti attraverso tali attività.”

I social media hanno aggiunto un’altra dinamica del tutto nuova al jihadismo olandese. Oltre a permettere comunicazioni e flussi di informazioni molto più intensi tra jihadisti, sia a livello interno sia a livello internazionale, i social media hanno cambiato la natura di questi flussi.

Prima della comparsa dei social media, le informazioni fluivano verticalmente (a livello gerarchico) da una persona a molte. Al contrario, le informazioni sulle piattaforme sociali come Facebook e Twitter fluiscono orizzontalmente (a livello paritetico) da molti a molti, ampliando così notevolmente le opportunità di interazione. Secondo l’AIVD:

“I jihadisti s’influenzano costantemente gli uni con gli altri attraverso i social media. I giovani sottoposti al processo di radicalizzazione setacciano Facebook in cerca di persone dalle idee affini e postano sui loro profili del materiale jihadista, influenzando così la propria cerchia di amici. Su Twitter i jihadisti discutono apertamente gli uni con gli altri e con chi muove loro delle critiche, che spesso è vittima di insulti o di cose peggiori. I jihadisti postano su Facebook anche le foto dei combattenti olandesi in Siria, foto che sono poi condivise dai membri delle comunità jihadiste. Anche le conferenze sono pubblicizzate su Facebook, in modo che i potenziali partecipanti possano vedere se le persone ne sono a conoscenza. Il mondo jihadista olandese è al contempo grande, piccolo e in rapida evoluzione.”

I social media hanno anche potenziato gli sforzi di reclutamento jihadisti:

“Poiché i sostenitori non possono o non vogliono unirsi alla lotta armata in Siria o altrove, i social media offrono una forma di coinvolgimento che permette loro di sentirsi jihadisti. È il loro modo di far parte della ‘Siria’ o della ‘guerra santa’ in generale, senza di fatto dover combattere. Dopo tutto, il movimento considera la dawah – predicare la “chiamata all’Islam” – una forma di jihad. Questa parità rafforza il legame esistente tra chi rimane a casa per praticare la dawah e chi parte per andare a combattere.

“Non c’è dubbio che negli ultimi anni le probabilità di entrare in contatto con il jihadismo – in particolar modo sui social media – sono notevolmente aumentate. Di conseguenza, è diventato possibile che una persona si trasformi più rapidamente da destinataria passiva dei messaggi del jihad a simpatizzante e poi sostenitrice. Esiste anche un pericolo reale che questi nuovi ‘jihadisti online’ si continuino a radicalizzare fino a perpetrare atti di violenza o partire per una zona di guerra. Infatti, è esattamente questo che hanno fatto i combattenti olandesi ora presenti in Siria. Essi si sono rapidamente evoluti da sostenitori a jihadisti in prima linea. L’AIVD ha accertato che molti di loro sono stati addestrati in Siria all’uso delle armi e hanno preso parte a dei veri combattimenti. Sappiamo anche che qualcuno è coinvolto in atrocità, come la decapitazione dei prigionieri.”

Secondo l’AIVD, i social media hanno cambiato la struttura e la coesione del movimento jihadista nei Paesi Bassi al punto da assumere le caratteristiche di uno sciame (nel senso di comportamento di gruppo). Questo significa che esso è fortemente decentralizzato, con parecchi singoli elementi che sono ampiamente autonomi. Nel complesso, tuttavia, essi mantengono la loro coesione e la direzione quasi come un’unica entità.

Il rapporto spiega che “lo sciame jihadista può essere molto dinamico e mutevole, ma sa anche muoversi come un corpo ben ordinato, nonostante a volte sembri capriccioso e imprevedibile”, e aggiunge:

“Il risultato di tutto questo è che i tentativi del governo di contrastare particolari jihadisti o certe strutture probabilmente ora avranno molto meno effetto sul movimento nel suo complesso rispetto a quelli fatti in precedenza. In particolar modo, se si tratta di azioni una tantum. Il movimento può essere realmente osteggiato solo se si impedisce la comparsa di nuove strutture e figure guida e se si continuerà a farlo sistematicamente per un periodo prolungato.”

Oltre agli sviluppi interni e strutturali che hanno trasformato il jihadismo olandese, diversi fattori contestuali, sia nazionali sia internazionali, hanno contribuito alla sua crescita.

A livello interno, il salafismo olandese ha subito un importante cambiamento ideologico.

Il salafismo è un movimento che invita i musulmani a tornare alla forma di Islam che era praticata ai primordi [un ritorno all’Islam puro riferibile ai primi anni dopo la morte del Profeta, N.d.T.]. I suoi seguaci rifiutano le idee, gli usi e i costumi che sono diventati parte della tradizione islamica nei secoli successivi.

Oggi, in seno al salafismo vi sono tre principali tendenze: apolitica, politica e jihadista. Tutte e tre perseguono lo stesso obiettivo finale: la creazione di una società basata esclusivamente sui principi dell’Islam “puro”.

A differenza della tendenza jihadista, le altre due tendenze – apolitica e politica – ritengono che il mezzo principale per conseguire questo obiettivo dovrebbe essere la dawah o la “chiamata all’Islam” nella forma di attività di predicazione e proselitismo. Al contrario, il salafismo jihadista dà priorità alla “necessità” di un jihad violento.

Negli ultimi anni, nei Paesi Bassi è emerso un nuovo gruppo di predicatori salafiti dawah che sono più radicali dei loro predecessori, e che hanno di fatto reso meno netta la linea di separazione tra il salafismo dawah e il jihadismo. L’AIVD spiega:

“Il loro è un messaggio radicale, che promulga non solo l’intolleranza ma attenua le differenze ideologiche tra il salafismo dawah e il jihadismo per quanto riguarda la legittimità della ‘guerra santa’. Questi predicatori non si considerano parte di un movimento separato da quello dei jihadisti (una distinzione che i salafiti dawah tracciano molto più chiaramente). E sono loro che esercitano la maggiore influenza sui giovani con tendenze o simpatie per il jihadismo.

“Che il salafismo dawah sia ormai diventato una sorta di terreno fertile per il jihadismo nei Paesi Bassi è dovuto in parte alla comparsa di predicatori che operano al di fuori della tradizione non violenta.”

A livello internazionale, il conflitto in Siria, iniziato nel marzo 2011, ha agito da catalizzatore, amplificando gli effetti di tutti gli altri sviluppi per produrre una crescita esplosiva del jihadismo nei Paesi Bassi.

Secondo l’AIVD, il gran numero di jihadisti olandesi che si recano in Siria mostra che “questo particolare conflitto ha assottigliato in modo significativo le barriere alla partecipazione attiva al jihad”. Nel rapporto si legge inoltre che la propaganda generata dal conflitto alimenta la crescita di un “risoluto jihadismo olandese” in cui i gruppi jihadisti “si spingono volutamente oltre i confini di ciò che è consentito dalla legge olandese”.

Alla fine, l’AIVD lancia un monito:

“Voci di presunti progressi dei jihadisti in Siria nella creazione di un califfato islamico in cui vige la legge della Sharia stanno già avendo un effetto visibile nei Paesi Bassi, in quanto i sostenitori di questo obiettivo finale si stanno sempre più radicalizzando. Queste voci – provenienti soprattutto da gruppi come lo Stato islamico – convincono i sostenitori e i simpatizzanti che il califfato non è un’utopia ma un obiettivo realizzabile per la Siria e le altre nazioni musulmane, e anche per i Paesi Bassi.

(Traduzione a cura di Angelita La Spada)

(*) Gatestone Institute


di Soeren Kern (*)