L’estetica dei negoziatori con l’Iran

Hanno acciuffato i miei capelli, trascinandomi m’hanno scaraventata in una piccola stanza, dove c’erano una scrivania con una sedia ed altre due sedie vuote più in là. M’hanno fornito carta e penna e intimato: scrivi! Io, con le manette ai polsi, ho scritto: “quando sono stata aggredita dal dottor Sarbandi, per difendermi l’ho colpito con un colpo di coltello”. Appena ho finito di scrivere, sono stata colpita violentemente e all’improvviso alla nuca; era l’inquisitore, Karami. Ho sbattuto la testa sulla scrivania. Karami ha preso il foglio, l’ha fatto in mille pezzi e ha detto: scrivi di nuovo, ma questa volta scrivi la verità!

Ecco cosa chiedono gli uomini di regime; carcerieri, emissari o ministri che siano. La “verità”. Una verità funzionale alla legge della sopravvivenza di un regime asfissiante. Questa è la macabra scena di un interrogatorio nelle carceri iraniane. Torturare fino alla morte per una confessione, estorsione della verità, dove tu devi confessare ciò che è conveniente al sistema del potere islamico in Iran. Una casa della morte dove è entrata Reyhaneh, e ne è uscita senza vita. È la legge e la prassi consolidata di un regime che non ha mai nascosto i suoi sanguinari artigli agli iraniani, sebbene all’occorrenza abbia ostentato il sorriso ad uso e consumo delle cancellerie occidentali. La tortura è legge dello Stato islamico al potere in Iran. Anzi è un vanto e per questo gli occidentali -così dicono gli uomini del regime- devono ringraziarli. Ecco perché qua e là qualche occidentale che sale a bordo della generosa macchina della lobby bacchetta, in sintonia con i mullà, noi iraniani stremati da queste bestie feroci. Perché noi ripudiamo il dialogo con gli assassini dei nostri figli, non solo perché è indecente, ma soprattutto perché inutile e dannoso.

Perché dà adito al regime di aumentare la sua ferocia, perché il “dialogo” degli occidentali lava il sangue dalle mani degli uomini del regime. A chi si stupisce che da quando s’è insediato il “moderato” Rouhani le impiccagioni in Iran sono aumentate, ricordiamo che era così anche con Khatami. Il regime dei mullà è stato condannato, il 18 novembre, alla Comitato dell’Assemblea generale dell’ONU per la perpetua violazione dei Diritti Umani. L’aumento del numero di impiccagione in durante la presidenza di Rouhani è impressionante. Qualche “avveduto” e “imparziale” esperto o ex ministro occidentale s’ostina ad afferma che in Iran ci sono elezioni quindi c’è la democrazia. Nella Costituzione (palesemente antidemocratica) dello Stato islamico dell’Iran è scritto che tutte le leggi devono corrispondere alla sharia e che l’organo che decide la consonanza e quindi la validità delle leggi è il vali-e faghih (giurisperito religioso). Anche chi decide la consonanza dei candidati alla sharia per le elezioni è un organo religioso, il Consiglio dei Guardiani. Quindi tutto il sistema diventa una farsa messinscena in un circolo chiuso a cui i “cittadini” sono chiamati a prendere posto. In una democrazia c’è la libertà di partecipazione, di critica e dissidenza; nelle Repubblica islamica no. Nella Repubblica islamica sono stati impiccati in decine di migliaia per il “reato” d’opinione, ed ora in carcere si trovano in molti, tra cui numerosi giornalisti, solo per aver espresso la loro idea.

Le istituzioni dello Stato islamico al potere in Iran solo apparentemente sembrano democratiche: l’assenza di libertà a tutti i livelli è un dato di fatto. La Costituzione iraniana e tutta la complessa macchina del potere islamico in Iran fa acqua, dal punto di vista teorico, dappertutto. È però la prepotente e despotica prassi della gestione del potere che ha stremato il paese a la popolazione. Soprattutto il califfato di Khamenei, sin dal suo insediamento, ha creato con la “Casa della Guida” un organo di potere totalizzante che detiene di fatto le redini della gestione del paese. Quindi la Guida (Khamenei) nello Stato islamico dell’Iran sovrintende, designa e controlla tutta la politica interna e estera che gestisce personalmente. Noi iraniani, con l’oppressione sulla pelle, attestiamo l’evidenza che il regime teocratico iraniano fa parte del problema del Medio Oriente e non della soluzione. È una mera illusione pensare di risolvere le problematiche del Medio Oriente senza mettere al centro la questione dei Diritti Umani.

I fatti lo dimostrano, anche se i desideri pelosi dei commensali alla tavola della lobbying lo ignorano. Il gioco di dividere il regime in buoni e cattivi è un macabro balletto, che ridicolizza chi lo sostiene e mette a repentaglio la pace e la stabilità della Regione. Inganna solo chi vuole essere ingannato. Non è un caso che il presidente degli Stati Uniti scrive al “cattivo” Khamenei. La guerra intestina al regime islamico è per avere una fetta maggiore di potere, per spartirsi le ricchezze di un paese con una popolazione affamata. La vera contesa in Iran è una lotta secolare per la libertà e la democrazia, che è il popolo a condurre. Il regime islamico al potere non ha la democrazia nelle sue corde, perciò l’Occidente deve fare una volta per tutte una scelta di campo. Solo un Iran democratico potrà dare il suo contributo indispensabile per la stabilità del Medio Oriente. L’Occidente vuole davvero un Medio Oriente democratico, pacificato e quindi stabile?

L’assassinio di Reyhaneh è un assassinio politico. Il numero troppo alto di impiccagioni serve a incutere paura, come le aggressioni con l’acido ai volti sfregiati delle donne. Chi ignora la perpetua violazione dei diritti umani in Iran -dopo 60 condanne degli organismi dell’ONU- ha le mani lorde del sangue innocente di Reyhaneh, di Nedà e di molti altri giovani iraniani vittime della spietata repressione del regime. La recente lettera (è la quarta) di Barack Obama a Khamenei, oltre ad essere ripugnante, mette in evidenza la confusione del Presidente americano nella questione mediorientale. Una confusione da cui nasce l’Isis che fa le sue prime vittime sempre tra le genti della Regione. I negoziatori occidentali con la dittatura al potere in Iran sappiano che in questo momento storico stanno prendendo la parte degli oppressori del popolo iraniano. Quei “negoziatori”, che non hanno neanche l’alibi dell’incarico governativo, portano una responsabilità etica e morale ancor più pesante ed incomprensibile, se non li iscriviamo alla lobbying di regime. E quando tra i “negoziatori” le donne accorrono velate alla corte dello Stato islamico di Teheran, non si rendono forse conto che con quella sembianza, esteticamente indecente, affossano la lotta delle donne iraniane per la libertà, anche quella minima di scegliere come vestirsi? Hanno chiesto a Reyhaneh di dichiarare il falso per aver salva la vita, ma la povera creatura ha dato la vita per non dire menzogne. Cosa potranno mai combinare con la dittatura religiosa al potere in Iran quegli sventurati “negoziatori” se dall’altra parte, quella del popolo iraniano, si manifesta questa volontà? Perderanno onore di certo e causeranno guerra.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:32