Pakistan, la strage degli innocenti

I Talebani del Pakistan hanno dichiarato guerra all’istruzione. Non è la prima volta, purtroppo, che prendono di mira scuole, studenti e studentesse. Basti pensare al tentato omicidio di Malala Yousafzai, la ragazzina, blogger, aggredita a colpi di pistola, che ha vinto il Nobel per la Pace del 2014. Ieri, come in una macabra celebrazione della consegna dell’illustre premio, i Talebani hanno fatto irruzione in una scuola di Peshawar, una delle principali città del Pakistan e hanno assassinato 141 persone, fra cui 132 bambini e 9 fra insegnanti e impiegati dell’istituto.

La scuola presa di mira non è una qualunque: è la Scuola Pubblica Militare di Peshawar, situata vicino alle principali basi militari dell’esercito nella città del Nordovest pakistano. Sono stati colpiti direttamente i familiari dei militari impegnati nella guerriglia contro gli jihadisti. Si tratta di una risposta estremamente sanguinosa, già rivendicata dai Talebani, alle operazioni militari lanciate dall’esercito regolare contro la guerriglia nelle regioni tribali del Waziristan del Nord e nel passo di Khyber, al confine con il Pakistan.

Benché i pakistani siano ormai drammaticamente assuefatti agli attentati e alla guerriglia dei Talebani, questo atto di terrorismo è il più sanguinoso di sempre e le perdite sono le più dolore immaginabili. Ben 132 militari impegnati al fronte hanno perso i loro figli. L’impatto sul morale delle truppe è persino difficile da immaginare. I Talebani, in compenso, hanno subito una perdita irrilevante, dal loro punto di vista: tutti e sette i terroristi impegnati nell’azione sono stati uccisi dalle truppe pakistane o si sono fatti esplodere. Tutti, in ogni caso, indossavano cinture esplosive e dunque erano lì per cercare la morte, oltre che per uccidere.

Il commando suicida-omicida ha scalato il muro di cinta della scuola, si è introdotto nell’edificio principale e lì ha dato il via alla mattanza. Secondo le prime ricostruzioni, di testimoni scampati all’eccidio, i sette terroristi hanno fatto incursione, prima di tutto, nell’auditorium della scuola, dove gli studenti stavano facendo pratica di pronto soccorso. In quell’aula si è consumata la prima strage. Poi, i Talebani hanno iniziato a passare al setaccio tutti i corridoi, classe dopo classe, sparando a zero sui bambini per ammazzarne il più possibile. Un piccolo sopravvissuto, intervistato dalla Bbc, è per esempio l’unico sopravvissuto di un gruppo di 10 scolari che hanno cercato di correre fuori dalla scuola. Evidentemente i membri del commando sparavano addosso anche a tutti coloro che cercavano di scappare. Si è salvato anche chi si è finto morto, come nel caso di una ragazzina, gravemente ferita e coperta di sangue: nel suo caso i terroristi hanno deciso di passare oltre. Le teste di cuoio pakistane sono intervenute tempestivamente, anche a causa della vicinanza delle basi militari. Ma i terroristi, a questo punto, si sono dispersi e nascosti, per iniziare il solito “gioco a nascondino” tipico di questi assalti, con trappole esplosive piazzate nei punti chiave, sparatorie a intermittenza, agguati e la minaccia latente di trovarsi di fronte a un kamikaze pronto a farsi saltare in aria assieme ai suoi cacciatori. Alla fine, l’operazione è durata nove ore. Solo nel tardo pomeriggio di ieri, le autorità pakistane hanno dichiarato la fine dell’emergenza.

Il numero dei feriti è tuttora sconosciuto. Incalcolabili le ferite psicologiche rimaste addosso ai sopravvissuti e ai loro parenti. Difficile prevedere, anche, quale sia la ferita lasciata nella nazione da un attacco crudelissimo come questo. Finora le operazioni militari nel Waziristan del Nord hanno avuto uno scarso appoggio politico e sono sempre state molto impopolari. L’opinione pubblica pakistana, nei confronti dei Talebani, è sempre stata divisa. Una parte di essa, soprattutto nell’Ovest del Paese, è esplicitamente simpatizzante con gli jihadisti. E anche fra le istituzioni l’ambiguità regna sovrana dagli anni ’90 ad oggi. Se i Talebani sono considerati nemici pubblici, c’è più che un sospetto che essi godano del tacito appoggio dell’Isi (il servizio segreto pakistano), di una parte delle forze armate e della polizia. Questo spiega, appunto, perché in tredici anni di guerra al terrore, la minaccia non sia mai stata stroncata. Adesso il Pakistan non può più rimanere indifferente. Cosa provocherà la strage degli innocenti? O una completa demoralizzazione, o la presa di coscienza che i Talebani sono un nemico, un nemico ben più crudele dei “sionisti” (odiati da una delle popolazioni più antisemite del mondo) o degli “imperialisti” americani, o persino degli indiani, che tutto sommato hanno sempre combattuto guerre regolari contro il Pakistan, ma mai si sarebbero sognati di usare metodi terroristici vili fino a questo punto. Da questa tragedia il Pakistan si risveglierà più cosciente di prima o lacerato. Solo il tempo potrà dirlo. In ogni caso, nulla sarà più come prima.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:53