Ecco come l’Unione  ha pugnalato Israele

Per caso l’Unione Europea ha deciso di dichiarare guerra a Israele? L’importante è essere chiari. Perché nonostante tutte le assicurazioni verbali allo Stato ebraico, le azioni dei parlamenti nazionali, il Tribunale dell’Ue e poi anche del Parlamento europeo, dimostrano un’ostilità senza pari.

Andiamo con ordine, dall’ultima notizia alla prima. Ieri pomeriggio, con un voto di 498 sì, 88 no e 111 astensioni, il Parlamento europeo ha votato per il riconoscimento di uno Stato Palestinese indipendente, nei confini armistiziali che hanno retto dal 1949 fino al 1967. I dissensi sono stati pochissimi, si contano sulla punta delle dita. Il gruppo di Forza Italia è uscito dall’aula per protesta. “Pur riconoscendo il lavoro fatto dal Ppe per mitigare le posizioni della sinistra europea - spiega Elisabetta Gardini - come delegazione di Forza Italia permangono rispetto al testo di questa risoluzione ancora delle ambiguità e troppe tracce della versione originaria a cominciare dal titolo. Per questo motivo, proprio per marcare politicamente il nostro dissenso, al momento del voto tutta la nostra delegazione ha abbandonato l’aula”. Ancor più contrario, per una questione di principio, è l’euroscettico inglese Nigel Farage: “Il riconoscimento degli Stati è di competenza delle nazioni, non del Parlamento europeo che non ha questo potere: questo voto va annullato”. Ma tutti gli altri, o quasi, hanno votato a favore. Tutti, dal Ppe ai Socialisti e Democratici, passando per i Liberali europei si dicono a favore di una “Palestina indipendente”. Inutile fare, in questa sede, qualunque excursus storico sull’origine del conflitto. Basti sapere, però, che il concetto stesso di una Palestina araba, contrapposta a quella ebraica, nacque nel 1964, dietro la spinta dei regimi arabi, dopo che questi avevano mancato l’obiettivo di disintegrare lo Stato ebraico con la guerra del 1947-49. Basti constatare che il confine che resse fino al 1967 divideva in due Gerusalemme (sulla linea in cui attualmente passa l’unica linea tranviaria della città) e che il Muro Occidentale, primo luogo sacro dell’ebraismo, trovandosi nel settore arabo, era precluso agli ebrei. Occorre anche ricordare che Israele si trova, proprio in questi mesi, sotto costante attacco terroristico e che l’Autorità Palestinese non si è mai mobilitata per impedire le azioni criminali di chi agisce nel nome della Palestina, nemmeno quando due terroristi hanno compiuto l’ultimo massacro nella sinagoga di Har Nof, un sobborgo di Gerusalemme. E non si deve dimenticare che, dalla primavera scorsa, la stessa Autorità è governata da un esecutivo di unità nazionale che include anche Hamas, un’organizzazione che prevede, sin dal suo statuto, l’annientamento di Israele. Ecco: basta ricordare solo questi quattro o cinque dati di realtà per comprendere con quanta leggerezza, con quanta superficialità, con quanto sprezzo del pericolo, la schiacciante maggioranza degli eurodeputati abbia espresso un voto che mette in pericolo la vita di 8 milioni di cittadini ebrei, arabi, drusi e beduini dello Stato di Israele.

Già che si parlava di Hamas: l’altra notizia di ieri è la sua cancellazione dalla lista nera Ue delle organizzazioni terroristiche. Una cancellazione a metà, a dire il vero. Perché a pronunciarsi a favore della riabilitazione degli jihadisti palestinesi è stato il Tribunale dell’Ue, un gradino sotto la Corte di Giustizia dell’Ue. Ma la Commissione Europea non ha, almeno per ora, accettato il verdetto ed è ricorsa in appello. Dunque, prima di smettere di definire “terrorista” Hamas, si deve ancora attendere un po’ di tempo e un altro grado di giudizio. Dopodiché, anche l’organizzazione che mira esplicitamente alla distruzione di Israele può essere considerata “partito politico”, legittimo tanto quanto il Ppe o i Socialisti e Democratici europei. Interessanti le motivazioni della sentenza. Leggiamo infatti, che per i giudici europei “In today’s judgment, the General Court finds that the contested measures are based not on acts examined and confirmed in decisions of competent authorities but on factual imputations derived from the press and the internet”. Tradotto in senso letterale: “nella sentenza odierna, il Tribunale di Primo Grado ritiene che le misure contestate siano basate non su fatti esaminati e confermati da decisioni di autorità competenti, ma da imputazioni fattuali basate su fonti di stampa e Internet”. Tradotto dal burocratese: Hamas non è terrorista, subisce calunnie su Internet e sui giornali. Come se non bastasse l’ondata di attentati suicidi, commessi dalle brigate Al Qassam (il braccio armato di Hamas), assieme alle Brigate Martiri Al Aqsa, al Fronte Popolare e alla Jihad Islamica, dal 2000 al 2005 contro Israele, un attacco continuo che causò la morte di circa 1000 civili israeliani. Come se, da Gaza, non fossero mai partiti centinaia di razzi ogni mese, una pioggia di ferro ed esplosivi volta a uccidere civili, nelle città del Sud di Israele. E come se Hamas non avesse neppure rivendicato, pubblicamente, il rapimento e l’omicidio di tre ragazzini ebrei, lo scorso giugno: rapiti e uccisi solo perché erano ebrei, studenti di una scuola religiosa, non certo perché erano politici in vista, tantomeno soldati armati. Ma tutto questo, per il Tribunale, non è terrorismo. Evidentemente. Dunque, anche su un piano puramente giuridico, l’Ue ha spianato la strada per il riconoscimento della Palestina. Anche se questo nuovo Stato dovesse essere governato da Hamas (che, in caso di elezioni, oggi otterrebbe, probabilmente, la maggioranza assoluta).

La decisione di riconoscere la Palestina, Hamas inclusa, sembra già esser stata presa da numerosi parlamenti nazionali. L’ultimo, in ordine di tempo, è stato quello del Lussemburgo. Ma prima c’era stato un voto a favore della Palestina da parte del Parlamento irlandese, lo scorso 12 dicembre. L’hanno preceduto l’Assemblea Nazionale francese, lo scorso 2 dicembre. Che a sua volta è stata preceduta dal Parlamento spagnolo il 18 novembre (proprio lo stesso giorno del massacro nella sinagoga di Har Nof) e del Parlamento britannico, il 13 ottobre. A guidare le iniziative pro-palestinesi era stata la Svezia, con una dichiarazione del nuovo governo di centro-sinistra di Stefan Löfven, il 5 ottobre, seguita dal riconoscimento formale della Palestina il 30 ottobre. L’iniziativa svedese, per ora unica nel suo genere, ha dato il via all’effetto domino.

La maggior parte dei giornali italiani, poi, ha già di fatto riconosciuto la Palestina e disconosciuto Israele. Quasi tutti, infatti, parlano di reazione furiosa, alle notizie dei voti europei, del “governo di Tel Aviv”. Quando tutti sanno che la sede del governo e del parlamento israeliani sono a Gerusalemme, da decenni. Le maggiori penne italiane (ed europee) hanno già, per conto loro, tracciato il confine del 1967. E hanno eletto Gerusalemme a capitale della Palestina.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:50