Le responsabilità in un’Europa da ricontrattare

Il Governo di Matteo Renzi - non eletto come i precedenti di Monti e Letta, sempre di sinistra e tutti e tre al potere grazie a Giorgio Napolitano - si accontenterà di trattare il caso greco come un caso singolo, specifico, accetterà una lieve ristrutturazione del debito greco senza rimettere in discussione alla radice l’organizzazione della zona euro. E perché sarà così miope politicamente? Perché i governi sono stati rubati, ed essendo loro illegittimi, sono incapaci e inadatti a pensare, volere, deliberare e fare. Si dice comunemente che “la classe non è acqua”, vale a dire che se non hai le “carte” giuste niente hai e niente avrai; se cioè le basi sono malsane (come lo sono) non si può costruire niente di buono.

Se questa sinistra ladra al governo (pure fuori da quello) non è stata in grado di capire ed essere, come si vuole che sappia fare o costruire? Mancano le basi, manca tutto. Qualcuno ha letto la penosa lettera del miracolato ministro degli Esteri (da rimuovere), Paolo Gentiloni, al Corriere della Sera? C’è in quello schifo di parole ignobili tutta l’insulsaggine e la vigliaccheria di un’intera classe di sinistra miracolata da un popolo ingannato ed a cui tuttora si nega il voto. Questi inutili idioti hanno passato tanto di quel tempo a spiegarsi che il trattato di bilancio del 2012 funzionava, che oggi sono sbiancati di fronte al disastro voluto e creato da loro.

È così complicato cambiare i trattati? Per loro è un’impresa mastodontica perché tutto è difficilissimo quando non lo si sa fare, quando si è inadatti a farlo. Nel 2012 sono bastati sei mesi per scrivere tutte quelle baggianate, si ricordi la “fretta” e l’urgenza di Monti non solo ad essere nominato immeritatamente quanto ingiustificatamente da Napolitano senatore a vita (poltrona che non molla neanche sotto tortura, senza vergogna né dignità) ma a far passare, consenzienti tutti i parlamentari, le ferree regole di rigore ed austerità, inserite perfino in Costituzione in Italia. Tutto impedisce all’intero corpo politico che mangia i nostri stipendi di prendere misure in attesa che si scrivano ed entrino in vigore nuove regole. Riconoscere gli errori, piuttosto che aspettare nuovi scossoni politici, che arriveranno dalla destra più estrema? Non sanno neanche di cosa si parli, perché a loro va bene così, perché a loro non è mai andata bene così. Se la godano, tanto dura poco. Quando c’è pressione, da qualche parte, vuoi o non vuoi, sfiata. È solo questione di tempo. Si potrà barare ancora qualche periodo, poi, ciò che deve succedere, succederà.

Ma chi volete che abbia la testa, tra queste macchiette che ci governano in base a un potere rubacchiato malamente, di cogliere il caso della Grecia e proporre in Europa un’autentica ricontrattazione dell’eurozona? La Germania è con le spalle al muro, si è fatta tante di quelle risate alla faccia dell’Europa che l’ha pagata, che oggi è lì che osserva come si mette il nuovo corso, non potrebbe cioè fare a meno di accettare compromessi, molti compromessi.

Il nuovo piano Quantitative easing della Bce non basterà a risolvere i problemi europei perché un sistema di moneta unica con diciotto debiti pubblici e diciotto tassi d’interesse differenti è di per sé fondamentalmente instabile. Per “giocare” alla vera Europa c’è bisogno di un’unione politica e di un’unione di bilancio dell’eurozona più condivisa e stringente, con decisioni prese a maggioranza all’interno di un Parlamento autenticamente democratico. La banca centrale non è legittimata per questo, non serve a questo. Per la vera Europa, per la crescita e il benessere, servono teste e regole nuove. Se si ha una stessa moneta, l’euro, la politica economica dev’essere coordinata, e in maniera democratica. Non cioè applicando regole meccaniche e sanzioni automatiche, com’è da prima del 2011, e i cui effetti hanno prodotto una riduzione drastica dei deficit e la recessione generalizzata dell’eurozona, con la disoccupazione che è esplosa e i debiti pubblici sono aumentati.

Deficit e investimenti sono decisioni politiche, che devono potersi adattare velocemente alla situazione economica. Ciò in maniera democratica, nel quadro di un Parlamento dell’eurozona in cui ogni Parlamento nazionale sia rappresentato in proporzione alla popolazione del rispettivo Paese. Una nuova governance democratica consentirà di poter rivalutare la proposta di mettere in comune i debiti pubblici superiori al sessanta per cento del Pil, al fine di condividere lo stesso tasso d’interesse e per prevenire anche crisi future, oltre che istituire un’imposta sulla società unica per tutta la zona euro, per stoppare il cosiddetto dumping fiscale.

Ma chi potrebbe pensarlo o farlo in Italia? Giuliano Amato, Franco Bassanini e Linda Lanzillotta, Anna Finocchiaro, Sergio Mattarella, Dario Franceschini, Pier Carlo Padoan e Roberto Garofoli sono tutti legati a fondazioni del Pd, la bassaniniana Fondazione “Astrid” e la dalemiana Fondazione “Italianieuropei”, di cui è membro, guarda caso, Giulio Napolitano, amico di Paola Severino e sponsor di Sabino Cassese. Da quale “pulpito” volete che venga fuori l’idea della nuova Europa di cui abbiamo bisogno?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:58