Iran, la distruzione non è negoziabile

sabato 4 aprile 2015


Durante giorni di grandi e importanti negoziati sul nucleare iraniano, una nota che non dovrebbe sorprendere sono le parole del generale iraniano Mohammd Reza Naqdi che con grande candore e sincerità esclude dal tavolo dei negoziati la distruzione dello stato ebraico.

Il significato di una simile affermazione trova fondamento non solo nella politica dello stato islamico, evidentemente non sfavorevole al negoziato riguardo al proprio arsenale bellico, ma nella necessità di dare una voce realmente islamica e universale a tutti coloro, e non sono certo pochi, che non dimenticano il vero obiettivo per cui l’Islam dovrebbe combattere: governare il mondo secondo la propria legge. Israele è, all’interno di questa visione, una presenza intollerabile, e la sua cancellazione appunto non-negoziabile. Nel corso della storia recente mediorientale si può trovare un parallelo, risalente alla vigilia della guerra dei sei giorni, quando il presidente egiziano intervistato sul ripreso controllo sullo stretto di Tiran e considerato un atto di guerra da parte di Israele, rispose diretto con grande lealtà: La vera questione non è l’accessibilità o meno delle navi israeliane allo stretto di Tiran o la possibilità in generale della navigazione israeliana nelle acque della zona, il punto chiave è l’esistenza d’Israele, che non può essere tollerata. Queste parole, pronunciate prima dell’occupazione dei territori palestinesi portano nella loro più intima essenza, le stesse considerazioni di quelle del generale Naqdi.

Israele non deve esistere, prescindendo da qualsiasi sua azione, o comportamento, da qualsiasi governo o strategia politica. Israele è e sempre resterà un’entità illegale e criminale per il solo, mero fatto di esistere. Israele delenda est, punto e basta. Se prima questo progetto aveva un sapore prevalentemente pan-arabo e di riconquista di una terra araba sottratta “illegalmente” da una forza straniera, adesso il valore religioso, e della missione ultima della religione islamica nel mondo, ha aggiunto una elemento universalistico, in cui le terre che in qualsiasi tempo della storia dell’uomo sono state governate dal diritto islamico ad esso devono tornare. Proprio questo elemento, difficilmente digeribile dall’occidente e dalle sue pretese laicizzanti, rende le parole di Mahammad Reza Naqdi più pericolose di quelle del presidente ‘Abd al-Nasir.

La non-negoziabilità della distruzione d’Israele non differisce dalla non-negoziabilità dell’applicazione della legge di Dio, secondo cui l’universalità del messaggio coranico è ineluttabile. Nella chiara e profonda distinzione delle terre, dei popoli e degli stati secondo la religione islamica, Israele e la sua esistenza è solo un punto di partenza, la presenza forse più irritante e meno tollerabile per coloro che desiderano l’applicazione della Shari’a, ma che non dovrebbe comportare differenze sostanziali dalle altre terre precedentemente musulmane, e su un ampio raggio temporale, da tutto il pianeta. Questa verità evidente non trova spazio di dibattito, e le mostruose contraddizioni che essa implica sono, volutamente o meno, ignorate.

I negoziati che si sono conclusi ieri con un accordo preliminare sul programma nucleare iraniano, hanno visto un Iran molto lucido nei confronti dei propri interlocutori e nemici, sui quali, malauguratamente, non si possono fare affermazioni analoghe. La mancanza d’insistenza su queste tematiche da parte dei 5+1 porterà a una vittoria della Repubblica Islamica, la quale non solo si doterà di armi potenti, ma non esiterà a farne uso a seconda dei suoi interessi e progetti.


di Nicola Seu