L’inganno atomico

sabato 11 aprile 2015


Ora che è terminato, forse, il giubilo dei mass media occidentali, italiani, sull’accordo che non è un accordo ma un “quadro di un’intesa” tra il regime teocratico iraniano e i 5+1, possiamo tentare di tracciare un’analisi della questione nucleare dei mullà. Intanto prendere atto che il regime teocratico iraniano stava producendo le armi nucleari, e non è vero che i suoi progetti nucleari avevano scopi civili; si tratta dunque di bugiardi. Che scoperta! Mentre qui in Occidente si strapazza la sete di libertà del popolo iraniano, i giornalisti occidentali non sanno che farsene di quella libertà lasciatagli in eredità, a caro prezzo, dai loro padri e nonni. Quelli, anziché prendere l’esempio da una Oriana Fallaci, seguono religiosamente una Christiane Amanpour, da una vita collocata nel grembo dello Stato islamico al potere in Iran. I giornalisti occidentali, italiani, in un coro coatto, inneggiano alla vittoria del regime liberticida iraniano perché ha risolto la questione nucleare. Il coro, intanto, si dimentica “sistematicamente” di fare cenno di chi ha rivelato il segretissimo progetto per la costruzione di armi nucleari, cioè l’organizzazione dei Mojahedin del popolo iraniano, l’opposizione al regime. La storica testata di Prima Pagina di Radio3 è arrivata a censurare, senza pietà, la voce della dissidenza che intendeva equilibrare di un grammo l’inno trionfale sull’accordo.

Ma cos’è questo “quadro d’intesa”, che forse diventerà accordo? Intanto bisogna ricordare che ci sono più versioni: quella americana volta a sedare le proteste di chi non si fida del perfido regime teocratico iraniano; quella dei mullà che, con la loro tipica furbizia, rovescia l’intesa a suo piacimento per farla diventare digeribile alle varie fazioni del regime; e in fine quella francese che cerca di avvicinarsi al testo originario. Ciò che si evince, però, dalle dichiarazioni officiose, trapelate qua e là, non lascia molti dubbi che si tratterebbe di un cattivo accordo, qualora fosse firmato. Il fatto cruciale è che questo “accordo” non rimuoverà la possibilità del regime di ottenere armi nucleari, lo potrebbe ritardare. L’intesa è temporanea, dura 10-15 anni. Le 19000 centrifughe si ridurranno a 6104 IR-1 di prima generazione, di cui 5060 adibite ad arricchire l’uranio del 3,67% per i prossimi 10 anni.

Il regime iraniano ha accettato di non arricchire l’uranio al di là della soglia del 3,67 per cento per almeno 15 anni, e ciò avverrà solo nel sito di Natanz con le centrifughe IR-1. Quelle più sofisticate verranno rimosse oppure non usate per almeno 10 anni. Il regime ha, inoltre, accettato di non costruire altre istallazioni adibite all’arricchimento dell’uranio per i prossimi 15 anni. I 10000 kg di uranio arricchito saranno sostituiti con 300 kg al 3.67% di arricchimento. La centrale di Fordow sarà convertita e usata come centro nucleare, fisico, tecnologico e di ricerca, esclusivamente per fini sanitari o agrari. Il regime teocratico ha dovuto accettare anche di ricevere ispezioni regolari in tutte le sue centrali nucleari dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA). Per un regime cupo e chiuso non è tanto gradevole. Le ispezioni riguarderanno anche le miniere di uranio e le Yellow cake. Inoltre il reattore di acqua pesante di Arak sarà riconvertito per non produrre plutonio puro da poter essere usato per usi militari.

Nonostante le tante raccomandazioni del regime, per bocca del suo leader maximum Ali Khamenei, di revocare le sanzioni appena dopo la firma, le sanzioni imposte sull’Iran da Stati Uniti e Unione Europea non saranno rimosse prima che la IAEA abbia verificato che il regime di Teheran abbia preso tutte le misure necessarie per rispettare i parametri di Losanna. Lo Stato islamico di Teheran, data la sua natura, potrà osservare l’accordo? Un regime detestato dalla sua popolazione e sull’orlo del precipizio economico che ha speso per i suoi progetti nucleari più 300 miliardi di dollari, e oltre 2000 miliardi per l’indotto, non lascia grandi margini di fiducia. Il suo dominio sull’Iraq, Siria e Libano, tollerato sostanzialmente dall’Occidente, dopo i fatti dello Yemen ha suscitato una decisa e coesa reazione da parte dei principali paesi mediorientali e del Pakistan. La controparte statunitense, Barack Obama, dopo il suo totale fallimento nella politica estera -la cui conseguenza sono i focolai di guerre qua e là e il mondo assai meno sicuro di prima- aveva bisogno non meno di Teheran di un accordo. Ecco la molla principale per arrivare, dopo una lunghissima maratona, al quadro d’intesa, senza nulla di sicuro per la firma dell’accordo finale a giugno. La somma di due debolezze non è necessariamente una forza, ma in questo caso è sicuramente una debolezza ancor più grande. All’inizio del mandato la Casa Bianca voleva smantellare il programma nucleare iraniano, ora si accontenta di contenerlo e controllarlo, accettando metamorfosi, quantomeno sospette, di centrali nucleari in “centri di ricerca”. I tifosi del regime teocratico di Teheran temo che dovranno rimandare le loro feste. La principale contesa del regime islamico di Teheran rimane con il suo popolo che non vuole il regime e per questo viene oppresso violentemente. Per quanta riguarda la sensibilità dei governi occidentali sulla materia dei diritti umani, ricordiamo solo che, nel periodo in cui trattavano allegramente, in Iran venivano impiccate più di 1000 persone. Del resto i governi occidentali tra il desiderio di libertà del popolo iraniano e la dittatura di turno hanno scelto sempre la dittatura. Il presidente statunitense Barack Hossein Obama su questa strada tracciata è soltanto più zelante. Lo confermano le molte lettere che ha scritto al capo dello Stato teocratico di Teheran Khamenei. Chi sostiene che non ci sia altra scelta tra l’appeasement o la guerra per fermare i progetti della dittatura iraniana o non sa oppure è in malafede. La medicina per la problematica del Medio Oriente, per l’Iran, è la democrazia, che solo uno stato laico e di diritto potrà garantire. Chi conosce il popolo iraniano sa che questo è il suo autentico desiderio, per cui si batte da più di un secolo. Al di là delle rappresentazioni nel teatro dei talkshow televisivi, l’Occidente in questa lotta della popolazione iraniana per la libertà deve almeno rimanere imparziale e non appoggiare la dittatura. Il nodo della questione iraniana sarà sciolto certamente a Teheran e per mano degli iraniani. Solo un Iran democratico contribuirà alla stabilizzazione del Medio Oriente. Una politica miope dei governi occidentali, americano, che si schiera dalla parte del regime teocratico iraniano ha complicato la situazione del Medio Oriente, le cui pericolose schegge colpiscono anche l’Occidente. Fomentare la diversità religiosa per fluidificare la volontà di progresso e democrazia dei popoli, che hanno convissuto per secoli in queste terre, è alquanto pericoloso oltre che disumano e giova solo agli integralisti. Il problema in Medio Oriente è la democrazia e la laicità delle sue istituzioni.


di Esmail Mohades