Trafficanti d’armi ai tempi dell’Isis

Imbarazzatissimo, il presidente turco Erdogan è arrivato ad invocare l’ergastolo per il capo redattore del quotidiano di opposizione Cumhuriyet, che nei giorni scorsi ha svelato una storia che circolava ormai da mesi: il governo turco ha fornito equipaggiamenti ed armamenti ai gruppi estremisti sunniti siriani vicini all’Isis.

Il reportage di Cumhuriyet, con tanto di foto, video e dichiarazioni, anonime ovviamente, di funzionari della polizia di frontiera turca, si riferisce ad ispezioni operate dai doganieri di Ankara tra il novembre del 2013 e il gennaio del 2014 su camion turchi che stavano attraversando la frontiera con la Siria. Un primo camion è stato intercettato il 7 novembre 2013, altri tre il 19 gennaio 2014 nella provincia di Adana, su ordine del procuratore locale, dopo che aveva ricevuto “un’imbeccata” su un presunto traffico di armi diretto in Siria. Il primo camion venne sequestrato ma gli altri tre riuscirono a riprendere il tragitto, dopo che agenti della National Intelligence Service (MIT), i servizi segreti turchi, erano pesantemente intervenuti sui doganieri, minacciandoli fisicamente se non avessero fatto passare il convoglio.

Il procuratore di Adana, Ozcan Sisman, aveva poi appurato che anche i tre camion intercettati il 19 gennaio appartenevano al MIT e agenti segreti ne erano i conducenti. Un portavoce del governo di Ankara si era precipitato a dire che i mezzi trasportavano aiuti umanitari agli sfollati dalla guerra civile in Siria. Il magistrato Sisman è stato nel frattempo arrestato e con lui un altro giudice, su ordine del Procuratore Nazionale presso il Consiglio Superiore della magistratura di Ankara, con l’accusa di abuso di ufficio ed esecuzione illegale di mandati di perquisizione. Il Procuratore Nazionale, nel mandato di arresto dei due giudici, li ha inoltre accusati di aver rivelato segreti di Stato, offuscato l'immagine del governo, facendo credere a presunte complicità con i terroristi e di aver messo a rischio la sicurezza nazionale.

Accuse pesantissime che possono tenere il giudice Sisman e il suo collega per anni nelle dure carceri turche. Sui camion dei servizi segreti turchi intercettati, con tanto di falsa bolla di accompagnamento di una sconosciuta Ong, erano stipati, appena nascosti da qualche cartone di medicinali che dovevano servire quale alibi degli aiuti umanitari, mortai, obici, razzi, circa un migliaio di proiettili di grosso calibro per mortaio, 80.000 munizioni per armi portatili, oltre centinaia di lanciagranate.

L’equipaggiamento era di fabbricazione russa, comprato dai servizi segreti sui mercati dei paesi dell'ex blocco sovietico per sviare le accuse dalla Turchia. E se solo quattro camion sono stati intercettati per caso dalla indolente dogana turca, è facile pensare che molti, molti altri ne saranno passati non intercettati, carichi di armi, generosamente donate dai servizi segreti turchi alle forze che si oppongono al regime di Bachar Assad. Erdogan e i suoi ministri non hanno mai nascosto la loro netta opposizione a Bachar Assad e hanno sempre dato aperto sostegno alle forze irredentiste siriane. Qualche fonte indipendente ha anche parlato di un accordo segreto tra Washington e Ankara per lasciare via libera alle azioni militari degli oppositori di Assad in Siria, che spiegherebbe un certo attendismo e la poca efficacia dei bombardamenti della coalizione internazionale contro le forze del Califfato. Le armi turche sarebbero confluite nell’arsenale dell’Isis e il flusso sarebbe uscito dal controllo del Mit, della Cia e degli altri servizi segreti occidentali operanti tra Damasco e la frontiera con la Turchia.

La politica siriana del governo di Erdogan è entrata pesantemente nella campagna elettorale, già arroventata, per il rinnovo del parlamento turco; alle elezioni di domenica 7 giugno, Erdogan spera di conquistare la maggioranza assoluta dei parlamentari, che gli consentirebbe di cambiare la costituzione per far diventare la Turchia una repubblica presidenziale. Il presidente del Partito Popolare Repubblicano (CHP, socialdemocratico), Kemal Kılıçdaroğlu, principale partito di opposizione, ha denunciato possibili brogli elettorali e un clima pesante di minacce degli organi di polizia sui leader dei movimenti contrari ad Erdogan. Alle accuse del quotidiano Cumhuriyet, il governo di Ankara ha risposto imponendo un blackout sui media, tra cui le reti sociali e internet, sul caso del traffico delle armi e ha avviato un'indagine che ha già portato alla detenzione di una cinquantina di persone, tra poliziotti di frontiera, militari e giudici, con l’accusa di alto tradimento.

Al potere da tredici anni, il partito di Erdogan si presenta alle elezioni di domenica comunque favorito, ma indebolito. Sul fronte siriano, altro grande fornitore di armi è la Russia; dal 1950, Mosca fornisce al regime siriano degli Assad, prima al vecchio Hafez e poi al figlio Bachar, armi e munizionamento, forniture che non si sono mai interrotte, anche con lo scoppio della guerra civile nel 2011. Prima del conflitto, erano circa 6000 gli istruttori russi che affiancavano le truppe di Assad, con caserme situate soprattutto intorno alla capitale Damasco; il porto di Tartous, a 220 km a nord ovest di Damasco, ospita dal 1971 una delle più importanti basi navali russe nel Mediterraneo. Attualmente sarebbero poche decine i militari di Mosca ancora presenti nella base, mentre il resto del contingente si è ritirato a bordo delle navi militari russe che navigano nelle acque territoriali siriane ma a distanza di sicurezza dal tiro delle milizie anti-Assad.

I guerriglieri dell’Isis, nella loro avanzata in Siria, hanno occupato le basi russe e sottratto all’esercito regolare molte armi, anche pesanti, che erano state donate da Mosca. Sul variegato puzzle dei territori sotto controllo del Califfato islamico sono anche presenti molte armi di provenienza americana ed europea, sottratte dai miliziani dell’Isis ai gruppi addestrati da Washington in Giordania in funzione anti-Assad e che si sono arresi sotto l’avanzata dei jihadisti. Le polizie occidentali sospettano infine che gruppi criminali europei di trafficanti di armi si siano mobilizzati per mettersi a disposizione dei combattenti dei diversi fronti; per loro e per quanti speculano sul ricco settore del traffico delle armi, “finchè c’è guerra c’è speranza”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:59