Accordi economici e carri armati

Il partito di Obama ha umiliato e sconfitto Obama.

Alla prima votazione sugli accordi di libero commercio, la norma sulla protezione economica per i lavoratori è stata bocciata 302 a 126. Obama stesso aveva perorato la causa dicendo ai deputati che “un voto contro la legge è un voto contro di me”. La Camera ha votato contro di lui. Il piano prevedeva la riqualificazione di settori eventualmente colpiti dalla concorrenza delle merci straniere più a buon mercato per la eliminazione delle tariffe. Tra Obama e il Congresso è tuttora in corso un braccio di ferro per l’approvazione finale dell’accordo cosiddetto Trans pacific partnership che, una volta trovata l’intesa con i Paesi asiatici, potrà essere approvato o bocciato in blocco avendo il Congresso due mesi di tempo per studiarlo nei dettagli, recepire il giudizio della popolazione americana e votarlo. Il patto commerciale internazionale rappresenta per Obama un passaggio storico.

Intanto gli Stati Uniti si sono detti pronti a dispiegare mezzi pesanti nei Paesi Baltici, per scoraggiare ed impedire aggressioni da parte della Russia. Carri armati, armamenti pesanti e cinquemila soldati. Sarebbe la prima volta dalla fine della guerra fredda che gli americani ammassano armi e mezzi di tale entità in Europa. Si tratta di un segnale che andrebbe ben al di là delle possibili nuove sanzioni minacciate alla Russia all’ultimo G7.

I Paesi interessati sarebbero quelli della ex Unione sovietica, oggi nuovi membri della Nato, cioè la Polonia, la Repubblica Ceca, la Romania, la Bulgaria, la Lettonia, la Lituania e l’Estonia, Stati in allarme da quando la Russia ha deciso l’annessione della penisola della Crimea ai danni dell’Ucraina. Ciò a dimostrare, anche agli occhi di molte capitali europee, l’intransigenza degli Stati Uniti nei confronti della politica espansionistica di Putin. Una politica sostanzialmente tesa a restaurare la propria influenza su parte dell’est Europa.”Lo sforzo di uomini e di mezzi – ha scritto il New York Times - sarebbe simile a quello che gli Stati Uniti hanno mantenuto in Kuwait per più di un decennio dopo l’invasione da parte dell’Iraq nel 1990”.

Le sanzioni imposte alla Russia di Putin tramite l’Europa della Merkel, unite ai carri armati rischieranno di incendiare lo scenario, a svantaggio anche del patto euroamericano. Prima della fine del suo mandato nel 2016, infatti, Obama vorrebbe chiudere anche il Transatlantic trade and investments partnership che creerà il mercato unico euroamericano attualmente ostacolato dagli interessi protezionisti prevalentemente della Francia, Italia e Germania consenzienti per i vantaggi che ne trarrebbero. Chi non è certamente a favore della costituzione di un mercato euroamericano sono la Cina e la Russia, affatto entusiasti e contro la creazione di un mercato globale delle democrazie. La Cina infatti pungola da tempo la Germania sorridendo all’Italia, e la Russia dà direttamente i propri soldi, finanziandoli, ai movimenti nazionalisti e protezionisti sia in Francia che in Italia per rafforzare le contrarietà.

La chiusura verso la Russia con le sanzioni Ue volute da Obama contro gli interessi economici, e anche di sopravvivenza economica dei Paesi membri come l’Italia, fanno parte di questo “gioco” economico globale.

L’Europa è attualmente al centro, da una parte paga sulla propria pelle i pesanti costi derivanti dalla divergenza verso la Russia e la Cina, dall’altra sconta l’attesa della “soluzione” Obama.

Il “gioco” degli accordi internazionali è ad “incastro”, e cioè Obama sa che più acquisterà credibilità il trattato euroamericano, più lo stesso si tirerà dietro l’ altro trattato con l’Asia, il Trans pacific partnership , e viceversa. Più oggi quest’ultimo rimane fermo più accelererà non appena i Paesi asiatici abbiano sentore di rimanere fuori dai giochi, dal sistema euroamericano. L’Italia perde con Renzi e il governo illegittimo non eletto il momento per valere nello scacchiere economico globale. Un’Italia non democratica, burocratica, assistenzialista e parassitaria mal si concilia ed è destinata a non valere nell’economia e politica globale, ciò nonostante la posizione una volta strategica all’interno dell’Unione europea, oggi annullata, scomparsa.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:11