La gravissima crisi migratoria in Europa

La crisi migratoria che sta affrontando l’Europa mostra le profonde divisioni esistenti in seno all’Unione europea, che i federalisti europei da tempo esaltano come modello per il post-nazionalismo e la cittadinanza globale. Di fronte a una valanga di migranti, un crescente numero di Paesi membri dell’Ue ha deciso di anteporre i loro interessi nazionali al concetto di solidarietà dell’Unione. Il parlamento ungherese, ad esempio, ha approvato la costruzione di una massiccia recinzione lungo il confine con la Serbia, come parte di una nuova legge contro l’immigrazione che dà un giro di vite alle norme in materia di asilo.

Il provvedimento intende impedire a decine di migliaia di migranti provenienti dall’Africa, dall’Asia e dal Medio Oriente di entrare in Ungheria, che è diventata un’importante porta d’accesso per l’immigrazione clandestina nell’Unione europea. I funzionari ungheresi dicono che sono necessarie misure drastiche a causa della mancanza di azione dell’Ue di fronte a una crisi migratoria senza precedenti, che nei primi sei mesi del 2015 ha visto entrare in Europa più di 150mila migranti. Nel corso degli ultimi dodici mesi, sono state oltre 715mila le richieste di asilo nell’Unione europea.

Il 6 luglio, i legislatori ungheresi si sono detti favorevoli, con 151 voti a favore e 41 contrari, alla costruzione di una recinzione alta 4 metri e lunga 175 chilometri, lungo il confine con la Serbia. La misura mira ad abbattere la cosiddetta rotta balcanica, che costituisce la principale via di terra attraverso l’Europa Orientale percorsa dai migranti che entrano nell’Ue dalla Turchia passando dalla Grecia e dalla Bulgaria. Nei primi sei mesi del 2015, oltre 60mila persone sono entrate illegalmente in Ungheria, registrando così un aumento di quasi il 90 per cento rispetto allo stesso periodo del 2014, secondo Frontex, l’agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne.

Circa il 95 per cento dei migranti che arrivano in Ungheria - la maggior parte proveniente dall’Afghanistan, Iraq, Siria, Somalia e dal Kosovo - entra nel Paese dalla Serbia che come l’Ungheria non è un Paese membro dell’Unione europea. L’Ungheria fa parte dell’area Schengen, nella quale si può viaggiare senza passaporto, il che significa che una volta che i migranti sono nel Paese, possono viaggiare liberamente nella maggior parte del resto dei paesi dell’Ue senza ulteriori controlli alle frontiere. Nel 2014, l’Ungheria ha ricevuto più rifugiati pro capite rispetto a qualsiasi altro Paese europeo, tranne la Svezia. Sebbene la maggior parte dei migranti che entrano nel paese prosegua poi il proprio viaggio verso i Paesi più ricchi dell’Europa Occidentale, un numero crescente di profughi decide di rimanere in Ungheria. Nei primi tre mesi del 2015, il Paese ha ricevuto il più alto numero di richieste di asilo in rapporto alla popolazione di qualunque Stato membro.

Il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha giustificato le mosse come necessarie per difendere il suo Paese. “Il governo ungherese si è impegnato a difendere l’Ungheria e il popolo ungherese dalla pressione dell’immigrazione”, egli ha detto. “L’Ungheria non può permettersi di aspettare più a lungo. Naturalmente, noi speriamo in una soluzione europea comune”. I critici affermano che la decisione di costruire una barriera evoca ricordi della guerra fredda, quando l’Europa era divisa tra Est e Ovest. “In Europa, sono stati di recente abbattuti dei muri”, ha chiosato la portavoce del Commissario Ue in materia di immigrazione, Natasha Bertaud. “Non dobbiamo costruirne di nuovi”. Un anonimo diplomatico europeo ha detto al quotidiano Telegraph: “Questo è scandaloso. L’Ungheria, che è stato il primo Paese comunista a smantellare la Cortina di ferro, sta ora costruendo una nuova cortina sul suo confine meridionale”.

Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha sottolineato le grosse conseguenze di un’immigrazione di massa dai Paesi musulmani. Parlando a una conferenza in onore dell’ex cancelliere tedesco Helmut Kohl, che di recente ha compiuto 85 anni, Orban ha avvertito che l’afflusso di così tanti migranti è una minaccia per “il volto della civiltà europea” che “non sarà mai più quello odierno”. E ha aggiunto: “Non si può tornare indietro da un’Europa multiculturale. Né a un’Europa cristiana né alle culture nazionali”. L’Ungheria non è l’unico Paese che ha costruito o fortificato muri e barriere per tenere fuori i migranti. La Bulgaria ha costruito una recinzione di filo spinato, alta 3 metri e lunga 33 chilometri, al confine con la parte sudorientale della Turchia nel tentativo di contenere l’ondata di immigrati dalla Siria e da altre parti del Medio Oriente e del Nord Africa. Il ministero degli Interni ha dispiegato più di un migliaio di poliziotti per pattugliare il confine turco.

La Grecia ha eretto una barriera di 10,5 chilometri di filo spinato lungo il suo confine con la Turchia. Si dice che questo muro greco provochi la deviazione delle rotte dei migranti verso la vicina Bulgaria, che di conseguenza ha costruito la propria recinzione. La Spagna ha fortificato le recinzioni delle due enclavi nordafricane di Ceuta e Melilla, dal momento che numeri senza precedenti di migranti scavalcano le reti dal vicino Marocco. Nel 2014, la polizia di frontiera ha registrato più di 19mila tentativi di scavalcare la recinzione di Melilla, tentativi che sono aumentati del 350 per cento rispetto al 2013, secondo il ministero degli Interni. Nel 2014, quasi 7.500 immigrati sono riusciti a entrare a Ceuta e Melilla, e 3.305 di questi erano siriani.

Il Regno Unito costruirà oltre 3 chilometri di recinzione di massima sicurezza al porto del Tunnel sotto la Manica di Calais, nel nord della Francia, nel tentativo di fermare migliaia di immigrati clandestini che cercano di salire sui camion diretti in Gran Bretagna. Attualmente, più di 3mila migranti sono accampati a Calais e sperano di poter raggiungere l’Inghilterra. Tra il 2014 e il 2015, a oltre 39mila immigrati clandestini è stato impedito di attraversare la Manica, più del doppio rispetto all’anno precedente. Gli Stati membri dell’Ue stanno attuando altre misure di emergenza per fermare il flusso dell’immigrazione. A partire dal 13 giugno, l’Austria ha interrotto la procedura delle richieste di asilo per cercare di rendere il Paese “meno appetibile” ai migranti rispetto agli altri Paesi dell’Unione europea. Secondo il ministro degli Interni austriaco, Johanna Mikl-Leitner, Vienna deve “fermare il treno espresso per l’asilo”, visto che il tempo medio per l’iter di una domanda di asilo è di 4 mesi, una procedura più veloce rispetto a quella di qualsiasi altro Paese dell’Ue. Nei primi cinque mesi del 2015, le richieste di asilo per l’Austria sono aumentate di circa il 180 per cento, e ne sono state registrate 20.620, ed entro la fine dell’anno potrebbero essere 70mila.

Il primo luglio, la Danimarca ha annunciato che avrebbe tagliato i benefit per i richiedenti asilo per tentare di ridurre il numero di profughi che arrivano nel Paese. Di recente, è emerso che tre profughi su quattro arrivati in Danimarca nei primi anni del 2000 dieci anni dopo sono disoccupati. La Francia e l’Italia discutono su chi è il responsabile delle centinaia di migranti africani bloccati a Ventimiglia, al confine tra Italia e Francia, dopo che la polizia francese ha rifiutato di farli entrare nel paese. La Francia ha accusato l’Italia di non rispettare il cosiddetto regolamento di Dublino, che prevede che la richiesta di asilo venga fatta nel primo Paese europeo in cui si mette piede. I funzionari italiani sostengono che i migranti considerano l’Italia come un Paese di transito. Il 23 giugno, l’Ungheria ha annunciato in maniera unilaterale la sospensione dell’applicazione del regolamento di Dublino, che prevede che il Paese accolga quei profughi che hanno fatto ingresso in Europa attraverso l’Ungheria e che poi si siano spostati in altri Stati membri dell’Ue.

Nel frattempo, la Commissione europea, il potente braccio burocratico dell’Unione, il 27 maggio, ha annunciato un controverso “piano di delocalizzazione”, in base al quale, nei prossimi due anni, gli Stati membri dell’Ue dovrebbero accogliere 40mila siriani ed eritrei richiedenti asilo, che attualmente si trovano in Italia e in Grecia. Questo in aggiunta a un separato “piano per il reinsediamento” volto a distribuire 20mila rifugiati che attualmente vivono nei campi profughi in Medio Oriente. La proposta di “ripartire” i migranti tra i Paesi membri dell’Ue è volta ad alleviare il peso crescente che incombe sull’Italia e sulla Grecia, due Paesi che - oltre all’Ungheria e alla Spagna - sono le principali porte d’accesso per l’immigrazione in Europa.

Molti dicono che le decisioni in merito alla concessione dei permessi di soggiorno dovrebbero essere prese a livello nazionale e che imponendo unilateralmente agli Stati membri dell’Ue le quote di ripartizione dei migranti, i burocrati non eletti di Bruxelles stanno cercando di costringere i leader europei eletti democraticamente a sottomettersi al loro diktat. I ministri degli Interni dell’Ue, che si sono riuniti a Lussemburgo il 9 luglio, non sono riusciti a raggiungere un consenso sul piano delle quote. Ci proveranno ancora il 20 luglio. L’Austria, la Germania e la Svezia, che insieme accoglieranno la quota più elevata di profughi, assieme all’Italia e alla Grecia, sono favorevoli al piano sulla distribuzione dei migranti. Il Belgio, la Francia, la Spagna e altri Paesi baltici e dell’Europa Orientale sono contrari. Il Regno Unito, la Danimarca e l’Irlanda sono esentati dal piano.

Il premier ungherese Orban ha criticato il piano in questo modo: “La proposta sul tavolo della Commissione europea è assurda, rasenta la follia. È un incentivo per i trafficanti di esseri umani e dice semplicemente alla gente: sì, cercate di attraversare il Mediterraneo, a tutti i costi”.

 

(*) Gatestone Institute

Traduzione a cura di Angelita La Spada

 

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:05