Il Giappone in... armi

La scorsa settimana la Camera bassa del Parlamento giapponese dopo lunghi dibattiti ha approvato una serie di norme che permetteranno al Paese di rafforzare lo strumento militare e di partecipare a missioni all’estero, ponendo di fatto fine a settant’anni di pacifismo.

La Costituzione giapponese, approvata dopo la sconfitta nel Secondo conflitto mondiale, prevedeva infatti una stringente limitazione alla possibilità di mantenere ed impiegare le Forze armate. In particolare, la rigida interpretazione della Costituzione, poneva vari divieti tra cui l’invio di truppe all’estero, la partecipazione ad iniziative di difesa collettiva, il possesso di capacità di proiezione di potenza offensiva, la possibilità di possedere, produrre o conservare armi nucleari, di esportare tecnologia militare, di usare lo spazio a fini militari. Il tetto alle spese militari non poteva superare l’uno per cento del Prodotto interno lordo.

Il limite posto dalla legge per impedire la costituzione delle Forze armate, che comunque in Giappone esistono e sono efficienti, era stato superato denominando le stesse “Forze di autodifesa”. In considerazione del mutato quadro politico-strategico, nonché in ragione della percezione di insicurezza generata da nuovi fattori di instabilità internazionale, già dal luglio dello scorso anno il governo nipponico, guidato dal primo ministro Shinzo Abe, aveva messo mano ad un documento finalizzato ad una interpretazione più estensiva della Costituzione - senza intervenire con modifiche legislative alla stessa - che consentisse al Paese del Sol Levante di poter svolgere un ruolo più attivo nel campo della difesa, anche partecipando con funzioni operative a missioni internazionali in ambito Onu o all’interno di coalizioni.

Ldp e Komeito, partiti che costituiscono la maggioranza di governo, hanno raggiunto un accordo sul documento, poi trasformato in proposta di legge ordinaria, per “l’esercizio del diritto di autodifesa collettiva” (votata alla Camera bassa lo scorso 17 luglio). In sintesi la nuova legislazione prevede che le Forze di autodifesa possano intervenire a sostegno di alleati sotto attacco armato, solo qualora da tale attacco possa derivare un chiaro pericolo per la sopravvivenza del Giappone. Inoltre possono cooperare con le Forze armate di altri Paesi senza restrizioni geografiche, se le situazioni che richiedono la cooperazione costituissero grave pericolo per la pace e la sicurezza del Giappone. In aderenza al mandato delle Nazioni Unite possono, infine, fornire supporto logistico agli eserciti di altri Paesi all’atto di crisi che, più genericamente, minacciano la pace e la sicurezza della Comunità internazionale.

Non sono mancate le proteste all’approvazione della nuova legge che il leader del Partito Democratico Okada ha definito “di guerra” accusando il Governo di aver sottostimato i rischi nei quali incorrerà il personale militare qualora impiegato all’estero nell’esercizio dei compiti “allargati”. Il premier Abe ha ribattuto che ovviamente i rischi ci sono e che esistono per i soldati giapponesi come per tutti i militari del mondo che partecipano a operazioni di supporto alla pace. Abe ha aggiunto, infine, che la nuova politica nel campo della sicurezza e della difesa consentirà al Giappone di rafforzare e allargare le proprie alleanze.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:14