Il ruolo della Turchia nel Medio Oriente

La decisione presa dal governo turco di compiere un duplice blitz nei giorni scorsi ha destato sconcerto e stupore nella comunità internazionale. Se la scelta politica di schierarsi a fianco delle coalizione guidata da Washington da parte dei Turchi, impegnata a contrastare la espansione dello stato del Califfato in Siria ed in Iraq, è stata percepita e valutata come una svolta, grande preoccupazione ha suscitato la decisione Turca di colpire nel nord Iraq il partito curdo del Pkk, il partito dei lavoratori del Kurdistan, di cui è leader Abdullah Ocalan.

Per capire quanto sta accadendo in Turchia è fondamentale, secondo i maggiori analisti internazionali, tenere presente la situazione politica che si è creata in questo Paese. Alle elezioni che si sono tenute in Turchia il 6 giugno scorso, Akp, di cui è leader il presidente Turco Recep Erdogan, partito di chiara ispirazione musulmana, sia pure con forti connotazioni laiche, non è riuscito ad ottenere la maggioranza dei consensi. Da qui la difficoltà a formare un governo. Per questo motivo, visto che un nuovo partito politico, il partito del popolo di cui è leader Selahattin Demirtas, che si richiama alla civiltà e cultura curda, in Turchia nella stessa consultazione è riuscito ad oltrepassare la soglia del dieci per cento e ad entrare in Parlamento, per gli analisti Erdogan ed il suo partito Akp stanno tentando di ridestare e rinvigorire le tendenze nazionaliste e militariste, presenti nella società turca, per avere un nemico esterno e andare al voto il prossimo novembre, sperando di vincere le elezioni e ottenere la maggioranza assoluta.

Questa sarebbe la ragione che spiega la scelta di colpire con un blitz militare il Pkk nel nord dell’Iraq. Tanto più sorprendente appare questa scelta politica e strategica, poiché in precedenza il governo turco aveva tentato di aprire un confronto politico con il partito dei lavoratori Curdi, il Pkk, in seguito abortito e naufragato. In ogni caso ci si chiede per quali motivi, dopo che per ben due anni il governo turco aveva opposto un netto rifiuto alla richiesta della amministrazione Obama di fare parte della coalizione che si oppone al Califfato, costituitosi in Siria e in Iraq, adesso improvvisamente vi sia stato questo radicale mutamento di posizione politica. In realtà, come sanno coloro che conoscono il medio oriente e seguono quanto accade nei luoghi dove è sorto il Califfato sostenuto dai sunniti integralisti, il confine tra la Siria e la Turchia per molto tempo è stato considerato un punto delicato, poiché attraverso di esso il Califfato ha ricevuto sostegni e ha avuto la possibilità di intrattenere i rapporti politici all’esterno del proprio territorio.

Questo fatto indusse l’amministrazione americana a ritenere che i servizi segreti turchi fossero propensi a interpretare in modo ambiguo e ambivalente il proprio ruolo, in apparenza schierati contro il Califfato Islamico, in realtà disposti a offrirgli un sostegno per mettere in difficoltà il regime di Assad in Siria, vacillante e assediato su più fronti. Tuttavia la decisione di Ankara di entrare nella coalizione internazionale che combatte e mira ad arginare il Califfato, concedendo l’uso della base aerea di Incirlik in Turchia agli alleati, sicché adesso i raid aerei americani possono avere inizio nei pressi del luogo dove si è insediato lo stato integralista e musulmano, risponde ad altre ragioni e motivi politici. In primo luogo, a differenza di quanto era accaduto in passato, anche in Turchia si sono verificati attentati terroristici, sicché il Califfato, a cui sono riconducibili le attività terroristiche, in Turchia viene percepito come una forza nemica e insidiosa capace di minacciare la sicurezza nazionale.

Inoltre, nei giorni precedenti a questa decisione che segna una svolta nella politica turca, gli Usa con altri cinque potenze regionali, membri del consiglio di sicurezza dell’Onu, hanno raggiunto l’accordo nucleare con l’Iran, fatto politico rilevante destinato a modificare e mutare radicalmente gli equilibri geopolitici in medio oriente. Infatti, proprio mentre vengono abolite le sanzioni comminate in passato all’Iran, e dopo un lungo periodo di inimicizia gli Usa ristabiliscono le relazioni diplomatiche e economiche con la teocrazia iraniana, la Turchia non poteva e non può rischiare l’isolamento rispetto alla Nato e ai Paesi occidentali. Tuttavia negli Usa la decisione Turca di colpire con il blitz militare il Pkk, il Partito dei lavoratori curdi, di cui è leader Abdullah Ocalan, ha suscitato preoccupazione negli ambienti internazionali e negli Usa.

Infatti, se in passato il Pkk era stato designato come una organizzazione terroristica, oggi vi è chi tra i politici Usa propone di restituire a questo partito la sua credibilità democratica e politica riconoscendone la funzione di rappresentanza, poiché molti dei miliziani che in Iraq hanno combattuto la espansione del Califfato, si pensi alla guerriglia avvenuta nei mesi scorsi a Kobane, sono suoi militanti e seguaci. In ogni caso è ragionevole supporre che il mutamento della posizione del governo Turco nei riguardi del Califfato e della coalizione impegnata a combatterlo, possa favorirne la sconfitta e l’annientamento politico, per garantire la pace e la stabilità in Medio Oriente.

Da questo punto di vista sarà interessante e fondamentale considerare quanta influenza avrà in Medio Oriente la posizione che lo stato di Israele ha assunto, dopo che gli Usa e le altre cinque grandi potenze hanno raggiunto l’intesa sul nucleare con l’Iran. Infatti, se per Israele questo accordo non esclude il rischio che in futuro l’Iran possa dotarsi dell’arma nucleare, tuttavia occorre considerare che l’accordo prevede l’obbligo per il governo dell’Iran di ridurre la presenza sul suo territorio delle centrifughe per la produzione dell’uranio, necessario per fabbricare l’arma atomica.

Inoltre, in base all’accordo di Vienna sottoscritto con i membri del Consiglio di sicurezza, l’Iran ha accolto la richiesta per effetto della quale con scadenze periodiche vi saranno i controlli effettuati sul territorio iraniano dalla Agenzia Internazionale per l’energia atomica, onde evitare che l’accodo sia violato dal regime teocratico. Questo accordo, oltre a rendere possibile la ripresa delle relazioni economiche dell’Iran con gli altri paesi, in seguito alla abolizione delle sanzioni, presuppone e implica la possibilità per gli Usa di avere l’Iran come Paese, visto che ha una posizione geopolitica essenziale, alleato nella lotta contro il Califfato sunnita.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:09