Come aggrovigliare i nodi in Medio Oriente

Ciò che contraddistingue la politica estera dell’Amministrazione Obama è il continuo tentativo di legittimazione della Repubblica islamica al potere in Iran invisa alla popolazione. In questo la politica estera americana tende ad assomigliare a quella russa di Vladimir Putin. La più immediata conseguenza di questa politica bizzarra è di attorcigliare, come se ce ne fosse bisogno, i nodi mediorientali. A prima vista questa politica potrebbe sembra pragmatica, ma a ben guardare si tratta di cinismo generato dalla confusione. Una volta si diceva della Costituzione statunitense che è fatta talmente bene che anche uno stupido poteva amministrare il Paese; ahimè almeno nel caso degli ultimi due presidenti non lo si può confermare. George W Bush ha innescato la miccia dell’esplosione in Medio Oriente e Barack Hossein Obama, la testa nella sabbia, galoppa deciso verso un obiettivo del tutto incerto e lascia sul campo centinaia di vittime e milioni di profughi. L’Amministrazione di Bush ha fatto saltare, nel marzo 2003, tutti gli equilibri in Iraq, quella di Obama ha abbandonato l’Iraq, nel 2011, in balia del nano dittatore al-Maliki, manovrato dai mullà iraniani, che ha effettuato una sanguinosa pulizia etnica della popolazione sunnita. Su monito del regime iraniano Obama ha fatto marcia indietro, nell’estate 2013, dalla linea rossa posta ad Assad, cosicché il cinico dittatore siriano, con il soccorso dei pasdaran iraniani, ha potuto piegare la resistenza dell’Esercito libero dei ribelli siriani e spopolare il paese utilizzando bombe-barile, armi al cloro, ogive al gas nervino. Questa politica è senza dubbio la causa ambientale della genesi dell’Isis nato in Siria e esteso in Iraq. L’utilità dell’Isis e la sua ragion di essere è che oggi perfino Massimo Cacciari sostiene: “Io francamente faccio il tifo per la Russia, a questo punto sarà sempre meglio Assad che l’Isis o no?”.

La condivisione della politica mediorientale di Obama con il regime teocratico iraniano ha allarmato tutti i paesi della Regione; dall’Araba saudita ad Israele. La Siria è, evidentemente, pedina vitale per il regime iraniano nella profondità strategica. Forma l’asse che congiunge l’Afghanistan, l’Iran, l’Iraq, Siria al Libano. Quindi un’intesa, pretesa, non scritta dell’Iran dell’accordo nucleare è: per la Siria devi trattare con me. I 5+1, l’America hanno detto di sì. È da stupidi, e Putin non lo è, non sfruttare tale debolezza degli occidentali in Siria e non tornarci e rimanerci e mettere le basi strategiche ed avere uno sbocco sul Mediterraneo. Chiaramente non pensiamo che i soldati di Putin vanno in Siria per battersi contro l’Isis. Il loro compito è stabilizzare Assad. Combatteranno contro l’Esercito libero dei ribelli che ha l’obbiettivo di abbattere il dittatore. Tant’è che quando un anno fa Obama annunciò i raid contro l’Isis, Putin li definì illegali.

Non si capisce contro chi dichiari il Segretario di Stato Kerry quando spara l’ovvietà: “l’Intervento russo può portare ad una violenza ancora più grande e ad una instabilità ancor maggiore, e non aiuta quanto la comunità internazionale cerca di ottenere in Siria”.

I molti e annosi nodi mediorientali non sono facili da sbrogliare. Una via d’uscita si potrebbe trovare se ci fosse la volontà di intraprendere la strada giusta per iniziare sciogliere quei nodi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:06