Il Nobel ad Obama che stona visti i risultati

giovedì 8 ottobre 2015


Meglio tardi che mai. Viene spontaneo commentare così quanto pubblicato nel libro di memorie dell’ex direttore del Comitato Norvegese per il Nobel per la Pace, Geir Lundestad, che nel 2009 si batté per farlo assegnare a Barack Obama ad appena un anno dalla sua elezione a Presidente degli Stati Uniti d’America. Oggi è semplicemente pentito e considera quella scelta un grave errore e aggiunge che molti sostenitori di quella scelta la pensano come lui.

A leggere oggi la motivazione ufficiale che ha accompagnato l’assegnazione del Nobel ad Obama viene da ridere, perché è giustificata dal “suo incessante tentativo di ridurre gli arsenali nucleari e di intavolare un dialogo distensivo e costruttivo col Medio Oriente”, motivazione che cozza con quanto è successo successivamente. Si è, infatti, sottoscritto un accordo con l’Iran sul nucleare che rischia di far proliferare i Paesi che saranno spinti a rifornirsi di armi atomiche; si è operato con la messinscena delle “Primavere Arabe” per ottenere regimi e governi meno autonomi anche nelle scelte commerciali; e, cosa ancor più grave, si è riaperto il capitolo della guerra fredda avviando un processo di ripresa della corsa agli armamenti.

Come sembrano lontani i tempi di Pratica di Mare quando Bush e Putin, pur non avendo avuto il Nobel per la Pace, hanno realizzato accordi impensabili e fatto cadere gli inutili steccati ancora esistenti tra l’Occidente e la Russia moderna. Tutto il contrario di quanto è stato fatto da chi, avendo avuto cucito addosso un vestito da “pacifista”, che le lobby internazionali della sinistra riescono sempre a realizzare velocemente, si è mosso impacciato sullo scenario internazionale dando l’impressione di essere soprattutto impegnato a difendere l’apparire del suo incredibile Premio Nobel. Si è quindi distinto a tirare il sasso nascondendo la mano e ha follemente intrapreso a “giocare” coi terroristi tagliagole, convinto di poterli “domare” facilmente quando e come voleva.

Solo che la rottura degli equilibri, nel Nord Africa, ha determinato scenari nuovi e inediti che il “pacifista” Obama e il bombardatore Sarkozy, con il loro inconsistente ruolo politico, non riuscivano minimamente ad immaginare. Aver liquidato l’ordine esistente che, nel bene e nel male, reggeva i singoli Paesi, è stato un errore strategico di enorme portata, che ha aperto le porte alle forze fondamentaliste e ha realizzato la quadratura del cerchio con il dilagare del terrorismo islamico e le migrazioni bibliche che stanno conoscendo, oltre all’Italia, anche le altre nazioni europee. L’avere quindi finanziato, armato e sostenuto ogni gruppo di ribelli, in ogni Paese, nordafricano e mediorientale, anche se ufficialmente senza sporcarsi direttamente le mani, non autorizza il Nobel Obama ad avanzare richieste di destituzione del legittimo presidente della Siria, Bashar al-Assad. Essa è una richiesta che dimostra la cecità dell’Occidente che non riesce ad individuare l’emergenza reale, che è nata e cresciuta tra gli arabi e che minaccia anche l’Unione europea. È una richiesta fondata solo sul diritto (sic!) del più forte, ma Obama dovrebbe sapere che la democrazia non si esporta con la forza ma deve affermarsi conquistando il cuore dei popoli interessati.

Il latte versato è veramente eccessivo e anche questi errori hanno contribuito a regalare a Putin, fine politico e eccellente stratega, una geografia nuova nel Medio Oriente, la cui punta dell’iceberg è proprio nel feeling tra Russia e Israele, che si è semplicemente sentito abbandonato dai suoi alleati storici e ha saputo cogliere la realpolitik che gli veniva offerta aprendo un filone di credito alla Russia.

Non so se per l’autocritica dell’ex direttore del Comitato Norvegese per il Nobel abbiano giocato tutti questi elementi, ma è certo che quell’autocritica è anche una doccia fredda per l’Europa, che senza vera leadership ha mostrato tutta la propria inconsistenza sposando gli errori di Obama.

 


di Giovanni Alvaro