La confusione islamica regna sovrana nell’Europa in guerra

A seguito dei drammatici eventi di Parigi di venerdì 13 novembre sembrerebbe quasi che il mondo intero stia cambiando il proprio atteggiamento nei confronti della realtà delle tragedie che ancora una volta scuotono l’area del Mediterraneo nel suo insieme. Allo stadio gli inglesi inneggiano alla Marsigliese; su Facebook sono più coloro che si sono incorniciati nella bandiera francese che gli altri; in tutta Europa le Ambasciate di Francia sono state inondate di fiori e tutti coloro che hanno sentito il richiamo della minaccia alla propria libertà hanno espresso la propria solidarietà con la scritta “Je suis Paris”. Insomma, un coro unanime a inneggiare la ritrovata identità europea!

Ben poche testate, per contro, a meno del coro di “Allahu Akbar”, urlato in diretta dallo stadio di Ankara per l’incontro Turchia-Grecia, hanno tentato di riportare come abbia reagito il mondo islamico all’attacco terrorista-jihadista di Parigi. A parte l’intervista al “Presidente” Assad, trasmessa dal Tg1 e subito eliminata da “YouTube”, solo la trasmissione “Virus – il contagio delle idee” su Rai 2, l’altra sera, ha dato segni di obiettività nel riportare la visione, quella della Tunisia, su quanto sta accadendo nel Mediterraneo e in particolare, oltre che in Europa, anche nei Paesi arabi frontalieri. Servizio abbastanza realistico e ben presentato da Nicola Porro. Il messaggio di comunicazione che viene dato nel breve tempo a disposizione è concreto e veritiero. La Tunisia dà un chiaro esempio di quanto patito sia stato il dopo “Rivoluzione della Dignità”, alla ricerca di un avvento della democrazia, sin dagli albori fortemente contrastata dalle forze islamiste di al-Nahda. Su una popolazione di quasi undici milioni di abitanti, un buon quaranta per cento si è espresso per uno Stato di radici religiose islamiche e tra questi un buon 20 per cento è di credo Salafita. Cioè la cultura religiosa che si rifà ai tempi del Profeta Maometto. Questo non significa certo che i Salafiti sono tutti Jihadisti. Assolutamente no! Anzi, il ritorno alla religione delle origini e allo stato sociale allora imposto, deve essere visto come una compostezza e una genuinità di comportamento da portare ad esempio: nessun tipo di corruzione, vita quasi ascetica (pregano effettivamente 5 volte al giorno), maggiore solidarietà verso i più deboli, ecc. Purtroppo, però, questi fedeli musulmani sono di maggiore propensione per l’ortodossia islamica che, purtroppo, anche in relazione allo stato di disagio sociale che viviamo, spesso si trasforma in fondamentalismo jihadista. A differenza di quanto annunciato nel servizio che parlava di 3mila adepti, la cifra di tunisini che hanno aderito allo Stato Islamico è nettamente superiore. Agli inizi di quest'anno se ne contavano circa 5mila in Siria e 3mila in Libia.

La situazione, dunque, è molto più complessa di quanto si vuole fare apparire. La Tunisia agli inizi del mese di novembre ha dichiarato giustamente il cessate “Stato d’Emergenza”, dopo i fatti di Sousse del giugno scorso. La crisi economica in cui versa da qualche tempo (e si aggrava sempre più!) è il motivo principale della reale spaccatura culturale, esistente “da sempre” in Tunisia così come in tutti i Paesi di radici arabe, ma che si è intensificata anche grazie al risveglio identitario causato dalla “Rivoluzione della Dignità”.

Non si tratta solo di una differente sensibilità religiosa, ma il dramma è contemplato nella visione ortodossa (Wahabita Saudita!) dell’Islam che, purtroppo e oltretutto, continua a fare un tutt’uno tra Stato e religione. Anzi, per loro non esiste Stato senza Islam. In termini pratici, tutto questo porta a considerare l’aspetto più importante, che non è certamente come combattere il terrorismo islamico o l’Isis! La guerra potrebbe portare addirittura ad una recrudescenza dell’ideologia fondamentalista che è dietro lo Stato Islamico. Il presidente Hollande ha descritto gli “attacchi terroristici di Parigi come di livello offensivo mai registrato in passato” e ha disposto l’invio di una portaerei al largo della Siria per coordinare gli attacchi all’Isis con la Russia. Un’attività bellica di ritorsione nei confronti del mandante Isis agli scellerati e demoniaci fatti di Parigi. Ma la soluzione non è certo solo la guerra. Anzi, la storia insegna, il Santo Padre l’ha anche ripetuto a pieni polmoni al mondo intero, che la violenza ha sempre generato sempre e solo altra violenza innalzata all’ennesima potenza e, questa volta, come effetto secondario, rischia di generare ancora più isolamento, frustrazione e voglia di rivendicazioni nelle fasce più basse di tutte le popolazioni dell’Islam di matrice araba.

Per contro, appare evidente che dietro la malvagità della Jihad fondamentalista esiste uno scontro culturale che, pur emergendo in tutta la sua gravità, non è recepito dall’Occidente e, purtroppo, neanche immaginato come “origine del problema”. Fino a quando l’Ortodossia sunnita continuerà ad essere l’attuale imposta dal Wahabismo saudita, il fondamentalismo avrà facile crescita, alimentata purtroppo anche dall’idiozia dell’intera classe politica occidentale e dalla faciloneria dei meno acculturati del nuovo Islam europeo!

La reazione all’annuncio di “stato di urgenza” francese, ha portato l’Europa intera a comportamenti che comunque paventano uno stato d’incertezza e d’incapacità decisionale che emergono in ogni dove nelle singole nazioni. Dalla possibilità di non fare il Giubileo a Roma tanto prospettata e spinta dagli Stati Uniti, alle attività di controllo del territorio molto più simili allo stato di guerra che ad un livello di allerta anti-terrorismo del tipo guerra alle Brigate Rosse nell’Italia degli anni Settanta. Le azioni e gli eventi per contrastare la minaccia terroristica appaiono come un insieme di contraddizioni, controsensi, illogicità, se non follia. Venerdì scorso, in tutta la Francia, la preghiera nelle moschee si è aperta con un giuramento solenne di fedeltà alla Costituzione francese, secondo le direttive imposte dal ministero degli Interni francese. Apparentemente giusto, poiché lo scontro tra culture (occidentale-Islam) è dovuto soprattutto al passaggio per l’Occidente a una Società dei Diritti (dell’uomo), mentre è rimasta società dei “doveri”, dettata secondo Sharia, per l’intero mondo islamico. Ma inutile, se non poco veritiera, sia perché giurare il “falso” nel nome della sopravvivenza del proprio essere musulmano è previsto dal Corano stesso, ma soprattutto perché a nulla serve giurare fedeltà a una Carta dei Diritti se prima non si accenna a che cosa bisognerebbe cambiare nella Carta dei Doveri che legifera tutt’oggi nell’Islam e i musulmani di tutto il mondo. Soprattutto da parte dei musulmani europei si continua a dire che il terrorismo non ha nulla a che fare con l’Islam. Al vertice del Gruppo dei Venti in Turchia, il presidente turco Erdogàn ha insistito che “il terrorismo non ha religione, nessuna nazione, nessuna razza, nessun Paese, e che i movimenti terroristici non rappresentano l’Islam”. La dichiarazione finale del vertice insiste sul fatto che “il terrorismo non può e non deve essere equiparato o accreditato alla religione, nazionalità, civiltà o gruppi etnici”.

Io credo che ogni generalizzazione sia eccessiva. È falso dire che l’Islam è responsabile di quello che è successo a Parigi, o ciò che sta accadendo in Iraq, Siria, Libia, Egitto, Tunisia, Afghanistan, Somalia e Pakistan. Ma è altrettanto drasticamente sbagliato dire che l’Islam non ha nulla a che vedere con ciò che sta accadendo anche in Europa. Ma se Daëch rivendica la paternità di questi efferati delitti, non si potrà certo negare l’origine o le radici religiose che sono alla base dello Stato Islamico stesso. A conferma di ciò, basti guardare quanto è successo in Tunisia, Francia e Belgio dove le autorità hanno deciso di chiudere le moschee “salafite”, ritenute le sorgenti educatrici del culto fondamentalista. Queste moschee certamente non insegnano il cristianesimo, l’ebraismo e il buddismo, ma l’Islam. Le autorità francesi hanno eseguito l’espulsione degli imam che predicano l’odio. E anche qui questi imam non predicano altra religione che non sia l’Islam.

Ecco, quindi, che per cercare di fermare il sanguinario flusso omicida di Daëch e del terrorismo jihadista, bisogna cercare di isolare e ben evidenziare le ragioni che sono all’origine di tali fenomeni. L'attuale amalgama tra differenti credo musulmano ha una sola “sacra” origine: il Corano e, a meno di differenziazioni teologiche di lettura e interpretazione dello stesso (4 scuole giuridiche sunnite e due sciite) l’Islam intero si riconosce nell’attuale configurazione del Corano così come nacque nel 674 (anno di accredito della prima edizione del Corano), dove le Sure non sono ordinate in relazione ai differenti momenti in cui è avvenuta la Rivelazione, cioè l’ordine cronologico, bensì solo in ragione della lunghezza delle Sure. In particolare, pur essendone menzionato il luogo di origine non viene fatta alcuna distinzione tra le Sure rivelate a Mecca (610-620 d.C.) e quelle di Medina (622-632 d.C.), cioè tra l’Islam meccano e l’Islam medinese. Mentre le Sure meccane corrispondono all'inizio della rivelazione coranica e vengono “dettate” a un profeta solo, che non ha ancora la consapevolezza di formare una comunità, ai fini dell’individuazione della matrice violenta del terrorismo Jihadista è essenziale identificarne nell’Islam medinese la matrice. Le sure dette medinesi sono quelle che hanno dato all'Islam una struttura giuridica, politica e sociale, e proprio per questo hanno un carattere meno escatologico di quelle meccane.

D’altra parte non possiamo dimenticare quanto accadde a Papa Benedetto XVI nel 2006, nella sua Lectio Magistralis a Ratisbona, per aver messo in discussione alcune versetti inneggianti alla violenza delle Sure Medinesi, in particolare la “sura della vacca”! Né tanto meno quanto professato da uno dei più famosi teologi islamici: Mahmud Muhammad Taha, che affermò che “le sure medinesi, che sono le sure più politiche del Corano, corrispondono ai quadri mentali e psicologici di un Islam del VII secolo, e che probabilmente il profeta, non avendo mai visto la stesura definitiva del testo coranico, non avrebbe inserito le sure medinesi nel testo coranico ma in un altro testo”. Ahimè, è altresì noto che a seguito di quelle affermazioni, il teologo fu condannato a morte dal regime sudanese per apostasia e fu impiccato nel 1983. Ecco, quindi, nuovamente l’imporsi dell’ortodossia islamica, in ambito stesso della teologia islamica, su un tentativo di revisione modernista del testo sacro. Taha, però, nel suo personale raziocinante sacrificio, dettò ai posteri anche la strada da seguire per rendere attuale l’Islam, eliminando qualsiasi contraddizione in termini e temporale tra il Volere di Dio, espresso in quel determinato momento temporale, e la civiltà dei Diritti Umani dei giorni d’oggi.

In definitiva, l’illustre presidente Hollande anziché tentare la strada del giuramento solenne alla Costituzione francese, avrebbe fatto meglio a sollevare un dibattito interno al mondo musulmano in Europa, fondato sui seguenti punti:

- Mettere in evidenza che il Corano, in molte Sure Medinesi, viola la Dichiarazione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite del 1948, incitando alla violenza, l'odio e la discriminazione tra uomini e donne e tra musulmani e non musulmani, dettando sanzioni crudeli e umanamente non più accettabili.

- Dare direttive agli Imam affinché fosse posta particolare attenzione nel dire durante la preghiera del venerdì che le Sure medinesi, in molti punti, recitano valori e insegnamenti sociali che con ogni probabilità andavano bene al momento della Rivelazione, cioè 1437 anni fa; ma che oggi giorno, soprattutto nei Paesi europei dove per loro scelta vivono, non sono più applicabili e, soprattutto, vanno contro alle leggi dello Stato in cui vivono, perché contrarie ai “Diritti Umani”;

- Liceità del diritto di soggiorno o di cittadinanza a coloro che rifiutano di rispettare i diritti umani e le leggi dello Stato;

- Dare direttive al ministero degli Interni sull’indispensabilità di insegnamento agli Imam dei diritti umani e delle leggi dello Stato sui diritti umani che sono in contrasto con il Corano Medinese;

- Espellere tutti gli Imam stranieri, non abilitati all’insegnamento coranico versione europea;

- Chiudere tutte le moschee che non si impegnano a rispettare i diritti umani e le leggi dello Stato.

Nella sostanza, l’Europa ha quanto mai bisogno di insegnare alla popolazione musulmana qui residente che cosa significhi un ritorno al Corano e l’Islam alla Mecca nel pieno rispetto dei prioritari Diritti Umani sanciti dalla volontà dei popoli a livello mondiale nel lontano 1948.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:38