Fatah e Isis: il sacrificio dei bambini palestinesi

sabato 12 dicembre 2015


Di recente, sempre più ragazzi, ragazze e bambini palestinesi hanno lasciato le loro case per andare ad accoltellare gli israeliani. I funzionari dell'Autorità palestinese (Ap) sostengono che i loro figli hanno preso questa decisione spontaneamente e che nessuno li invia a compiere attacchi terroristici. In realtà, però, ogni palestinese sa che dietro questi attentati "indipendenti" e "spontanei" c'è una istigazione deliberata e organizzata, in parte dai politici e in parte dalle fatwa (opinioni religiose) emesse dalle autorità religiose. Uno di questi religiosi, Sheikh Yusuf al-Qaradawi, se ne sta lontano e al sicuro, in Qatar, e manda a morire i bambini palestinesi. Le moschee e le scuole dell'Ap e della Striscia di Gaza, così come i social media, spesso sfruttano spudoratamente i minori palestinesi – che magari sono un po' smarriti e che anelano a compiere un grande "atto eroico" per una grande "causa" romantica.

Ma poiché i soldati israeliani catturano spesso questi assalitori, molti omicidi commessi da questi bambini finiscono tragicamente anche in inutili suicidi "passivi". I nostri leader perversi non solo incoraggiano i giovani palestinesi a commettere omicidi, ma quando essi sono uccisi mentre li perpetrano, sia l'Autorità palestinese sia Hamas affermano che sono stati "giustiziati" dagli israeliani. Poi, chiamano i nostri figli morti "martiri" (shuhadaa), li glorificano e li trasformano in figure di riferimento per altri ragazzi perdenti. E infine pagano alle loro famiglie ingenti somme di denaro. Essi mandano i minori a fare il lavoro sporco, ben sapendo che rischiano di essere uccisi dalle forze di sicurezza israeliane. Ma come possiamo giustificare noi stessi? Che cosa abbiamo permesso che accadesse alle belle menti che Allah ci ha dato? Che fine ha fatto il nostro senso della morale? È penoso vedere come questi ragazzi siano trasformati in cose di nessun valore. Sono bambini sacrificati da una cinica leadership palestinese che promuove una cupa cultura di sangue e morte.

Se i palestinesi preferiscono davvero combattere Israele, allora perché mandano i loro figli a combattere una "guerra santa", invece di farlo loro in prima persona, da uomini? Da queste morti da entrambi i lati non ne viene nulla di buono – e nemmeno verrà. E la situazione della Moschea di al-Aqsa è migliorata? Non è più "in pericolo"? Il problema è che la Moschea di al-Aqsa non è mai stata in pericolo. Secondo l'agenzia di stampa ufficiale palestinese, Wafa. non ci sono mai stati topi resistenti al veleno, liberati dagli israeliani con lo scopo di far scappare dalle loro case i residenti arabi di Gerusalemme. Come ha scritto sardonicamente un giornalista arabo: "Non è chiaro come a questi ratti sia stato insegnato a stare lontani dagli ebrei, che guarda caso vivono anch'essi nella Città Vecchia". Non c'è mai stata alcuna gomma da masticare impregnata di afrodisiaco dagli israeliani per corrompere i nostri uomini e donne. E questo ha liberato un metro di terra palestinese? Gli ebrei sono davvero fuggiti "in preda al terrore" da Israele? Al contrario, gli ebrei europei fuggono in Israele. Paradossalmente, mentre gli ebrei sembrano divisi e scannarsi tra di loro, noi continuiamo a farli riavvicinare.

In qualche modo, gli israeliani sembrano superare i rapimenti, gli attentati suicidi, gli omicidi e gli atti di terrorismo in generale che noi palestinesi perpetriamo contro di loro. Non indietreggiano mai, anzi avanzano. Ci sono due problemi che sembrano essere urgenti. Innanzitutto, dobbiamo decidere, e in fretta, se vogliamo davvero un altro conflitto armato con gli israeliani. In secondo luogo, dobbiamo veramente fare in modo che i nostri figli stiano lontani dai nostri campi di battaglia. Chiunque mandi giovani – molti di loro probabilmente con problemi emotivi – a uccidere e ad essere uccisi, è un assassino egli stesso e alla fine sarà distrutto. La società palestinese sembra regredire verso l'epoca oscura della jahiliyya, ossia verso l'era dell'ignoranza prima che l'Islam ci portasse nella luce. Anziché educare i nostri figli, come si fa in Occidente, a far parte della Generazione Start up, seguiamo l'esempio dell'Africa nera, dove i bambini sono armati con Kalashnikov e mandati a uccidere altri bambini. Siamo diventati niente di meglio degli iraniani, che inviavano i bambini, armati di "Chiavi del Paradiso" di plastica, a bonificare i campi minati, durante la guerra Iran-Iraq. Questi non sono "crimini di guerra"?

Ogni giorno i nostri figli bevono al pozzo avvelenato di Internet e imparano come decapitare, crocifiggere e tagliare gole. Torniamo alla jahiliyyah e sacrifichiamo i nostri figli e le nostre figlie, in nome di Allah, come se Allah fosse una statua pagana con tanto di altare che deve essere placata con il sangue dei bambini. Questa è più o meno la situazione del terrorismo palestinese oggi. Quelli che trascurano l'educazione dei loro figli devono ricordare che le ragazze indifese che oggi escono di casa all'insaputa dei genitori per andare ad accoltellare un israeliano potrebbero un domani arrecare disonore alla loro casa. Una tale società non spaventa gli ebrei né chiunque altro. Alla fine, probabilmente riusciremo solo a favorire la comparsa di fondamentalisti tagliatori di gole e a distruggere noi stessi. Viviamo in una società malata, nella quale la legge di autoconservazione esige omicidi e vendetta. Nei giorni di festa, i nostri figli guardano come noi uccidiamo le pecore, così si abituano all'uso dei coltelli, a tagliare le gole e al sangue che scorre. Vedono video di persone bruciate vive e affogate in Iraq e Siria. Vedono l'Isis. Niente li sconvolge. In Occidente, la morte di un animale domestico, anche di un pesce rosso, fa quasi svenire un bambino. I nostri figli guardano le pecore che lanciano gridi nell'agonia, e non battono ciglio.

L'Islam proibisce l'uccisione di donne, bambini e anziani, ma i palestinesi ascoltano le fatwa degli islamisti radicali che dicono loro di uccidere sempre e comunque – purché siano ebrei, anche fossero neonati. "Domani saranno soldati", asseriscono i palestinesi. Le fatwa come questa distorcono e falsano il fondamento stesso del nostro Islam mandando i bambini incontro alla morte. Hamas, la Jihad islamica palestinese e l'Isis – tutte organizzazioni terroristiche – si sono estremizzate e nutrite nello stesso piatto dei Fratelli Musulmani. I coltelli dei palestinesi non sono poi così diversi dai coltelli dell'Isis. Essi decapitano i bambini, i giornalisti, i lavoratori impoveriti e altre vittime innocenti – tutto nel nome di Allah, e poi vanno a compiere attacchi terroristici nel resto del mondo. L'unica differenza è che i membri dell'Isis combattono in prima persona, mentre i palestinesi mandano a combattere i loro ragazzi.

Chi pensa di costruire il futuro della Palestina sulle spalle dei bambini assassini non solo sta distruggendo la società palestinese, ma ha imboccato la via delle fiamme dell'inferno. Anche il profeta Maometto (che la pace sia su di lui) e i suoi compagni decapitarono gli infedeli – ma questo nel VII secolo. Sempre più numerose sono le voci dei pii musulmani che invocano la riforma. Proprio la settimana scorsa, l'illustre accademica e giornalista Ibtihal Al-Khatib, dell'Università del Kuwait, ha detto in televisione: "Se non riformeremo noi stessi, ci estingueremo. Le nazioni che si attengono ai principi che sono contrati al progresso della civiltà scompariranno. Tali paesi non sopravvivranno. Qualsiasi tentativo di giustificare o legittimare il terrorismo è un'idea terroristica: l'idea e l'atto sono altrettanto pericolosi".

Quanto asserito dalla Al-Khatib ha dimostrato come la studiosa sia anni luce più avanti rispetto al segretario di Stato americano John Kerry, che stupidamente si è lasciato sfuggire di bocca che certi attacchi terroristici avevano "una legittimità... una logica". Per questa dichiarazione egli è stato apertamente ridicolizzato. Le scuse che i terroristi trovano per giustificare l'uccisione di persone innocenti sono infinite, illimitate nella depravazione e inquinano le nostre società. Queste voci che invocano la riforma sono spesso frenate dalla paura che il loro potere, l'influenza e gli ottimi posti di lavoro – che mantengono solo grazie alla zakat [la decima] – potrebbero essere in pericolo. Alla maggior parte di noi non piace perdere benessere materiale e comodità. Molti musulmani non vogliono rinunciare ad avere schiavi, e questo non solo in Mauritania, ma ai vertici della comunità musulmana.

Ma non vi è alcuna giustificazione per il terrorismo. I francesi, che facilmente giustificano il terrorismo contro gli ebrei in Medio Oriente, ora si trovano a dover affrontare la stessa situazione in casa. L'unica cosa sorprendente è che sono stati sorpresi. L'immagine del terrorismo islamico globale diventa sempre più chiara. Qui, gli islamisti vogliono "liberare" Gerusalemme dall'occupazione da parte degli infedeli sionisti e crociati. In seguito, vorranno "liberare" la Spagna occupata, che una volta era l'Andalusia musulmana, e restituirla all'Islam. Dopodiché, vorranno occupare il Vaticano e stabilire l'Emirato islamico sulle rovine del Cristianesimo, come fecero "nell'epoca d'oro", quando conquistarono Costantinopoli, la capitale dell'Impero bizantino.

Mentre gli ebrei sono bravissimi a migliorare l'agricoltura, vincere i premi Nobel, inventare farmaci salvavita, creare startup e in genere a fare passi da gigante nelle scienze e nelle tecnologie di punta, noi palestinesi, indietreggiando verso la jahiliyya, non abbiamo dato nulla al mondo, se non terrorismo e morte. Anche prima che il palestinese Abdullah Azzam diventasse mentore di Osama bin Laden, i palestinesi avevano avviato una campagna terroristica globale. Il terrorismo palestinese ha preso il via negli anni Settanta. Nel maggio 1972, i passeggeri presenti nell'area ritiro bagagli dell'aeroporto israeliano di Lod (oggi chiamato Ben Gurion) furono massacrati. Nel settembre 1972, vennero trucidati 11 atleti della squadra olimpica israeliana, a Monaco. Nel maggio 1974, i terroristi palestinesi fecero strage di bambini israeliani nella cittadina di Ma'alot. Nel 1976, i terroristi dirottarono un aereo dell'Air France in volo da Tel Aviv a Parigi e individuarono i passeggeri ebrei a bordo. Nel 1978, sulla Strada costiera israeliana venne dirottato un autobus e furono uccisi i civili israeliani presenti sul mezzo di trasporto. Nel 1985, i palestinesi dirottarono la nave crociera "Achille Lauro", al largo dell'Egitto, e poi uccisero a sangue freddo e gettarono in mare un invalido sulla sedia a rotelle di 69 anni.

E la lista potrebbe continuare all'infinito – dagli attacchi suicidi su autobus, nei caffè, negli alberghi, negli asili, nei centri commerciali e nelle discoteche, il più delle volte diretti contro la popolazione civile, all'attuale ondata di attentati contro gli israeliani accoltellati in strada, nelle loro auto e nei luoghi di culto. E adesso? I nostri leader palestinesi difendono questi minorenni accoltellatori spiegando che cercano di uccidere i civili ebrei a causa della "occupazione" o perché "al-Aqsa è in pericolo" – false dichiarazioni alla fine messe a tacere da un sondaggio palestinese della settimana scorsa. Nonostante i nostri figli siano manipolati a uccidere se stessi, ci sono ancora i leader di Fatah, come Abbas Zaki, un attivista anziano dell'organizzazione Fatah, che fa loro credere che ci sia qualche vantaggio da un'altra Intifada inutile o dal porre fine al coordinamento per la sicurezza con Israele. Lui e quelli come lui farebbero bene a ricordare che, come la maggior parte dei palestinesi sa benissimo, il coordinamento per la sicurezza con Israele è prima di tutto nel loro interesse. Impedisce all'Autorità palestinese di crollare; protegge i nostri leader dalla possibilità di essere assassinati per mano di Hamas, com'è stato il destino dei leader di Fatah nella Striscia di Gaza. È l'unica garanzia che abbiamo per una eventuale creazione di uno Stato palestinese.

Potremmo fare anche bene a ricordare gli effetti delle prime due Intifade. Centinaia, forse migliaia, di palestinesi sono morti, ma gli israeliani non si sono mossi di un metro. Portiamo avanti una campagna terroristica dopo l'altra. E la violenza non ci conduce da nessuna parte e non ci porta nulla – né da Israele né dalla comunità internazionale. Se davvero vogliamo avere il nostro Stato palestinese, possiamo averlo domani. Tutto ciò che dobbiamo fare è cambiare la nostra immagine di terroristi.

 

(*) Gatestone Institute
Traduzione a cura di Angelita La Spada

di Bassam Tawil (*)