L’ambasciatore Ahmadzada replica a Ghazaryan

sabato 19 marzo 2016


Gentile direttore Diaconale,

Le scrivo questa nota in risposta alla replica dell’ambasciatore armeno Sargis Ghazaryan, che ricopre attualmente la sua prima carica diplomatica, come è evidente dal suo modus operandi e dai toni estranei all’etichetta diplomatica. Egli nella sua nota si riferisce all’articolo del vostro collaboratore Domenico Letizia “Il Massacro di Khojaly”. Ritengo doverosa, per vostra conoscenza, una puntualizzazione di alcune questioni sollevate.

È evidente come l’ambasciatore armeno, che rappresenta un paese di nessun interesse strategico ed economico per il mondo, occupi la maggior parte del suo tempo in una campagna denigratoria priva di fondamento sull’Azerbaigian. E tutto ciò diventa addirittura ridicolo se lo fa un ambasciatore, inviato della giunta militare-criminale che ha conquistato con la forza il potere in Armenia, paese in cui i politici stessi si vergognano della gravissima situazione dei diritti umani. Suggerirei la lettura, solo per citare un ultimo documento, della recente lettera del capo del partito di opposizione d’Armenia Raffi Hovannisian all’Alto Rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, fonte adatta a mostrare la realtà sul Paese rappresentato da Ghazaryan.

Sarebbe anche utile che l’ambasciatore armeno chiarisse perchè l’attuale presidente dell’Armenia, per conquistare il potere, fu il mandante dell’uccisione di almeno 10 cittadini, del ferimento di circa 50 e dell’incarcerazione di centinaia. Sarebbe interessante che l’ambasciatore armeno desse spiegazioni sul referendum costituzionale orchestrato in modo fraudolento dello scorso dicembre, realizzato dall’attuale regime autoritario in Armenia, perchè volto esclusivamente a perpetuare se stesso al potere, o sul caso di Georgi Vanyan, l’attivista politico armeno, che ricevendo continue minacce di morte, causate dalla sua attività di pacificazione tra la società armena ed azerbaigiana, recentemente è fuggito in Germania. L’ambasciatore armeno potrebbe chiarire anche il perchè dei molti dissidenti in carcere, dare informazioni su come a Parur Hayrikyan, candidato alla presidenza armena, hanno sparato durante la sua campagna elettorale o i motivi dell’uccisione in parlamento del primo ministro Vazgen Sargsyan e dello speaker Karen Demirchyan. Tutti questi fatti dimostrano l’essenza del regime autoritario criminale e militare d’Armenia che l’ambasciatore Ghazaryan rappresenta.

L’ambasciatore armeno parla di un Azerbaigian “che si diverte a stilare liste nere di cittadini esteri non graditi, tra cui 38 italiani e molti giornalisti”. In realtà il ministero degli Affari Esteri dell’Azerbaigian ha una lista di personae non gratae a causa della loro violazione illegale dei confini azerbaigiani, vale a dire la loro introduzione senza possesso di visto azerbaigiano nei territori azerbaigiani sotto occupazione militare da parte dell’Armenia. Questo non ha nulla a che fare con la loro attività professionale, come invece accade da parte della comunità armena d’Italia, che ha avviato una black list in cui include gionalisti o professionisti italiani la cui unica colpa è avere una posizione obiettiva verso l’Azerbaigian ed il conflitto di Nagorno Karabakh.

Se l’ambasciatore armeno avesse partecipato al convegno sul genocidio di Khojaly, organizzato il 3 marzo scorso a Roma dal Comitato Helsinki per i diritti umani e dalla Lidu, avrebbe potuto ascoltare le prove incontestabili sulle responsabilità dell’Armenia espresse da prestigiosi studiosi italiani. È chiaro che l’ambasciatore si stia sforzando di coprire i crimini commessi da parte delle truppe dell’Armenia nel genocidio di Khojaly, dato che queste operazioni sono state guidate dagli attuali dirigenti del governo dell’Armenia. Non potevamo aspettarci un’altra reazione dell’ambasciatore, che rappresenta anche un presidente, che parla con orgoglio delle uccisioni di bambini da lui effettuate durante il genocidio di Khojaly.

Ma nonostante la lunghezza delle fiabe raccontate dal signor Ghazaryan, egli non ha trovato argomenti in grado di dimostrare l’estraneità dell’Armenia nell’accaduto e ciò significa il riconoscimento indiretto da parte dell’ambasciatore armeno del fatto che il genocidio contro gli azerbaigiani a Khojaly sia stato commesso dalle truppe dell’Armenia. Vorrei ricordare all’ambasciatore armeno anche la brutalità e la crudeltà a cui i corpi di 56 civili sono stati sottoposti - prova della vicinanza e dell’intenzionalità delle azioni delle truppe dell’Armenia. Questa violenza sui corpi dei civili contraddice le parole del presidente Serj Sargsyan per il quale proiettili e missili non distinguono tra civili e soldati, a cui fa riferimento il suo ambasciatore.

L’ambasciatore armeno ha dichiarato che il processo di pace è voluto dal suo paese. Ma se così fosse, perchè l’Armenia non compie il primo passo richiestole dalla comunità internazionale attraverso numerosi documenti di organismi internazionali, tra cui 4 risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite - vale a dire il ritiro delle truppe dell’Armenia dai territori occupati dell’Azerbaigian ed il ritorno dei rifugiati e profughi azerbaigiani alle loro terre? L’ambasciatore armeno scrive del nostro rifiuto a “negoziare direttamente con il governo democraticamente eletto del Nagorno-Karabakh”. “Il governo democraticamente eletto” a cui fa riferimento l’ambasciatore armeno in realtà è un regime illegale separatista creato dalla dittatura militare dell’Armenia nei territori occupati azerbaigiani per coprire la sua aggressione contro l’Azerbaigian. Nella regione del Nagorno-Karabakh dell’Azerbaigian prima del conflitto c’erano due comunità: azerbaigiana ed armena. La comunità azerbaigiana è stata totalmente espulsa dalla regione e la dittatura militare dell’Armenia sta facendo tutto il possibile per evitare non solo il ritorno della comunità azerbaigiana nella regione del Nagorno-Karabakh, ma anche i contatti tra queste due comunità, impedendo di costruire un ambiente di fiducia tra le stesse.

Invece di parlare del “ritiro dei cecchini dalla linea di contatto e sulla messa a punto di un meccanismo congiunto per indagini sulle violazioni del regime di tregua”, l’ambasciatore armeno dovrebbe spiegare cosa stanno facendo le truppe armate dell’Armenia nei territori dell’Azerbaigian occupati. Inoltre, se i territori non fossero occupati non si verificherebbe nessun tipo di incidente sulla linea del fronte. Gli incidenti, così come il monitoraggio degli stessi, è solo una conseguenza della perdurante occupazione dei territori azerbaigiani da parte delle forze armate dell’Armenia.

Nonostante il regime dell’Armenia propaghi pubblicamente un’ideologia di odio contro l’Azerbaigian, alcuni attivisti per i diritti umani in Armenia hanno chiesto perdono pubblicamente al popolo dell’Azerbaigian per il genocidio di Khojaly, tra cui Michael Danielyan, presidente dell’Associacione Helsinki per i diritti umani dell’Armenia, Vahe Avetyan, giornalista e scrittore armeno, Alexander Varbedyan, filosofo e scrittore armeno ed anche Georgi Vanyan, l’attivista politico armeno sopramenzionato. Tutti sono stati duramente attaccati per questo dal regime autoritario dell’Armenia, e alcuni addirittura costretti a fuggire dal Paese.

L’ambasciatore armeno parla di “una guerra imposta e persa dall’Azerbaigian”. Ma la verità è che la guerra è stata avviata dall’Armenia che ha fatto rivendicazioni territoriali contro l’Azerbaigian. L’Armenia ha occupato militarmente il 20 per cento dei territori dell’Azerbaigian, pero il conflitto non è risolto. L’Azerbaigian farà di tutto per restaurare la sua sovranità nei suoi territori storici, internazionalmente riconosciuti come territori della Repubblica dell’Azerbaigian. La parte sconfitta è l’Armenia, che come risultato della sua politica d’aggressione ha perso quasi il 50 per cento della sua popolazione che è fuggita a causa delle difficili condizioni economiche e sociali, ed è rimasta esclusa da tutti i progetti strategichi che rappresentano il benessere e l’integrazione nella regione. L’indipendenza dell’Armenia non è altro che una formalità e altri prendono decisioni al suo posto. Quindi l’ambasciatore armeno dovrebbe rendersi conto di chi siano i vincitori, e chi i vinti. Quanto prima il regime dell’Armenia riconoscerà i suoi errori e cambierà politica verso i suoi vicini, tanto prima ci saranno vantaggi per l’immagine stessa dell’Armenia di fronte alla comunità internazionale e per il benessere del suo popolo.

Ambasciatore designato della Repubblica dell’Azerbaigian nella Repubblica Italiana Mammad Ahmadzada


di Redazione