Federazione israelo-palestinese, parla Yehoshua

Abraham Yehoshua è uno dei più grandi e conosciuti scrittori israeliani contemporanei. Ebreo sefardita, la sua è una visione cosmopolita e laica, maturata e cementata da lunghi soggiorni negli Stati Uniti, in Francia e in Italia; da sempre è collocato nell’area progressista, parte attiva e consapevole di quel sionismo che vede come un pericolo e una minaccia ogni tipo di fondamentalismo, quello arabo- palestinese, ma anche quello che alberga nella sua “parte”. Al centro del suo pensiero e della sua opera, una costante: la questione del rapporto tra popoli diversi, con religioni e culture differenti, l’accettazione dell’altro, la pari dignità, il rispetto che è qualcosa di più e di diverso dalla “tolleranza”. Inevitabilmente Yehoshua da sempre si interroga sulla complessa (e anche complicata) questione della convivenza tra ebrei e musulmani, tra israeliani e palestinesi e arabi. Da qualche anno ha elaborato una riflessione che si discosta dalla tradizionale, e logora, vulgata “due popoli, due Stati”.

Una riflessione espressa di recente in maniera compiuta nel corso di una intervista al settimanale “l’Espresso”; ed è il passaggio più interessante dell’intera conversazione; curioso che né l’intervistatore né la direzione del settimanale non ne abbiano colto portata e rilevanza. Ma ecco cosa sostiene Yehoshua: “Diversi anni fa avevo proposto che i coloni rimanessero là dove stanno, in quanto minoranza ebraica, sottoposta alla legge dello Stato palestinese a venire. Ma ho cambiato idea. Temo che oggi tirare fuori dalla Cisgiordania centinaia di migliaia di ebrei non sia più possibile. E non è, purtroppo, immaginabile stabilire una frontiera che divida in due la Palestina storica. Non solo per l’opposizione dei coloni e delle nostre destre; sono convinto che neanche i palestinesi vogliono la separazione dagli israeliani”.

Yehoshua propone un “piano” alternativo: “Anziché parlare di due Stati e continuare a seminare illusioni circa il ripristino dei vecchi confini, bisogna preparare un progetto della costruzione di una Confederazione tra Israele e i palestinesi. Ho in mente un piano che rispecchi la realtà e non i sogni”.

Eccola, la frase chiave: “Confederazione tra Israele e i palestinesi”; o più propriamente si dovrebbe forse dire: “Federazione”. È un qualcosa di già sentito, l’utopia da anni predicata da Marco Pannella, in luogo, appunto, della “realistica” teoria dei due popoli costretti a fronteggiarsi in due Stati nazionali. Certo, i tempi saranno probabilmente molto lunghi, e chissà chi e quando vedrà germogliare questi semi. Per ora registriamo che la questione, carsicamente si insinua; e magari è “cosa” assai più sentita e condivisa di quanto noi stessi si pensi e si creda.

Per ora, senza per questo contentarsi, con il realismo che la ragione impone, con l’ottimismo che la volontà consente, “ben scavato, vecchia talpa Marco Pannella!”. Da qualche parte, la non piccola tribù dei realistici sognatori a cui appartieni ti sorride compiaciuta.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:11