Salvatore Girone resta in India

L’entusiasmo di Matteo Renzi dei primi di maggio per la decisione del Tribunale Arbitrale dell’Aja di autorizzare il ritorno a casa di Salvatore Girone, il marò sequestrato dal governo indiano, era del tutto fuori luogo. Ad oggi il beau geste dei giudici internazionali è rimasto lettera morta: Girone resta dov’è. E così sarà, almeno fino a luglio prossimo perché la Corte Suprema di New Delhi, che avrebbe dovuto disporre il rilascio di Girone per uniformarsi alle disposizioni della Corte dell’Aja, è andata in ferie.

Evidentemente per il sistema giudiziario indiano la libertà di un individuo non è questione che meriti uno sforzo lavorativo supplementare. La giustizia può attendere. La verità è che per New Delhi Salvatore Girone non è un indagato in attesa di processo, ma un ostaggio. Perciò, non vi è alcuna voglia di lasciarlo andare. Se ciò accadrà, dopo altri mesi di snervante melina giocata dalla magistratura e dalla politica del gigante asiatico, sarà solo perché l’Italia si sarà piegata a fornire ulteriori, umilianti, garanzie per restituirlo, in futuro, alle patrie galere indiane.

Ne abbiamo viste tante dal giorno del presunto coinvolgimento della petroliera italiana “Enrica Lexie” nell’oscura trama dell’incidente che avrebbe causato la morte di due sedicenti pescatori del Kerala, ma la squallida sceneggiata alla quale siamo costretti ad assistere in queste ore è una vergogna assoluta. Dietro il barbaro comportamento delle autorità indiane si è condensato di tutto: guerra intestina tra bande per la conquista del potere, intrallazzi tra affaristi italiani e funzionari pubblici di New Delhi, braccio di ferro per testare la propria forza sullo scenario globale a spese della “debole” Italia. Tutte motivazioni che nulla hanno a che fare con la verità sull’incidente nel quale potrebbero essere stati coinvolti i nostri militari.

Sul fronte opposto, Matteo Renzi c’entra poco con il comportamento pusillanime dei governi italiani che dal febbraio del 2012 non hanno saputo, o voluto, gestire a dovere la crisi. Tuttavia, è inaccettabile la “narrazione” della realtà che lui distorce in base alle convenienze del momento. Peggio: è odiosa. Perché gioca sulla pelle di Girone, persona innocente, che sta patendo una costrizione moralmente ingiusta e legalmente arbitraria. Renzi, nel suo tour pugliese, ha ribadito che il Governo è impegnato a fare “tutto quello che è nelle (nostre) possibilità affinché il rientro avvenga prima possibile, fermo restando l’amicizia nei confronti del popolo e del governo indiano”. È una pezza a colori malamente incollata su una toppa indecente. Il Premier probabilmente non è consapevole di ciò che dice. Non lo sa o finge di non saperlo, ma la sua stucchevole professione d’amicizia rasenta l’insulto agli italiani. Non si può parlare con enfasi di un successo che non ha prodotto un bel nulla e, al tempo stesso, ribadire la stima per qualcuno, governo o popolo che sia, che sta oltraggiando l’onore italiano in modo tanto sfrontato. Passi la cautela diplomatica, ma il linguaggio servile è disgustoso. Un leader di una grande nazione com’è l’Italia avrebbe dovuto dichiarare l’esatto opposto. Avrebbe dovuto dire senza giri di parole che, fin quando Salvatore Girone sarà illegalmente trattenuto in India, alcun sentimento di amicizia potrà albergare in noi verso quel popolo e quel governo. Avrebbe dovuto minacciare di stigmatizzare, in tutte le sedi internazionali, il comportamento delle autorità di New Delhi boicottandone gli interessi commerciali e strategici, almeno fino al ripristino delle condizioni di legalità palesemente vulnerate.

Forse è nostra la colpa di pretendere fermezza e schiena dritta da questo signore che si atteggia a bullo, ma resta pur sempre un vasetto di coccio decorato da mazzi di mammole.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:05