Matteo Renzi alla corte di Barack Obama

mercoledì 19 ottobre 2016


Matteo Renzi è volato a Washington per omaggiare il suo “amico” Barack Obama. L’Italia reziana ha meritato quest’invito a cena per non essersi mai opposta ai diktat della Casa Bianca.

Anche a costo di fare strame di una tradizione, tutta italiana, di dialogo con l’ex potenza sovietica e con quei Paesi che un tempo erano definiti “non allineati”, praticata già dai tempi dei governi della cosiddetta Prima Repubblica, in piena Guerra fredda, e confermata dalla strategia berlusconiana di avvicinamento della Federazione Russa alla Nato. Ma da quando c’è Renzi le cose sono cambiate. Sui più scottanti dossier dello scacchiere globale il nostro Paese ha rinunciato ad avere una posizione autonoma, proiettata alla salvaguardia degli interessi nazionali. La pessima gestione della crisi ucraina con il portato delle sanzioni “suicide” comminate alla Russia sta a dimostrarlo. Oggi sul tavolo vi è il tema delicatissimo del rafforzamento a Est della Nato. La questione non può essere derubricata ad affare d’interesse esclusivo degli Stati baltici. Nella partita degli equilibri d’area bisognerebbe dare il giusto peso alle ragioni del dialogo con Mosca, che è una protagonista di prima grandezza dell’evoluzione dello scacchiere mediterraneo. E il Mediterraneo, per chi l’avesse dimenticato, è la porta di casa nostra.

Invece, è notizia di questi giorni, l’Italia integrerà con propri soldati un contingente Nato che, dal 2017, si posizionerà nello Stato-frontiera della Lettonia. Inoltre, all’Italia verrà assegnato, dal 2018, il comando della “Very High Readiness Joint Task Force (VJTF)”, la “punta di lancia” cioè la forza d’intervento ultrarapido da impiegare in caso di escalation bellico. Con questa decisione si sta rapidamente raggiungendo il punto di non-ritorno nel braccio di ferro con la Federazione Russa. Forse, l’epilogo di un disastro annunciato. Perché, bando alle ipocrisie, ciò che ha caratterizzato la politica estera di Obama è focalizzato sull’innalzamento costante della tensione con Mosca nel tentativo, fallito, di contenerne le mire espansionistiche.

Un tempo il nostro governo avrebbe saputo opporre ragioni di prudenza e di buon senso a una politica miope, inutilmente provocatoria, implementata dall’altra sponda dell’Atlantico. Ma Renzi non ha la forza e la statura sufficienti per far sentire all’estero la propria voce. L’unica cosa che può fare è ingannare gli italiani non dicendo loro la verità. Come ha fatto la ministra della Difesa, Roberta Pinotti, in tour da qualche giorno per i talk-show televisivi più gettonati allo scopo di raccontare agli italiani che, sì, manderemo i nostri militari sul confine russo, ma solo per finta. In fondo, sostiene una materna e rassicurante Pinotti, cosa potrebbero mai combinare 150 alpini spediti in Lettonia? Detta così invece che a una missione militare le nostre truppe sembrerebbero destinate a una vacanza-premio. Ma al Cremlino non la pensano allo stesso modo. Sono furibondi con l’inquilino di Palazzo Chigi, dal quale si sentono traditi. Come dargli torto se solo fino al 2013 la Marina militare italiana e quella russa facevano esercitazioni navali congiunte e cooperavano nell’ambito del programma “Ioniex”? Come sperare che in un clima arroventato ad arte il mercato russo torni ad aprirsi al nostro export? E perché mai i turisti russi dovrebbero desiderare di visitare un Paese ostile? Voi ci andreste a trascorrere le vacanze in un Paese che vi punta le armi contro? Il governo italiano sostiene che, essendo partner di un’alleanza, bisogna rispettare gli impegni, che ci piaccia o no. Ma i trattati non sono eterni, possono essere modificati quando l’evolversi del quadro internazionale lo richiede.

Di questo avrebbe dovuto parlare Renzi con il suo “amico” Obama. Invece, si è discusso di braciole e agnolotti. E di quanto sia bella, buona e giusta la sua riforma costituzionale. Capirai che summit!


di Cristofaro Sola