Iran: ancora in carcere senza processo il ricercatore Djalali

La Lidu – Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo chiede un’urgente ripresa della mobilitazione internazionale per la vita e la libertà di Ahmadreza Djalali, il medico ricercatore iraniano specializzato in medicina dei disastri e collaboratore dell’Università del Piemonte Orientale, arrestato nell’aprile 2016 mentre si trovava nel suo Paese per partecipare a seminari nelle Università di Teheran e di Shiraz. Il dottor Djalali, detenuto da allora senza il minimo rispetto delle basilari tutele giudiziarie nel carcere di Evin, rischia la pena di morte con l’accusa, peraltro non formalizzata, di “spionaggio”. La sua attività di ricerca era incentrata sul ruolo dell'ospedale nelle catastrofi e sulla formazione dei professionisti che operano nelle crisi umanitarie.

La Lidu ha appreso dalla moglie Vida Mehrannia (residente in Svezia con i suoi due figli) che il processo, che avrebbe dovuto aver luogo ai primi di agosto, è stato posticipato a data da stabilire. Si unisce quindi agli appelli di questi giorni lanciati da organizzazioni di scienziati, esprimendo forte preoccupazione per lo stato di salute del dottor Djalali e per le sue condizioni di detenzione. La Lidu chiede che i suoi diritti fondamentali vengano rispettati e che il suo caso sia affrontato in modo conforme alle norme di diritto internazionale in materia di equo processo e in particolare all’articolo 14 del Patto Internazionale sui Diritti civili e politici, del quale lo stesso Iran è sottoscrittore.

A questo link l’appello del network internazionale in difesa della libertà scientifica Scholars at Risk.

Aggiornato il 08 agosto 2017 alle ore 21:17