L’antisemitismo islamico minaccia la democrazia francese

sabato 25 novembre 2017


Il seguente articolo è stato pubblicato anche da Newsweek.

“Nella famiglia Merah, siamo cresciuti nell’odio verso gli ebrei, nell’odio di tutto quello che non fosse islamico”. Sono queste le agghiaccianti parole pronunciate da Abdelghani Merah durante il processo a suo fratello Abdelkader Merah, accusato di essere stato l’autore assieme al terzo fratello, Mohamed, dell’omicidio di tre soldati, tre bambini ebrei e di un maestro di scuola a Tolosa, in Francia, nel 2012.

All’epoca, Abdelghani disse che “quando il medico legale portò a casa il cadavere di mio fratello, la gente venne a trovarci. Piangevano lacrime di gioia. Dicevano che mio fratello aveva messo in ginocchio la Francia. Che aveva fatto bene. Il loro unico rammarico era che non fosse riuscito ad uccidere più bambini ebrei”. Queste affermazioni tremende, che lasciano capire in quale ambiente fosse cresciuto Mohamed Merah e come ragionasse la sua famiglia, hanno fatto nascere un dibattito pubblico su a che punto sia il livello di odio verso gli ebrei nella comunità musulmana francese. Per anni è stato quasi impossibile parlare dell’antisemitismo dei musulmani francesi. Molti si sono rifiutati di farci caso per motivi ideologici, per disagio, o per mancanza di coraggio. Alcuni avevano paura di essere accusati di “fare il gioco dell’estrema destra”, per altri sembrava impossibile che una minoranza musulmana francese, lei stessa vittima di discriminazioni e razzismo, potesse rendersi colpevole di razzismo o addirittura di violenza. Ecco perché il silenzio è durato così a lungo.

Il processo Merah ha portato alla luce una verità in Francia: le radici dell’antisemitismo affondano profondamente in alcuni elementi della comunità islamica francese. I motivi sono vari: dalla manipolazione della causa palestinese al fallimento dell’integrazione nella società francese, da predicatori estremisti ai finanziamenti alle moschee radicali, ai canali satellitari che trasmettono costantemente discorsi antisemiti. Quali che siano i motivi, è un problema che sta aumentando. E siccome la Francia ha atteso troppo a lungo per affrontarlo, gli estremisti islamici ne hanno approfittato. A questa miscela esplosiva vanno ad aggiungersi i sociali, attraverso i quali gli antisemiti trasmettono l’antisionismo e le teorie del complotto, armi popolari contro gli ebrei.

Un esempio recente dell’impatto dei social è stata la reazione allo scandalo che ha coinvolto Tariq Ramadan, il noto studioso islamico accusato di aver stuprato e molestato numerose donne. Nei giorni immediatamente successivi alle rivelazioni di Henda Ayari, la prima vittima presunta ad aver accusato Ramadan, c’è stata un’enorme ondata di minacce e insulti sui siti islamici francesi e sui social, in cui Ayari veniva accusata, tra le altre cose, di essere una “troia pagata dagli ebrei sionisti per diffamare il buon nome di Tariq Ramadan”.

Nel 2000, quando l’antisemitismo esplose in Francia sull’onda della seconda intifada, solo qualche intellettuale e gruppi come l’American Jewish Committee (Ajc) parlavano del fenomeno dell’antisemitismo islamico francese. Allora, gli episodi di anti-semitismo crebbero in maniera drammatica passando da 81 nel 1998 a 744 nel 2000. Vari studi si sono occupati di disegnare una mappa di questa tendenza inquietante, tra cui quelli condotti da Fondapol in collaborazione con l’Ajc nel 2014 e nel 2016, che hanno dimostrato che gli stereotipi antisemiti sono ben radicati in alcune comunità musulmane di Francia. È vero che il numero degli episodi di anti-semitismo segnalati nel 2016, 808, è rimasto pressoché stabile rispetto al 2000, ma questi non hanno quasi mai nulla a che fare col conflitto israelo-palestinese. Il problema è diventato strutturale.

È un problema che esiste nell’estrema destra, nell’estrema sinistra e tra i musulmani che hanno una visione fondamentalista dell’Islam; lo stesso accade in altri Paesi europei. Eppure l’antisemitismo in Francia si contraddistingue per il livello di violenza, che va dalle aggressioni ai rapimenti, arrivando addirittura all’omicidio. Ma è solo recentemente che qualche intellettuale e politico, in particolare a sinistra, ha osato parlarne apertamente. L’ex primo ministro Manuel Valls, socialista, è stato uno dei primi a descrivere, denunciare e combattere il problema, oltre a criticare chi gli si opponeva da sinistra, perché ha capito che la lotta contro l’antisemitismo, ovunque si trovi, era ed è una lotta per i valori francesi.

Oggi anche qualche intellettuale musulmano francese ha cominciato a farsi sentire. L’esempio più recente è quello del regista Said Ben Said, che in un articolo apparso su Le Monde, ha criticato apertamente e coraggiosamente l’antisemitismo arabo musulmano, dopo aver appreso a luglio che non sarebbe stato incluso nella giuria di un festival del cinema che si sarebbe svolto a Cartagine in Tunisia, perché aveva prodotto film in Israele.

Il coraggio morale di questi intellettuali musulmani dovrebbe essere lodato perché sappiamo quanto sia difficile per loro far sentire la propria voce. Spesso i giornalisti preferiscono invitare personaggi più controversi, come Tariq Ramadan, ai talk-show in tivù e in radio.

E quando questi intellettuali vengono invitati, il semplice atto di denunciare l’antisemitismo e l’estremismo li espone a critiche, insulti, e a minacce di violenza. Hanno paura. E come potrebbero non averne, quando ogni giorno vedono che i jihadisti uccidono soldati e poliziotti musulmani francesi perché li considerano apostati, e che i musulmani che parlano apertamente e denunciano le violenze devono vivere sotto scorta?

Ma le loro voci sono più importanti che mai. Gli estremisti islamici tentano di separare i musulmani dal resto della società facendogli credere che la Francia sia un “Paese islamofobico” e che la loro comunità non è quella francese, ma solo la “umma” (nazione in arabo). Per questo le denunce da parte musulmana dell’antisemitismo e dell’estremismo sono fondamentali. Inoltre, siccome l’estrema destra attizza la paura della popolazione cercando di convincerli che tutti i musulmani sono potenziali terroristi, i musulmani francesi moderati sono cruciali per preservare il carattere pluralistico e universalista del Paese.

La Francia intera ha bisogno di sostenere queste voci moralmente coraggiose. Solo se l’intero Paese affronta la realtà dell’antisemitismo, la Francia potrà continuare a sostenere gli amati valori dei diritti umani, “liberté, égalité, fraternité”.

(*) Simone Rodan-Benzaquen è direttore dell’American Jewish Committee Europe


di Simone Rodan-Benzaquen (*)