Venezuela, commercianti: “Il governo ci obbliga a vendere in perdita”

giovedì 7 dicembre 2017


Il Consiglio nazionale per il Commercio e Servizi (Consecomercio) del Venezuela denuncia che ispettori del governo avrebbero obbligato centinaia di negozi in tutto il Paese a vendere “in perdita” i prodotti durante una serie di ispezioni, per garantire “prezzi equi”. Lo riportano media locali. “Hanno imposto i prezzi che credono migliori, ignorando completamente la struttura dei costi, della quale non si interessano affatto”, ha detto la presidente di Consecomercio, Maria Carolina Uzcátegui, specificando che il calo dei prezzi ha raggiunto anche il 50%. Uzcátegui ha dichiarato di aver ricevuto “centinaia” di denunce di casi di questo tipo, che potrebbero causare anche la chiusura definitiva di molte aziende. “Se la Sovrintendenza Nazionale per la Difesa dei diritti sociali ed economici costringe a vendere al di sotto dei costi di acquisizione, non c’è modo che questi negozianti possano riaprire”, ha ribadito la presidente di Consecomercio, che ha ricordato come l’iperinflazione in Venezuela stia già soffocando gli imprenditori. I controlli del governo rientrano nel “Piano del Natale felice 2017” annunciato dal presidente Nicolas Maduro il mese scorso.

Intanto ieri l’ambasciatore venezuelano all’Onu, Rafael Ramirez, ha rassegnato le dimissioni dal suo incarico. Lo ha confermato lui stesso in una lettera pubblicata su Twitter, dopo le notizie circolate già nei giorni scorsi secondo cui Maduro aveva deciso di rimuoverlo dall’incarico. Ramirez, in passato potente ministro dell’energia venezuelano e presidente sino al 2014 della compagnia petrolifera statale Pdvsa, nell’ultimo periodo ha criticato apertamente Maduro, ribadendo la sua lealtà al predecessore Hugo Chavez. “Attaccandomi personalmente, stanno influenzando l’unità delle forze rivoluzionarie e l’eredità del Comandante Chavez”, ha detto il capo del regime venezuelano. Secondo fonti diplomatiche, Ramirez avrebbe ora tre possibilità: tornare in Venezuela rischiando l’arresto, ottenere un accordo con le autorità americane che stanno indagando sul governo di Maduro, o andare in esilio in un paese terzo (si parla anche dell’Italia, dove il figlio frequenta l’università).


di Redazione