Donne eroiche che combattono per la libertà

mercoledì 10 gennaio 2018


Prendano nota, quelli di voi che vogliono vedere le vere paladine della libertà. Guardino le strade iraniane o ascoltino la campionessa di scacchi Anna Muzychuk.

Le donne iraniane, rischiando la propria vita, hanno smascherato coloro che cercano di promuovere burqa e hijab come presunti “simboli di liberazione”. Il disperato tentativo del popolo iraniano di riversarsi nelle strade per manifestare contro il regime islamista mette in luce la vita amara che i cittadini dell’Iran, soprattutto le donne, sono costretti a condurre da quasi quarant’anni nel nome della legge islamica (sharia). Queste manifestazioni di protesta hanno anche mostrato il volto orribile degli islamisti che prendono in ostaggio la popolazione per placare la loro sete di potere – attraverso la repressione, il carcere, le torture, le esecuzioni capitali – in ogni modo possibile. Le donne iraniane, come molte altre, ne hanno abbastanza di vivere come recluse. In Iran, il regime è chiaramente scosso dalla determinazione di questi manifestanti: i leader iraniani hanno promesso di ammorbidire le loro leggi misogine non imprigionando a Teheran le donne che si mostrano in pubblico senza il velo. Tuttavia, i manifestanti non sembrano accettare questa offerta: vogliono la totale eliminazione dell’estremismo nel paese. Ovviamente, non si fidano più delle promesse di questo regime.

Gli scettici, di fatto, hanno ragione. C’è un tranello. Sebbene il regime abbia annunciato che non avrebbe arrestato le donne che hanno accantonato il severo codice di abbigliamento iraniano, ha anche affermato che queste donne dovrebbero seguire speciali “lezioni di moralità” impartite dalla polizia della sharia. E per quale motivo un regime potrebbe volerlo? Forse perché in tal modo il regime potrebbe schedare queste donne per tenerle d’occhio? Le catene che gli iraniani stanno cercando di rompere sono esattamente quelle che le organizzazioni come il Cair e le coorti dei regimi islamisti come Linda Sarsour, stanno cercando di vendere all’opinione pubblica occidentale come simboli di “moda” e “liberazione”.

Questi apologeti non sono altro che dei portavoce di questi regimi estremisti, che non solo schiavizzano la loro popolazione, ma alterano anche lo sviluppo economico e intellettuale della loro gente attraverso la logica della supremazia e dell’odio in tutta l’arena globale. Quando gli organizzatori della Marcia delle Donne negli Stati Uniti hanno scelto accuratamente gli “abusi”, si sono dimenticati di un gran numero di donne, ignorate e inopportune, che sono sottoposte da secoli a trattamenti inumani. Questi sedicenti “liberatori” delle donne musulmane in realtà arrecano un danno enorme alle donne intrappolate in società totalitarie, come l’Iran e l’Arabia Saudita. Nel nome della legge islamica (sharia), queste teocrazie impongono soltanto i loro dettami misogini. Raramente incontriamo delle attiviste davvero eroiche, come la campionessa di scacchi ucraina Anna Muzychuk che ha fatto esplodere la bolla creata dalle manifestanti favorevoli all’uso dello hijab rifiutandosi di partecipare a un torneo internazionale in Arabia Saudita, per protestare contro il trattamento riservato alle donne in quel Paese: “Esattamente un anno fa, ho vinto questi due titoli ed ero la persona più felice del mondo degli scacchi ma questa volta mi sento veramente a disagio. Sono pronta a restare ferma sui miei principi e a saltare l’evento, nel quale tra cinque giorni dovrei guadagnare più di quanto farei in dodici eventi insieme”.

Il coraggio mostrato dalla Muzychuk è un rifiuto delle società religiosamente conservatrici per la dura realtà che infliggono. Questo non può essere cancellato da belle parole, da avidi produttori di abbigliamento o da discorsi ipocriti. Rifiutando di sottomettersi alle richieste degli estremisti musulmani, questa coraggiosa giocatrice di scacchi nel 2017 ha dimostrato maggior impegno nella lotta per i veri diritti delle donne rispetto a tutti gli altri messi insieme. La maggior parte delle donne musulmane, ovunque vivano, devono passare di tutto per ottenere un po’ di uguaglianza, libertà o rispetto da parte delle loro società. Sono soggette a norme giuridiche ed economiche terribilmente discriminatorie. Ad esempio, ufficialmente le loro testimonianze in tribunale valgono “la metà di quelle di un uomo” (Corano, 2:282; Sahih International) come pure in materia di eredità le donne sono considerate inferiori rispetto all’uomo (Corano, 4:11; Sahih International). Sono spesso costrette alla poligamia ad essere una delle quattro mogli di un uomo; e l’uomo può divorziare attraverso il “triplo-talaq”, pronunciando tre volte la formula “Io divorzio da te” (Corano, 2:222-286). Inoltre, vengono fatte sposare in età prepuberale, e lapidate a morte come “adultere” se sono state violentate, a meno che quattro testimoni maschi dell’accaduto non dimostrino il contrario in tribunale (quante probabilità ci sono che ciò accada?).

Queste leggi fanno esclusivamente l’interesse dei portavoce islamisti e di altri musulmani estremisti, promuovendo in Occidente i loro programmi ispirati alla sharia. Coloro che in Occidente scendono in strada per manifestare a favore dei “diritti delle donne” difendono l’uso dello hijab ignorando gli abusi subiti quotidianamente dalle donne musulmane, come i delitti d’onore, il sistema di tutela maschile, i matrimoni forzati, la pratica delle mutilazioni genitali femminili (Mgf), delle donne da parte delle istituzioni religiose come i soprusi compiuti dai consigli della Sharia, così popolari nel Regno Unito, e le pratiche fittizie come la halala. A causa delle norme rigide e immutabili delle società musulmane, a queste donne sono stati negati i loro diritti fondamentali all’autodeterminazione e a una vita libera. Il mondo dovrebbe sostenere la lotta dei manifestanti iraniani nella coraggiosa sfida lanciata a questi musulmani estremisti. Il popolo iraniano, a differenza di quello egiziano e libicocerca di sbarazzarsi di una teocrazia rigida e totalitaria e di rimpiazzarla con una democrazia.

Nelle società religiosamente conservatrici, la libertà rimane ancora una chimera per innumerevoli donne. È giunto il momento che il mondo inizi ad affrontare con determinazione i problemi reali dei diritti delle donne.

(*) Gatestone Institute

Traduzione a cura di Angelita La Spada


di Khadija Khan (*)