Il linguaggio di Trump e le polemiche costruite

martedì 16 gennaio 2018


È Donald Trump a usare un linguaggio inaccettabile quando definisce “Paesi di merda” quelli così ridotti dai regimi terzomondisti, già filosovietici o filoislamici, che li hanno governati negli ultimi cinquant’anni? O siamo tutti noi che ci sentiamo migliori di lui ad avere la faccia di bronzo e l’ipocrisia come unico credo?

Attaccarsi alle parole di una persona che le studia a tavolino per mandare altri messaggi subliminali e molto più importanti significa fare propaganda. Descrivere Trump come il male assoluto ormai anche nelle trasmissioni per i ragazzi in tv rifiutarsi di dare dignità al suo pensiero e buttarla sempre in caciara è una maniera per non discutere la realtà. E sotto gli occhi di tutti c’è il fatto che regimi di merda trasformano paesi ricchi nel sotto suolo e nella gioventù che esprimono in buchi di c... del mondo.

Negare che paesi come il Pakistan, l’Iraq, la Corea del Nord, l’Iran, il Sudan, l’Egitto, fra un po’ la Turchia nonché parecchi dell’Africa sub sahariana e tanti del Centro America siano diventate zone del mondo da evitare come la peste è negare il volo libero degli uccelli nell’aria.

Si può discutere la paternità della colpa di questo stato di cose ma non negarla. Si può buttarla sul non superamento del colonialismo da parte dell’Europa. Ma si può anche evidenziare la corrività europea con  il colonialismo sovietico in tutte quelle aree per decenni. Finché, caduto il comunismo, è arrivata l’ideologia geopolitica islamica. A cavallo di guerriglie e terrorismi esattamente come quella sovietica d’antan. Quella e questo ben digerite dalla sinistra di tutto l’occidente. Che ha sempre guardato con simpatia chi vorrebbe spararle addosso. Non facendo distinzione tra i brutti reazionari alla Trump e le pasionarie dell’accoglienza come Laura Boldrini.

Risultato pratico? Dopo il colonialismo la maggior parte di quei paesi è andata indietro invece di progredire in materia di libertà e diritti civili. Si sono arricchiti solo i ceti dirigenti e gli inner circle dei dittatori locali. Tre quarti dei quali messi  a cavallo da Breznev e dai suoi predecessori. Se poi dopo tutti questi anni un presidente americano sbotta e dice che non vuole più aiutarli perché li considera “dei Paesi di m...”, e questo in quanto apparentemente inemendabili, c’è poco da offendersi.


di Rocco Schiavone