“Il giornalismo di pace” di Papa Francesco

mercoledì 24 gennaio 2018


“Il giornalismo di pace” di Papa Francesco. Il pontefice, nel messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali in programma il prossimo 13 maggio, scrive che “il dramma della disinformazione è lo screditamento dell’altro, la sua rappresentazione come nemico, fino a una demonizzazione che può fomentare conflitti”.

Bergoglio è convinto che “la difficoltà a svelare e a sradicare le fake news sia dovuta anche al fatto che le persone interagiscono spesso all’interno di ambienti digitali omogenei e impermeabili a prospettive e opinioni divergenti. L’esito di questa logica della disinformazione è che, anziché avere un sano confronto con altre fonti di informazione, la qual cosa potrebbe mettere positivamente in discussione i pregiudizi e aprire a un dialogo costruttivo, si rischia di diventare involontari attori nel diffondere opinioni faziose e infondate”.

Per il pontefice, “nessuno di noi può esonerarsi dalla responsabilità di contrastare queste falsità. Ma se la via d’uscita dal dilagare della disinformazione è la responsabilità, particolarmente coinvolto è chi per ufficio è tenuto ad essere responsabile nell’informare, ovvero il giornalista, custode delle notizie. Egli, nel mondo contemporaneo, non svolge solo un mestiere, ma una vera e propria missione. Ha il compito, nella frenesia delle notizie e nel vortice degli scoop, di ricordare che al centro della notizia non ci sono la velocità nel darla e l’impatto sull’audience, ma le persone. Informare è formare, è avere a che fare con la vita delle persone. Per questo l’accuratezza delle fonti e la custodia della comunicazione sono veri e propri processi di sviluppo del bene, che generano fiducia e aprono vie di comunione e di pace”.

Per queste ragioni, il Papa invita “a promuovere un giornalismo di pace, non un giornalismo “buonista”, che neghi l’esistenza di problemi gravi e assuma toni sdolcinati. È necessario, al contrario un giornalismo senza infingimenti, ostile alle falsità, a slogan ad effetto e a dichiarazioni roboanti, un giornalismo fatto da persone per le persone, e che si comprende come servizio a tutte le persone, specialmente a quelle, sono al mondo la maggioranza, che non hanno voce, un giornalismo che non bruci le notizie, ma che si impegni nella ricerca delle cause reali dei conflitti, per favorirne la comprensione dalle radici e il superamento attraverso l’avviamento di processi virtuosi, un giornalismo impegnato a indicare soluzioni alternative alle escalation del clamore e della violenza verbale”.


di Ugo Elfer