Erdoğan sogna l’islamizzazione dell’Europa

Gli europei giustamente “se ne fregano” delle cosiddette radici ebraico-cristiane d’Europa. Perché nel Vecchio Continente – si supporrebbe – non c’è bisogno di un’identità culturale e religiosa per tenerci tutti vincolati intorno a certi valori di libertà e di democrazia. Purtroppo la cosa in sé si è dimostrata velleitaria e ideologica. Quindi errata. Anche perché chi preme da fuori contro i nostri confini, ad esempio la Turchia, ha dall’avvento di Recep Tayyip Erdoğan al potere – ossia oramai da una ventina d’anni – un approccio mentale esattamente opposto.

Erdoğan ormai è un dittatore e se ne frega della democrazia e del pluralismo. In compenso non solo è riuscito a reislamizzare la Turchia, ma spera sempre nel sogno che fu dell’Impero ottomano di islamizzare anche buona parte dell’Europa. Quanto meno quella che confina, o quasi, con lui. Vedi Austria, Balcani e Germania. Da anni celebra la data del 29 maggio 1453, cioè la conquista di Costantinopoli da parte di Maometto II, e quella del 26 agosto 1071, quando a Manzinkert i Selgiuchidi di Alp Arslān sconfissero l’esercito bizantino fondando il primo stato turco in Anatolia.

Ovviamente ciò non implicherebbe la conseguenza uguale e contraria che gli Stati europei debbano a loro volta commemorare la vittoria di Lepanto del 1571 o la fine dell’assedio di Vienna e la sconfitta dei turchi nel 1683. In compenso, però, l’intero Occidente dovrà presto porsi un problema ben più spinoso che quello del revanchismo invocato da qualche cattolico tradizionalista: quanto è compatibile oggi come oggi la permanenza della Turchia nella Nato, lungi dal pensare ancora di includerla nell’Unione europea?

La Turchia in caso di conflitto con Vladimir Putin creerebbe una contraddizione e addirittura agirebbe da quinta colonna. Tanto vale quindi fare a meno del suo poderoso esercito. E mettere i puntini sulle “i” a proposito di chi debba essere considerato amico o nemico di quell’Occidente che tutto sommato non può non rimanere ideologicamente ancorato ai valori di Yalta.

Aggiornato il 29 marzo 2018 alle ore 12:17