Raid dell’Fbi nell’ufficio dell’avvocato di Trump

Raid dell’Fbi negli uffici newyorkesi e nell’appartamento dell’avvocato personale di Donald J. Trump, Michael D. Cohen. Durante l’operazione, compiuta per investigare su una possibile frode bancaria, sono stati sequestrati numerosi documenti, compresi – riportano i media americani – alcuni relativi al presunto pagamento effettuato da Cohen a favore della pornostar Stephanie Clifford (in arte Stormy Daniels) per comprarne il silenzio dopo una (sempre presunta) “scappatella” dell’attuale inquilino della Casa Bianca. La risposta di Trump non si è fatta attendere. Il presidente, poco prima di incontrare i generali delle forze armate in vista di un potenziale attacco missilistico alla Siria, ha parlato di “situazione vergognosa”, di “caccia alle streghe” e di “attacco in senso stretto alle istituzioni del paese”. Secondo l’avvocato di Cohen, la perquisizione – da lui definita “del tutto inappropriata e non necessaria” -  non sarebbe direttamente collegata alle indagini del procuratore speciale Robert Mueller sul cosiddetto “Russiagate”, ma probabilmente è scaturita da informazioni raccolte da Mueller e “girate” per competenza alla procura di New York. Trump ha comunque espresso tutto il suo disappunto nei confronti di Mueller, non risparmiando neppure il procuratore generale Jeff Session, colpevole a suo dire di essersi ricusato nel “Russiagate”. L’attacco più duro è stato però rivolto all’Fbi per non aver indagato sufficientemente sui “crimini” di Hillary Clinton. Critiche anche per il vice procuratore generale, Rod J. Rosenstein, che sta supervisionando l'indagine sulla Russia. “Questo è davvero un nuovo livello di ingiustizia”, ha concluso Trump

L’operazione dell’Fbi apre un nuovo fronte nella infinita soap opera del “Russiagate”: l’avvocato di Trump è indagato a Manhattan, il genero Jared Kushner è stato interrogato dai procuratori di Brooklyn, l’ex capo della sua campagna per le presidenziali (Paul Manafort) è sotto accusa, il suo ex consigliere per la sicurezza nazionale (Mike Flynn) si è dichiarato colpevole per aver rilasciato informazioni false al Congresso. E si moltiplicano le voci che parlano di un Mueller intenzionato ad interrogare lo stesso Trump per una potenziale “obstruction of justice”. Eppure, a quasi un anno e mezzo dall’elezione di Trump, questo enorme sforzo investigativo non ha ancora prodotto niente di concreto nei confronti del presidente. Difficile, davvero difficile, non pensare a una qualche forma di accanimento.

Aggiornato il 10 aprile 2018 alle ore 16:38