Realtà e pragmatismo al summit Ue di Sofia

Quindici anni dopo il vertice di Salonicco, il summit di Sofia prova a definire il destino dei Balcani occidentali e il suo ingresso nell’Unione europea. Prospettiva europea e riforme. Questi i punti principali del documento messo a punto dai capi di Stato e di governo dell’Ue al termine della riunione congiunta con i leader balcanici.

“Gli Stati membri - si legge nella dichiarazione finale sottoscritta da tutti i leader Ue (Spagna compresa) - confermano il loro sostegno inequivocabile alla prospettiva europea della regione e sono determinati a intensificare il loro impegno per sostenere i governi locali”. 

Ma allo stesso tempo non hanno nascosto diffidenza e preoccupazione a una rapida espansione dell’Ue. Il primo a parlare apertamente di tempi lunghi e incerti è stato il presidente francese, Emmanuel Macron, dichiarando che nonostante il forte sentimento dei Balcani con l’Europa e per l’Europa, sia prematuro accordare un allargamento vero e proprio. Ovvio, non ha messo in discussione le cooperazioni privilegiate tra i Paesi, ma ha chiesto dapprima una riflessione (quindi, una riforma) sulla governance europea a seguito dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea.

Come se non bastasse, il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, ha invitato gli europei ad evitare l’uso di parole come “adesione” o “allargamento”, bensì parlare di “connettività’“ negli investimenti, nelle infrastrutture di trasporto, negli scambi culturali e nelle sfide comuni come la sicurezza e la migrazione. Insomma, una visone del futuro piuttosto offuscata. Né basteranno termini diplomatici per definire un chiaro rinvio dei paesi balcanici nel club dell’Unione.

Tuttavia nella dichiarazione finale del vertice, l’Ue ha annunciato imponenti investimenti per l’Albania, Bosnia Erzegovina, Serbia, Montenegro, Macedonia e Kosovo, tra cui 190 milioni per 11 iniziative che riguardano trasporti ed energia, 30 milioni per l’assistenza digitale nonché l’impegno di raddoppiare il finanziamento per il programma Erasmus+.

Ad attenuare le delusioni (e le ambizioni) è stato il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker che ha dichiarato: “Il vertice ci ha consentito di forgiare legami ancora più stretti con i nostri amici dei Balcani occidentali che, passo dopo passo, ogni giorno diventano un po’ più vicini all’Unione europea, ciascuno con il proprio ritmo e i propri meriti. Essere ancorati all’Unione europea significa condividere dei valori e dei principi, incluso il rispetto per lo stato di diritto, l’indipendenza della magistratura e la libertà d’espressione, perché l’Unione europea è innanzitutto una comunità di valori e leggi”.

Insomma, il sogno di portare a termine una macro regione europea dovrà ancora attendere. Diversi Stati rimangono restii a dare un segnale verso l’allargamento (in particolare Francia, Olanda, Belgio e Spagna). L’Italia, per contro, conferma il suo appoggio visto il contesto geopolitico e i forti interessi economici e commerciali che intercorrono con tutta l’area dei Balcani occidentali.

Chissà, forse un primo segnale concreto lo avremo a fine giugno, quando i capi di Stato e di governo dell’Unione decideranno sulla proposta della Commissione di avviare o meno i negoziati di adesione con l’Albania e l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia. Nel frattempo, avremo ben presente un passaggio della Dichiarazione Schuman: “L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”. Più che mai attuale, soprattutto sessantotto anni dopo.

Aggiornato il 18 maggio 2018 alle ore 13:21