Democrazia e libertà per Cuba: ricordiamo?

giovedì 28 giugno 2018


Sono lontani gli anni del protagonismo politico di Cuba nello scacchiere internazionale. La morte di Fidel Castro ha generato una presunta nuova epoca per l’isola caraibica e in molti guardavano al Paese con una nuova luce in cui rifletteva democrazia e libertà. Un dialogo fondamentale, con tutti i settori della società civile cubana, deve necessariamente passare attraverso la fine della censura, l’adeguamento del sistema giudiziario agli standard delle convenzioni internazionali e il contrasto a ogni forma di discriminazione.

Negli ultimi anni, Amnesty International ha documentato arresti, intimidazioni e minacce nei confronti di attivisti e giornalisti indipendenti e ha identificato almeno 11 prigionieri di coscienza, in carcere solo per aver espresso pacificamente le loro opinioni. Nei suoi lunghi anni al potere i Castro hanno eliminato le libertà civili nell’isola, dove non esiste pluralismo politico, né diritto di assemblea o di manifestazione. Le autorità controllano ogni forma di espressione pubblica. Similmente al modello sociopolitico tipico delle repubbliche popolari dell’Europa dell’Est, si è sviluppato un sistema di controllo e repressione sociale capillare di estrema efficacia.

È difficile stabilire il numero esatto delle vittime del castrismo. Miguel Diaz-Canel, è stato eletto presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei ministri dall’Assemblea nazionale cubana il 19 aprile 2018. Lo hanno votato 603 dei 604 deputati del Parlamento unicamerale dell’Avana. Diaz-Canel è nato dopo la Rivoluzione, nel 1960, ma nel solco dei Castro ha dichiarato di voler continuare le politiche della gloriosa rivoluzione. “La Rivoluzione è viva e va avanti, senza timori e senza passi indietro”. “Cuba non fa concessioni: mai cederemo i nostri principi in base a pressioni o minacce. Siamo sempre disposti a dialogare con tutti, a partire dal rispetto, dall’essere trattati come uguali”.

L’attualità cubana è molto problematica, Castro ha ridotto Cuba a un Paese più che mai dipendente: rimesse degli emigrati e dollari dei turisti sono le voci più importanti del bilancio cubano e nell’isola un profondo baratro divide chi ha amici nel partito e chi no, chi ha familiari all’estero che inviano dollari e chi no. Su una popolazione di 11 milioni di abitanti la dittatura castrista vanta uno dei più alti tassi di carcerazione politica del mondo. “Sono stato arrestato più di 50 volte nel 2015. La polizia mi ha rotto il naso e il timpano, ma dobbiamo mostrare la realtà di repressione in cui viviamo”, dichiarò qualche anno fa Antonio Rodiles, uno dei leader dell’opposizione, alla vigilia della storica visita a Cuba dell’ex presidente Usa Barack Obama. La nota positiva possiamo riscontrarla nel non utilizzo della pena capitale. Nel 2013 Cuba ha superato i dieci anni senza effettuare esecuzioni, divenendo un Paese abolizionista di fatto, come descritto dal Rapporto sulle esecuzioni capitali di Nessuno tocchi Caino.

Cosa poter fare oggi? Chi ha acceso i riflettori su Cuba è il Partito Radicale Nonviolento con un appello ai Governi e ai Parlamenti di Austria, Belgio, Cipro, Francia, Regno Unito, Grecia, Croazia, Italia, Irlanda, Lituania, Malta, Olanda, Portogallo, Romania e Svezia e ai membri del Consiglio, della Commissione e del Parlamento europeo in cui si chiede di non ratificare l’accordo di dialogo politico e cooperazione approvato dal Parlamento europeo. Vengono elencate delle priorità politiche per poter seguire tale dialogo riassumibili nella liberazione di tutti prigionieri politici, la cessazione degli arresti e delle minacce contro i difensori dei diritti umani, il riconoscimento a tutti i cittadini cubani del diritto di scegliere il sistema politico del proprio Paese attraverso l’esercizio del voto libero, e “determinare il proprio regime politico, economico, sociale e culturale” come definito dalla Dichiarazione di Vienna, adottata dal governo cubano e dagli stati membri dell’Ue nel 1993, l’avallo di un referendum attraverso il quale il popolo cubano possa scegliere il proprio sistema di governo per poter partecipare in elezioni libere, competitive e pluraliste e l’adozione di provvedimenti legislativi capaci di assicurare la libertà di informazione, associazione e manifestazione di dissenso a tutti i cittadini cubani. Se Cuba non avvia le riforme nei prossimi dodici mesi, l’Unione europea ha il diritto di rescindere l’accordo in quanto il governo cubano non dimostra di possedere i principi cardine della democrazia e dei diritti umani, descritti nell’accordo di dialogo politico e cooperazione.

Infine, il Servizio europeo per l’azione esterna dovrebbe chiarire che non distribuirà fondi a poteri militari, organizzazioni ufficiali governative e agenzie statali fintanto che il governo non adotti e implementi le riforme necessarie per l’adeguamento del sistema. Non dimentichiamo la Cuba post-Fidel, ascoltiamo il Partito Radicale e l’azione di quella che molti diplomatici chiamano la “Farnesina Radicale” per la promozione dello stato di Diritto, il diritto umano alla conoscenza e l’affermazione delle convenzioni internazionali in tema di diritti umani.

(*) Presidente dell’Istituto di Ricerca di Economia e Politica Internazionale (Irepi) e membro del Consiglio direttivo di Nessuno tocchi Caino


di Domenico Letizia (*)