Russiagate, la clamorosa marcia indietro di Trump

Donald Trump ci ripensa. Travolto dalle critiche, soprattutto repubblicane, il presidente degli Stati Uniti “rivaluta” i servizi segreti americani. Secondo la stampa, Trump si è mostrato fin troppo compiacente nei confronti di Vladimir Putin, nel corso del bilaterale di Helsinski. Ora “The Donald” ha dichiarato di “accettare le conclusioni delle agenzie sulle interferenze russe nelle elezioni e di avere piena fiducia e offrire il massimo sostegno alla grande intelligence americana”. Trump dalla Casa Bianca ha detto di voler “fare una precisazione”. Ha provato a cavarsela facendo appello ad un improbabile “errore di pronuncia durante la conferenza stampa a Helsinki”. Il tycoon ha detto che queste interferenze “non hanno avuto alcun impatto. Non c’è stata nessuna collusione” con la sua campagna elettorale.

Secondo una rivelazione del “Washington Post”, i consiglieri avevano consegnato a Trump un dossier di un centinaio di pagine, per contrastare Putin sulle interferenze digitali russe volte ad influenzare le elezioni americane. Ma Trump ha ignorato il testo. Tra le dure critiche al presidente si registrano le prese di posizione del direttore nazionale dell’intelligence Dan Coats, che ha difeso l’Fbi, ribadendo che “Mosca ha interferito con le elezioni”. Anche il presidente della Camera Paul Ryan ha dichiarato che la Russia non è amica degli Stati Uniti. Ma Trump non è uno sprovveduto. La strategia del presidente è chiarissima: demolire il Russiagate, un’inchiesta che potrebbe metterlo fuorigioco. Il vero problema, secondo il “Wall Street Journal”, è il piano  geopolitico del presidente: “Trump First Doctrine”. Una dottrina che mette Trump al primo posto. E l’America, al secondo.

Aggiornato il 18 luglio 2018 alle ore 13:35