Nel giorno di Kippur, attacco alla Sinagoga di Danzica

Due giorni fa, nel giorno di Kippur, la più solenne festività ebraica, mentre si stava celebrando una funzione qualcuno ha lanciato una pietra attraverso la finestra della sinagoga di Danzica. Secondo i testimoni, è stato solo per caso che nessuna delle donne e dei bambini che erano accanto alla finestra all’interno del tempio sono rimasti feriti.

Si tratta di uno dei più gravi attacchi contro la comunità ebraica da quando la Polonia ha respinto il comunismo nel 1989, e ricorda - per chi conosce la storia della Polonia moderna - l’aggressivo antisemitismo degli anni Trenta. Per i membri della comunità ebraica polacca di oggi, che sta vivendo un periodo di rinascita dopo l’olocausto si tratta di un evento traumatico.

Per evitare facili accuse di allarmismo nel dare tanta importanza ad una pietra lanciata attraverso una finestra della sinagoga, concedetemi di contestualizzare questo evento nel all’interno dei più ampi sviluppi degli ultimi mesi. Una lettera anonima antisemita è stata infilata sotto la porta d’ingresso del Centro di Ricerca sull’Olocausto. A seguito della denuncia dell’accaduto alle forze dell’ordine, il pubblico ministero si è rifiutato di avviare un’indagine. Michał Szpądrowski, in precedenza rimosso dallo staff della campagna elettorale a sindaco di Varsavia di Patryk perché aveva scritto di voler “dare il benvenuto agli ebrei con un Kalashnikov”, è stato il primo eletto nella lista dei candidati al consiglio comunale nel distretto di Varsavia.

In numerose occasioni, contenuti antisemiti sono stati trasmessi sui canali della televisione pubblica. La presenza dell’Onr, una organizzazione fascista di estrema destra, è accettata negli spazi pubblici, nelle scuole e nelle chiese. Una quantità mai vista prima di materiale anti-semita è apparso su internet durante la controversia attorno all’emendamento dell’Atto sull’Istituto del Ricordo Nazionale, a seguito del quale, a marzo, tutte le principali organizzazioni ebraiche in Polonia hanno firmato una lettera esortando il governo polacco ad agire concretamente per combattere l’antisemitismo, dato che gli ebrei del Paese non si sentono sicuri.

Tutti questi esempi sono accaduti negli ultimi mesi, e in tutti i casi le autorità hanno risposto con un nulla di fatto. Quando si sente dire che la Polonia è il posto più sicuro per gli ebrei in Europa, viene in mente un famoso detto: se è tutto così buono, perché è così brutto?

Di certo, l’antisemitismo non è un problema puramente polacco, e in effetti, la comunità ebraica potrebbe sentirsi più al sicuro che in molti paesi dell’Europa occidentale. Tuttavia, dobbiamo ricordare che in Polonia la comunità ebraica è molto piccola, conteggiata in diverse migliaia (alcune stime si riferiscono a un massimo di 30mila persone con discendenza ebraica), e non può essere paragonata al mezzo milione di persone come la grande comunità ebraica di Francia. Inoltre, la Polonia è stata segnata in maniera eccezionale e tragica dai crimini del fascismo e dell’Olocausto, pertanto dovrebbe avere una particolare sensibilità riguardo alle terribili conseguenze possa portare l’odio. Non possiamo trarre giovamento dal fatto che la situazione potrebbe essere peggiore altrove, se ciò significa continuare a ignorare i preoccupanti avvenimenti qui da noi.

Un ottimo esempio di come si può e si dovrebbe reagire è stato dato dal sindaco di Danzica, Paweł Adamowicz. Lo scorso giugno, durante una conferenza organizzata dall’Ajc assieme alla città di Varsavia, il presidente Adamowicz, insieme ai sindaci di Varsavia, Poznań e Białystok, hanno firmato una dichiarazione di “tolleranza zero per i pregiudizi, la xenofobia e l’antisemitismo”. Il giorno dopo l’attacco alla sinagoga, il sindaco Adamowicz, insieme con i rappresentanti della Comunità Ebraica, la Chiesa Cattolica, la Chiesa Evangelica e altri, hanno preso parte a una cerimonia di riparazione simbolica del danno causato durante Yom Kippur, esprimendo solidarietà con la comunità ebraica e il rifiuto dell’odio e dell’antisemitismo.

L’attacco alla comunità ebraica di Danzica dimostra che le parole hanno delle conseguenze. Se lasciate senza una forte reazione, l’incitamento all’odio si trasforma in azioni. Possiamo solo sperare che la pietra gettata nella sinagoga di Danzica funga da segnale di allarme e solleciti le autorità a tutti i livelli a prendere provvedimenti decisivi. Finché non si ammette l’esistenza del problema, è difficile immaginare di risolverlo.

(*) Agnieszka Markiewicz è “Rubin e Frances Partel” direttore dell’Ufficio per l’Europa centrale “Shapiro Silverberg” dell’American Jewish Committee

Aggiornato il 24 settembre 2018 alle ore 10:34